Stefano Lorenzetto per il Corriere della Sera
Certo non assomiglia allo zio Gianni Agnelli, il quale diceva di sé: «Non sono un grande pedagogo. So come si fa. Ma non sono un bravo educatore». Samaritana Rattazzi, seconda dei sei figli di Susanna, la sorella prediletta dell' Avvocato, sa come si fa e lo fa con le parole, essendo giornalista professionista.
Gliene sono bastate appena 1.122, circa il 10 per cento di quelle della presente intervista, per spiegare alle nipotine Elena, 8 anni a maggio, e Vicky, 3 a giugno, che servono gli affetti di famiglia, il rispetto per la natura, la pietà per gli animali e lo stupore per la vita, se vuoi essere davvero felice. Il risultato è Mignon e il drago , fiaba illustrata da Andrea Rivola, che l' editore Marietti junior manderà in libreria appena possibile e che sarà seguita da altri due volumi.
Ha il dono della sintesi.
«Mi viene dal Lycée Chateaubriand di Roma: tesi, antitesi, sintesi. Se servono tre parole per dire una cosa, ne uso due».
Ha ambientato la storia in Siberia.
«E nel XII secolo. Quanto di più lontano da noi. Volevo raccontare alle mie nipotine un mondo incontaminato».
Da che cosa nasce questa esigenza?
«Mignon sono io. Fino ai 10 anni ho vissuto in una estancia a Balcarce, in Argentina, dove papà era stato nominato presidente della Ferrania. Non c' era la neve, ma la vastità sì. Nel 1958, quando l' azienda fu rilevata dalla Kodak, tornammo in Italia. Il mio unico amico era il cane Pluto. Andammo ad abitare a Roma.
Restai sbigottita perché dalla parte opposta di via Dandolo c' erano le case. Fino ad allora all' orizzonte avevo visto soltanto montagne altissime, distanti decine di chilometri. Un infinito fatto di natura, cieli blu e tempeste elettriche. Ho ancora il terrore dei temporali».
Per Elena e Vicky è la Mamie del libro?
«No, mi chiamano nonna Sama. Prima dell' emergenza coronavirus, le vedevo per 15 giorni ogni due mesi. Vivono a Parigi. Il padre lavora per una società farmaceutica. Invece mia figlia Anna, dopo il bachelor in Arte alla Brown University di Providence e il master in management dei Servizi museali alla Luiss, ha messo la sua laurea in Fisioterapia a disposizione dei pazienti neurologici in una clinica per bimbi svantaggiati».
Hanno confidenza con i temi sanitari.
samaritana rattazzi foto di bacco
«Elena è turbata dalla quarantena della sua maestra, che ha un figlio residente a Hong Kong. Nella scuola c' è una sezione cinese, quindi la paura del Covid-19 la tocca da vicino. È importante che le famiglie proteggano psicologicamente i bambini. Dobbiamo tranquillizzarli».
E lei lo ha fatto con le fiabe.
«Me le scrivevo per non dimenticare i nomi dei protagonisti: guai se ne sbagli uno, i nipoti ricordano tutto. Mia sorella Ilaria le ha lette: "Perché non le pubblichi?". Ero perplessa, avrei voluto che restassero in famiglia. Cercando sul Web, mi sono imbattuta nell' editore Pietro Marietti, faccia da gentiluomo piemontese. Gliele ho spedite. Dopo una settimana mi ha risposto. Mi ha fatto cercare dalla editor Alessandra Berello, che mi ha detto: "C' è dell' incanto in Mignon". Era l' aprile dell' anno scorso. Credo che non sapesse di essere incinta. A gennaio ha partorito un bimbo dal nome fantastico: Ulisse. Ci siamo scelte a vicenda».
Parla più da mamma che da nonna.
«Figli e nipoti rendono la vita migliore. La mia primogenita, Maria, la ebbi a 23 anni. Fu un battesimo di fuoco. Nacque con una cerebropatia congenita a causa del cordone ombelicale attorcigliato attorno al collo. Visse solo per quattro anni e mezzo, stesa nel letto, senza pronunciare una parola.
samaritana rattazzi aurelio de laurentiis foto di bacco
Girammo il mondo nella speranza di farla guarire. Ricordo che mia madre Suni chiese al professor Andrea Prader, lo scopritore della sindrome di Prader-Willi, direttore della Pediatria al Policlinico di Zurigo: "È il caso che Samaritana abbia altri bambini?". La guardò severo: "Signora, sua figlia ha le stesse probabilità che le ricapiti di qualunque altra donna seduta nella mia sala d' aspetto". Non ho mai creduto che non potesse succedere a me, né che dovesse accadermi di nuovo. Ho pensato solo: è una grazia che Maria sia nata in questa famiglia. Morì due mesi prima che mettessi al mondo la mia ultimogenita. Anna è cresciuta nel lutto».
Sogna Maria qualche volta?
«Mi è capitato non tanto tempo fa. L' ho vista seduta in mezzo a un prato fiorito. Il posto che le spetta in paradiso. Glielo dico da credente e da cristiana».
Avrà trovato consolazione anche nel suo secondogenito, Pietro, il dottor Guido Zanin di «Un medico in famiglia».
«Se lei mi chiedesse di definirlo con tre aggettivi, userei questi: simpatico, intelligente, gentile. Ma per un mese dei suoi 48 anni non ci siamo parlati. Fu quando, a due esami dalla laurea in Scienze politiche, mollò tutto per fare l' attore. Mi arrivò un plico giallo con dentro la locandina della commedia Piccole anime e una lettera: "Se vuoi venire a vedermi in teatro al Testaccio, siediti in ultima fila, altrimenti m' impappino". Mi misi nella prima. Del resto, come Pietro, sono sempre stata una ribelle, da piccola anche ombrosa. Ora sono migliorata».
urbano rattazzi susanna agnelli
Lei in che modo si ribellava?
«Tenevo testa ai miei genitori. Ero l' unica dei sei figli a venire castigata perché osavo ribattere alla mamma. Appena sedicenne, persi un anno di scuola: mi ero innamorata di un ragazzo ventenne. La notte scappavo di casa per vederlo».
Davvero birichina.
«L' unico maschio di cui ero solo amica, e lo sono tuttora, si chiama Enrico Vanzina, lo scrittore, mio compagno di banco. Così fui esiliata per nove mesi in Argentina, a casa di un' italiana, Giuliana Lebuis. L' anno prima ero stata rinchiusa in un collegio in Germania. In compenso ho avuto la fortuna di non subire come istitutrice Constance Parker, l' inglese che diceva a mia madre e ai suoi sei fratelli: "Don' t forget you are an Agnelli", non dimenticare che tu sei una Agnelli. Ricordo con affetto la tata Gina Cristoforetti, un' amabile signora di Trento, detta Ghina. Ci ha tenuto in braccio tutti».
Era impulsiva anche sua madre. Nel 1945 sposò il conte Urbano Rattazzi appena 18 giorni dopo averlo conosciuto.
«Era passionale. Le assomiglio. Ho in circolo il sangue della mia bisnonna americana, Jane Allen Campbell, la cui figlia, Virginia Bourbon del Monte, donna estremamente libera e affascinante rimasta vedova a 35 anni, si oppose al senatore Giovanni Agnelli che voleva toglierle la patria potestà sui sette figli. Tengo la bandiera degli Stati Uniti appesa sopra la testiera del letto. Sono un grande Paese.
Si meritano un presidente migliore di Donald Trump».
Il suo primo marito, il dantista Vittorio Sermonti, era giornalista all'«Unità». Chissà che scandalo in famiglia.
«Non erano contenti, inutile dirlo. Lo conobbi grazie al critico letterario Cesare Garboli, per lunghissimo tempo un grande amore di mia madre. Prima d' incontrare Vittorio, non capivo nulla di Dante. È stato un ottimo padre».
Essere figlia di Susanna Agnelli l' ha agevolata nella vita?
Arbasino e Suni Agnelli in parlamento d
«Certo. Però è un privilegio che bisogna meritare. L' ultima cosa che puoi fare è rivelarti peggiore degli altri. Morta Maria, dovetti cercarmi un lavoro per non impazzire. Giuseppe Ciranna, direttore della Voce Repubblicana , nell' assumermi come praticante fu molto schietto: "Ti prendo nonostante tu sia la figlia di una deputata del Pri. Non vedo perché non dovrei farlo, visto che sei brava"».
Chi fu il suo maestro di giornalismo?
«Guido Vigna, caporedattore del Corriere Medico . Mi ha insegnato l' umiltà.
Tornata da Vermicino, dove in un pozzo si era consumata la tragedia di Alfredino Rampi, avrei voluto commentare quell' oscena sfilata di autorità in tv. Lui mi ordinò: "Scrivi solo ciò che hai visto"».
Lasciati i giornali, aprì Public Affairs, società che interfaccia affari e politica.
«La mia creatura migliore».
Ma riuscirebbe a fare lobbying anche con il governo attuale?
«Non credo proprio».
Lo zio Gianni seguiva il suo lavoro?
«L' avvocato Agnelli aveva ben altro a cui pensare».
Strano modo per definire un parente.
«Per tutti in famiglia è stato sempre l' Avvocato. Solo mia madre lo chiamava Gianni. Così come lo zio Umberto era il Dottore, persino per Allegra Caracciolo, la sua adorata seconda moglie».
Perché è uscita dall' accomandita Fiat?
«Mia madre suddivise le azioni tra i figli. La quota più grande andò a Cristiano.
Io ho dovuto vendere tutto per far fronte al fallimento di una società calabrese della quale ero presidente. Ho imparato a mie spese che non bisogna mai fidarsi di come si descrivono certe persone. Credo d' aver salvato solo cinque azioni».
Si direbbe che gli Agnelli siano sempre in bilico fra rigore e sregolatezza.
«Dipenderà dall' infanzia gelida. Mia madre raccontava che da bambina, nella casa di corso Oporto a Torino, faceva di proposito la pipì a letto per avere una sensazione di calore e di vita».
Da bambina a lei leggevano le fiabe?
«Non me lo ricordo. Mamma e papà erano assorbiti dalle loro occupazioni. I nonni materni erano morti prima che io nascessi e quelli paterni vivevano a Sestri Levante, mentre noi abitavamo in Sudamerica. So solo che il mio libro preferito è stato Il piccolo principe , quello che recita: "Non si vede bene che col cuore. L' essenziale è invisibile agli occhi"».
Nella sua favola cita due volte il «cuore puro». Valore desueto, la purezza.
«Proprio per questo mi piace tanto.
Una bimba sa esattamente di che parlo.
Una delle mie sorelle mi ha chiesto: ma come fai a essere così brava a rivolgerti ai più piccoli? Le ho risposto: m' inginocchio per stare alla loro altezza».
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