Raffaella De Santis per “Robinson - la Repubblica”
Sembra un po’ una commedia dell’arte 2.0, con il furbo, il verboso amante delle citazioni dotte, il bugiardo, lo spaccone, il violento, la maliziosa. Massimo Arcangeli e Valentino Selis, entrambi linguisti, hanno recensito con ironia e intelligenza il teatro di varia umanità che popola Facebook per cavarne fuori i tipi umani che vivono sui social.
Lo hanno fatto partendo da un campione di centocinquanta utenti, ma chiedendo poi al popolo della Rete di inviare altri ritratti. Il lavoro è una piccola indagine in progress di antropologia digitale. Qui presentiamo i dodici principali protagonisti di Faccia da social (questo il titolo del libro che ne è venuto fuori, editore Castelvecchi, collana Le Polene). Sono le maschere dei nostri giorni, serie, semiserie, divertenti, a volte sconfortanti, altre inquietanti.
C’è un po’ di tutto, dal tuttologo al complottista, dal “cuoredoro” votato alle cause umanitarie di facciata al vanaglorioso “selfie made man” che non può fare a meno di autoimmortalarsi. Non solo hater, dunque. Non solo seminatori di odio, ma “gattisti” che riempiono il web di paffuti felini che giocano, dormono, suonano il pianoforte, “buongiornisti”, che come primo atto della giornata prima di portare il cane a spasso si affacciano sul web e salutano la communiy, “pornogastrici”, che prima di mangiare sentono la necessità di immortalare il cibo e alla fine viene il dubbio che neanche lo consumino. Qua è là compaiono anche i poeti estemporanei, capaci di improvvisare versi a velocità rap su qualsiasi tema.
Dopo aver salutato i tropici, diventati secondo Claude Lévi-Strauss “tristi” e omologati (Tristi tropici è del 1955), oggi l’antropologo modello web può dire addio anche alla vita vera. Invece di?partire per l’Amazzonia o di fare qualche pas-?seggiata esplorativa dentro le nostre metropoli, diventate più interessanti delle mete?esotiche, può restarsene comodo a casa, accontentandosi di osservare la specie umana?direttamente sullo schermo del suo computer. Niente è infatti più reale delle maschere?che indossiamo per conquistare un po’ di attenzioneinRete.
LA NALFA BETA
Tutti scrivono e molti sbagliano. Punteggiatura, sintassi, scelta del vocabolario, errori e orrori d' ortografia. L' analfabeta Facebook, anzi "La Nalfa Beta", giocando su un errore elementare ma verosimile, non riesce a compilare un semplice testo informativo nell' italiano standard. È impacciato, non padroneggia il mezzo ma lo vuole usare a ogni costo, dare il suo contributo in Rete. Si capisce che scrive con difficoltà sulla tastiera del cellulare o del computer. La Nalfa Beta può essere in difficoltà con la tecnologia o semplicemente "linguisticamente svantaggiato". Uno che riesce a scrivere: «Purtroppo avvolte la realtà supera la fantasia. È ora di dire BASTA».
IL PORNOGASTRICO
maschere da social pornogastrico
C' è chi trasforma il social più frequentato del pianeta in una bella tavola imbandita. È il Food Porner, o Pornogastrico. Di food pornography ha parlato per la prima volta la giornalista e scrittrice Rosalind Coward, in un libro ( Female Desire: Women' s Sexuality Today) nel quale esaltava il valore estetico dell' impiattamento delle pietanze, e il piacere che ne derivava per gli occhi se realizzato bene. Il Pornogastrico è il cultore di una vera e propria forma di pornografia alimentare, di voyeurismo parasessuale: si gusta solo con gli occhi in un attizzante "vedo non vedo". L' assaggio non è nemmeno concepito.
Da Facebook a Instagram, spopolano foto di piatti fancy, fra tavole meravigliosamente imbandite, frutti esotici dai colori sgargianti, accostamenti culinari così fantasiosi da far impallidire le scuole di cucina. Un Pornogastrico che si rispetti non sta perciò lì a sottilizzare, distinguendo fra aperitivi e aperipranzi, cene e apericene: l' importante è riprendere dalla giusta angolazione, abbellendolo col giusto filtro. Con un occhio agli orari di pubblicazione.
L'ANTENATO
È l' utente, dai quarant' anni in su, generalmente schierato con la parte più moraleggiante della società, che prima del fragoroso ingresso di Facebook nella nostra vita si dissociava apertamente da ogni logica di relazione virtuale (quello, in soldoni, che al tempo potrebbe aver detto: «Ah no, io mai. Facebook è una cosa da bambini. Ho altro a cui pensare»). Superate le prime settimane di ritrosia o di manifesta timidezza, il nostro personaggio prende confidenza con il mezzo e, in lui, monta la profonda convinzione che, nelle diverse situazioni, debba concentrare i propri sforzi sulla quantità, più che la qualità, di quel che pubblica.
Distribuisce perle di filosofia, e non finisce mai di stupirsi; ama mostrarsi abbigliato con buon gusto, e si ammanta di buone maniere; scandisce con i suoi auguri i momenti della giornata, anticipando talvolta premuroso i tempi: i suoi "Buongiorno", colorati e sgargianti, fioriscono prima del sole; i suoi "Buonanotte" giungono all' ora dell' aperitivo serale.
IL WEBETE
Non tutti in rete sono così smagati. Nonostante?la pervasività dei social, c’è ancora chi si muove con molta ingenuità. La categoria è molto popolata. Ultimamente Mentana ha rilanciato il neologismo Webete con una coloritura spregiativa, indicando l’utente “decerebrato” che avvelena la Rete con affermazioni sciocche e infondate.?Il Webete fa parte di una compagnia di novellini o brocchi, sprovveduti o neofiti che s’aggirano numerosi in internet. È a suo modo un newbie (new beginner), un inesperto, o per usare un altro vocabolo di successo un utonto, neologismo nostrano nato dalla contrazione di “utente” più “tonto”. In genere ha competenze informatiche limitate o quantomeno basilari, ma aspira a provocare danni ai computer: vorrebbe essere un cracker, un danneggiatore professionista, invece è solo un lamer, un imbranato (lame in inglese vuol dire “zoppo” e in senso figurato “poco convincente”).
IL TUTTOLOGO
maschere da social il tuttologo
Onnipresenti e onniscienti, i Tuttologi sono ovunque: possono attivarsi nelle pagine politiche, nei commenti ai post di personaggi celebri o nei loro profili privati, che caricano giornalmente di dozzine di post sugli argomenti più svariati. Non importa di chi o cosa si stia parlando, loro ne sanno sempre una in più. Hanno un’opinione su tutto, sono esperti di qualunque tema. Si parli di attualità o economia, di politica o finanza, di diritti civili o storia antica,?o del comunismo cubano o cinese, il Tuttologo presume di poter dire la sua senza remore, esitazioni, né peli sulla lingua. In realtà cavalca il mainstream?e non dà mai un’opinione originale.
IL SELFIE MADE MAN
maschere da social il selfie made man
È mosso dall' aspirazione a diventare maestro dell' acchiappalike. Il selfie è il mezzo principale con cui si offre al mondo, alimentando l' iperpromozione del sé e illudendosi di poter diventare un protagonista dei social media (Instagram, soprattutto), al pari di una star. Per il Selfie Made Man, la tecnologia non è che un' appendice del proprio ego. È lui il Narciso del nuovo millennio.
Perlopiù giovane o giovanissimo, ha fatto della Rete il suo habitat ideale. In genere si tratta di una persona informata, al passo coi tempi, non digiuna di informatica e attenta osservatrice delle dinamiche dei social network. L'obiettivo ultimo è di diventare un potente influencer ed entrare a far parte di quel gruppo di privilegiati notabili digitali che possono spostare voti su XFactor, dettare temi ai giornali, decretare il successo commerciale di un libro, di un film o di un vestito.
IL COMPLOTTISTA
maschere da social il complottista
Si tratti delle scie chimiche, dell' idea che la vaccinazione aumenti le possibilità di contrarre l' autismo, dell' energia negativa aleggiante su luoghi particolarmente sfortunati, dei dubbi sul fatto che siamo davvero riusciti a sbarcare sulla luna, i Complottisti ( o Complottardi) incarnano la sfiducia dell' umanità nei confronti del potere, dell' informazione globale e dell' esistenza stessa per come ci viene presentata e raccontata: costantemente assistiti dalla forza di " indagare" a fondo sulle cose, hanno la piena consapevolezza che riusciranno a scovare, alla fine del loro cammino, le verità, pure e immacolate, che i potenti non vogliono rivelare al popolo.
I NAZI
Intolleranza, xenofobia, vaghe spinte " purificatrici". Su Facebook non mancano gruppi chiusi che alimentano piccole comunità razziste. I Nazi della politica digitale supportano gruppi nutriti da velleità totalitarie, o di dichiarata estrema destra, e palesano apertamente il loro disprezzo nei confronti del diverso, dell' inferiore, dell' altro da sé.
Ma la categoria Nazi può raccogliere tutti gli estremisti della Rete: dai Nazi dell' alimentazione, che spendono tutto il loro tempo a incalzare e insultare chi mangia in modo " scorretto" ai GrammarNazi, che di fronte a un errore ortografico, a un verbo mal coniugato, a una frase non ben formata si scagliano compatti contro il responsabile e lo correggono, in nome della Dea Grammatica. Tutti uniti esclusivamente dalla volontà di riformare o ribaltare il mondo e di servire la causa, imponendo le loro ferree e inviolabili regole alimentate dal fanatismo. Qualunque sia l' argomento i Nazi sono i più agguerriti in un conflitto d' idee combattuto senza esclusione di colpi.
IL PROMOTER
maschere da social il promoter
Il Promoter impersona l’utente della Rete?che vede in Facebook un importante trampolino di lancio per la sua carriera professionale. È Facebook il mezzo principale della sua pesca miracolosa?di contatti: più amici ha, maggiori sono le possibilità?di firmare contratti, di sponsorizzare la sua azienda,?di mettere in piedi una nuova startup o di vendere i suoi prodotti per corrispondenza.
I post che pubblica promuovono offerte imperdibili; sviolinano occasioni che capitano una sola volta nella vita, e possono cambiartela; pompano collaborazioni con l’azienda madre da lui rappresentata, o con le sue numerose filiali; avanzano proposte lavorative?per un’occupazione che non richiede particolari sforzi, o esperienze pregresse, e garantisce introiti lucrosi e sicuri.
IL BANNAUTORE
maschere da social il bannautore
C' è anche chi si sbizzarrisce e usa la Rete per divertirsi a fare e disfare amicizie. Il verbo " bannare" viene dall' inglese, da ban che vuol dire " interdire, proibire".
Nel gergo di internet, spiega il vocabolario Zanichelli, " bannare" significa " interdire l' accesso a un gruppo di discussione a un utente che vi abbia tenuto un comportamento scorretto".
Fin qui, tutto bene, il filtro funziona. Il bannatore folle, o il " bannautore" come lo ha definito Francesca Tuscano, studiosa di letteratura comparata, proponendo una sua personale carrellata di tipi social, fa qualcosa in più: si fa vanto del suo potere di interdizione. Ecco come lo descrive: "Il bannautore annuncia a scadenza regolare l' eliminazione di contatti non più degni della sua virtuale amicizia; se poi sia conseguente nell' azione all' intenzione dichiarata pubblicamente, non è dato saperlo". Accanto a lui ci sono anche il " bannatore solitario", vendicatore in proprio di delitti virtuali, e il " bannator cortese", un gentiluomo che sì ti cancella, ma ti spiega perché.
maschere da social il leone da tastiera
I LEONI DA TASTIERA
È il dominante, che regna e imperversa. Ovviamente solo sul digitale. Il Leone ha la criniera del Capo dietro la tastiera e quasi sempre il vello da agnellino nel mondo reale. Nascondere la propria identità dietro un profilo fake è fra i possibili modi con cui i Leoni (e le Leonesse) da tastiera possono surfare allegramente da una tipologia all’altra, sempre tenacemente aggrappati al loro status di capobranco.
A volte tuttologi sapientoni, altre seminatori di zizzania o diffusori di fake news, altre ancora complottisti in servizio permanente effettivo. Come Zelig si mimetizzano a seconda delle opportunità (e dell’umore), dando sfogo alla loro frustrazione, sublimandosi in ciò che nella vita reale non sono. Difficilmente, quindi, postano firmandosi. Meglio account di copertura, per riuscire a “esercitare” un potere social che nella società non riuscirebbero mai ad avere.
GLI HATERS
L’“odiatore” è una delle figure più sgradevoli?e invasive del web. In genere i suoi bersagli?sono i più deboli. Contro migranti?e rifugiati è vasto il repertorio di offese degli Haters digitali, studiato perfino dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR). Alcuni si nascondono dietro nomi fittizi o profili falsi?per poter sfogare la loro rabbia forti dell’anonimato. Altri si legano a gruppi chiusi, dove si sentono?protetti e spalleggiati. Le donne sono un altro bersaglio prediletto: per questo è stata creata la definizione di Woman-Hater. Gli Haters sono l’altra faccia dei fan,?il loro obiettivo non è applaudire ma demolire singole persone o intere categorie. Un linciaggio mediatico che sfrutta frasi fatte e luoghi comuni.