Mauro Evangelisti per “il Messaggero”
In Italia, secondo i dati ufficiali, ci sono 128mila persone positive. Per fortuna, solo il 3,1 per cento è ricoverato in ospedale. In realtà, il numero di coloro che sono infetti è molto più alto. Difficile fare una stima, se si guarda all'esperienza del passato si può ipotizzare che in totale siano almeno a 200mila, ma le basi per sostenerlo non sono solide.
DIFFUSIONE Sia chiaro, gli esperti si sbilanciano solo sul dato totale: formalmente in Italia le persone che hanno superato l'infezione sono 4,2 milioni, ma almeno il doppio, attorno a 8-9 milioni, sono stati positivi, perché in tanti non lo hanno saputo, erano asintomatici e non sono mai stati intercettati dal tampone. Quella percentuale di sommerso fu estremamente più alta a inizio pandemia, poi è gradualmente diminuita perché il tracciamento è stato potenziato e il numero di tamponi eseguiti è aumentato.
Oggi, però, la fetta degli asintomatici che non risultano nei dati ufficiali potrebbe essere di nuovo cresciuta, come ha denunciato, tra gli altri, nei giorni scorsi il professor Roberto Cauda, direttore di Malattie infettive al Policlinico Gemelli di Roma («in agosto c'è stata una diminuzione significativa dei test eseguiti, in questo modo molti positivi non li intercettiamo»).
Ma ci sono anche altre ragioni. La prima è che c'è una parte di persone non vaccinate che teme una sorta di «stigma sociale». Racconta il professor Massimo Andreoni, primario di Malattie infettive al Policlinico Tor Vergata di Roma: «Magari hanno dei sintomi lievi, febbre e tosse. Evitano però di andare a fare il tampone per non essere riconosciuti come coloro che ingenuamente hanno rifiutato il vaccino e poi si sono presi il Covid. Questa tipologia di persone, si aggiunge ai molti che, pur avendo la certezza di essere stati a lungo in contatto con positivi, evitano il test perché non vogliono poi accettare di restare in quarantena».
Infine, c'è chi esegue l'antigenico e poi sfugge al molecolare o, ancora, c'è chi ricorre al test fai da te ma in caso di esito positivo non lo comunica all'autorità sanitaria. Tutte queste persone rientrano nei positivi consapevoli che però decidono, sconsideratamente, di restare nell'ombra, rischiando da una parte un peggioramento della malattia, dall'altra di fare circolare il virus.
«Poi però - racconta Andreoni - c'è tutta una fetta di popolazione che ha il virus da asintomatico, ma è inconsapevole, non lo sa. Partiamo da un dato: la variante Delta ha un R con zero tra 6 e 8, quindi una facilità di contagio molto più alta anche rispetto alla variante inglese. Corre soprattutto tra i giovani e i giovanissimi, ma nella stragrande maggioranza dei casi, anche se non sempre, in quelle fasce di età non ci sono sintomi o sono molto leggeri».
In questi giorni l'Istituto superiore di sanità ha verificato che un nuovo positivo su 4 ha meno di 19 anni, ma è quasi certo che vi sono tantissimi ragazzi di quell'età che sono stati contagiati e non lo sanno. Di per sé non è un grosso problema, perché in questo modo sviluppano una immunità naturale.
INCOGNITE Di cosa si tratta? Varie ricerche hanno dimostrato che la percentuale di reinfezione - persone che si contagiano dopo che hanno superato, nei mesi precedenti, la malattia o l'infezione stessa - è estremamente bassa. Secondo uno studio pubblicato su Jama a maggio e realizzato da sette ricercatori (José Vitale, Nicola Mumoli, Pierangelo Clerici, Massimo De Pascale, Isabella Evangelista, Marco Cei e Antonino Mazzone) che hanno esaminato i dati di alcuni ospedali lombardi, «i casi di reinfezione sono rari», su 1.579 pazienti, dopo 230 giorni, solo in 5 si sono reinfettati, lo 0,31 per cento. Altre ricerche ipotizzano che la protezione degli anticorpi, per un anno, per chi ha superato l'infezione è altissima, al 95 per cento.
Dunque, banalmente si potrebbe concludere che gli asintomatici inconsapevoli sono persone che non rischieranno più di contagiarsi questo autunno. «Ma una forte circolazione del virus - avverte Andreoni - aumenta anche la possibilità che possano infettarsi le persone più a rischio, dai cinquant'anni in su. Se fossero tutti protetti dal vaccino, non sarebbe un problema. In Italia, però, abbiamo ancora più di 4 milioni di non vaccinati over 50».