Michela Allegri per "il Messaggero"
imen chatbouri giallo ponte sisto
La sentenza è molto meno pesante rispetto a quella richiesta dall'accusa. Per avere spinto giù da Ponte Sisto l'ex campionessa di atletica tunisina Imen Chatbouri, 37 anni, Stefan Iulian Catoi è stato condannato a 16 anni di reclusione.
Il pm aveva chiesto l'ergastolo per l'imputato, ma un dettaglio è stato determinante nel conteggio della pena: la Corte d'assise non ha riconosciuto a carico dello straniero l'aggravante della premeditazione. Secondo i giudici, Catoi non avrebbe studiato l'omicidio nei dettagli nel corso dell'ultima serata trascorsa insieme a Imen, nel maggio del 2019. Da qui lo sconto: caduta l'aggravante, l'imputato è stato giudicato con il rito abbreviato.
I VIDEO Catoi, 26 anni, si è sempre dichiarato innocente, vittima di un errore giudiziario. Ma gli inquirenti non hanno dubbi sulla sua colpevolezza: a incastrarlo, per l'accusa, ci sono diversi video delle telecamere di sorveglianza, che hanno permesso agli investigatori di ricostruire la serata della vittima e dell'imputato, fino al momento della spinta dal ponte.
Già nel decreto di fermo il pm Antonio Verdi aveva sottolineato la freddezza di Catoi nel portare a termine il piano omicida: per fare in modo che la morte di Imen venisse scambiata per un incidente o per una rapina, aveva raggiunto di corsa la banchina - sostiene il magistrato - ed rimasto accanto alla ragazza fino alla fine, per assicurarsi della sua morte. Poi, le aveva messo un giubbotto sotto alla testa e le aveva sottratto il telefonino.
Secondo la ricostruzione della Procura, Catoi e Imen avrebbero litigato poco prima del delitto. Il movente sarebbe quindi una vendetta. Dopo una serata trascorsa insieme in diversi locali del centro, infatti, Imen è stata ripresa dalle telecamere mentre si incammina da sola verso casa, alle 3.20 di notte.
L'aggressore sembra pedinarla. Poi viene immortalato mentre, dopo essersi nascosto dietro alcune macchine, cogliendola alle spalle, la butta giù dal parapetto, anche se l'atto finale è parzialmente nascosto da un albero. Il filmato mostra poi una sagoma mentre corre via, dopo essere scesa sulla banchina.
LA MESSINSCENA Il giubbotto e l'assenza del telefonino, secondo il magistrato, avevano uno scopo: Imen doveva sembrare a prima vista addormentata e, una volta scoperto il delitto, l'omicidio per vendetta doveva venire scambiato per una rapina finita male.
Nel capo di imputazione si sottolinea che la giovane atleta era stata colta alle spalle: Catoi avrebbe approfittato del fatto che «si era sporta sul parapetto del Lungotevere dei Vallati ed era girata con il volto verso il fiume». Per l'accusa, «le si era avvicinato repentinamente e, con mossa fulminea, l'aveva afferrata per le gambe e l'aveva scaraventata nel vuoto, facendola precipitare sulla banchina».
LA DIFESA La ricostruzione dell'accusa è sempre stata respinta dall'indagato. Il giovane rumeno ha raccontato che la sera della morte di Imen in giro per locali c'era anche il fidanzato della donna e che i due avrebbero litigato. «Il fidanzato olandese di Imen era ingelosito dalla presenza di Catoi e se ne è andato - ha spiegato il difensore dell'imputato, l'avvocato Claudia Serafini - durante il dibattimento sono emersi diversi elementi sospetti: Imen e il compagno avevano avuto diverse liti, lui non ha un alibi per la notte dell'omicidio ed è letteralmente fuggito da Roma, visto che è stato trovato in aeroporto pronto a partire solo poche ore dopo il delitto».
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E il video che immortala lo straniero?
«Non è detto che si tratti di Catoi, inoltre abbiamo solo un collage di diverse riprese, non abbiamo mai avuto accesso ai filmati integrali - ha proseguito il legale - Fortunatamente è stata esclusa l'aggravante della premeditazione, quindi il mio assistito ha potuto ottenere lo sconto di pena grazie al rito abbreviato. Ma ora puntiamo all'assoluzione in appello».
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