Laura Cuppini per il ''Corriere della Sera''
L’aerosol, per molti genitori italiani, è una specie di pediatra h24. Di fronte ai malanni di stagione, che colpiscono principalmente i soggetti più vulnerabili (i bambini piccoli), mamme e papà si armano dell’apparecchio nebulizzatore e “costringono” i figli a respirare nel boccaglio restando immobili per 10 minuti, magari davanti alla televisione. Ma sono molti i dubbi sull’utilità di questa pratica nel curare raffreddore, tosse e in generale i problemi delle alte vie respiratorie, che molto spesso si risolvono da sé.
Al contrario, è accertata l’utilità di altre abitudini: è bene invitare il bambino a bere di frequente, effettuare lavaggi nasali per eliminare muco e catarro, umidificare adeguatamente gli ambienti (45-55%), monitorare la temperatura in casa (che non dovrebbe superare i 20°), lavarsi spesso le mani e usare solo fazzoletti di carta. Buone norme che bisogna tenere a mente sempre, perché sono utili anche nel prevenire le infezioni.
Bronchiolite, bronchite asmatica e laringite
Ma l’aerosol, forse perché dà un senso di sicurezza, resta uno dei dispositivi medici più amati. Il suo vantaggio principale è la capacità di trasportare il farmaco nelle basse vie aeree: trachea, bronchi, polmoni. E gli esperti sono tutti d’accordo nel dire che può essere utilizzato in alcune specifici disturbi che colpiscono questi organi, anche se con qualche distinguo sulle malattie da trattare. Secondo Susanna Esposito, direttore dell’Unità di Pediatria ad alta intensità di cura presso il Policlinico - Università degli Studi di Milano e presidente della World Association for Infectious Diseases and Immunological Disorders (WAidid), in più della metà dei casi la terapia con aerosol è inutile.
«Ha senso per la cura della bronchiolite, della bronchite asmatica e della laringite - spiega l’infettivologa -, al contrario non serve nella rinofaringite, nella faringo/tonsillite e nell’otite media acuta, i comuni malanni di stagione. Se c’è eccesso di catarro nelle alte vie aeree l’unica pratica efficace sono i lavaggi nasali con una siringa riempita di soluzione fisiologica (10 ml per narice nei lattanti, 5 ml nei neonati), facendo passare il liquido da una narice all’altra: l’obiettivo è evitare la colonizzazione batterica nasale.
In caso di bronchite asmatica, con broncospasmi ricorrenti, ovvero un restringimento dei bronchi che provoca grave difficoltà respiratoria, si può procedere con salbutamolo (farmaco broncodilatatore, ndr) e corticosteroidi (cortisone, ndr) in aerosol, mentre per la bronchiolite - un’infezione virale delle ultime diramazioni bronchiali frequente nel primo anno di vita - si fanno cicli solo con la soluzione ipertonica (ovvero acqua purificata con una concentrazione di sali superiore a quella del nostro organismo, che è dello 0,9%, ndr). Nella laringite ipoglottica, con tosse “a foca”, si opta per l’aerosol con soluzione fisiologica e cortisone. È bene aggiungere che la scelta dei corticosteroidi va fatta dal pediatra, perché non tutti hanno la stessa efficacia».
Cortisone e fisiologica: stessa efficacia
Proprio i farmaci a base di cortisone per aerosol sono finiti nel mirino dell’Associazione Culturale Pediatri (Acp), libera associazione di 2.500 tra pediatri delle cure primarie, ospedalieri e universitari.
Nella classifica delle cinque pratiche a rischio d’inappropriatezza stilata dall’Acp figura al primo posto «l’uso abituale di cortisonici inalatori nelle flogosi (infiammazioni, ndr) delle prime vie respiratorie dei bambini»: «La tosse è il sintomo più frequente nei bambini che accedono all’ambulatorio del pediatra delle cure primarie - si legge nel documento dell’Acp -. L’uso del cortisone per via aerosolica è largamente diffuso, nel nostro Paese, per il trattamento delle patologie delle alte vie respiratorie e per il controllo del sintomo tosse a esse correlato, sebbene non esistano prove della sua efficacia.
Tale pratica, se prolungata nel tempo, è associata a effetti collaterali». La presunta efficacia dell’aerosol nel trattamento dei malanni stagionali dei bambini è stata studiata approfonditamente anche da Antonio Clavenna, responsabile dell’Unità di Farmacoepidemiologia del Laboratorio per la Salute Materno-Infantile all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano. Clavenna, insieme al suo team e coinvolgendo la stessa Associazione Culturale Pediatri, nel 2010 ha dato il via a uno studio durato due anni su 520 bambini da 1 a 5 anni con infezioni delle vie aeree superiori, finanziato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa).
I piccoli volontari sono stati divisi in due gruppi: il primo è stato trattato con cortisone in aerosol, il secondo con soluzione fisiologica sempre in aerosol. Risultato: tra i due gruppi non è emersa alcuna differenza nell’entità del disagio e nella durata dei sintomi. Dunque, nel trattamento dei malanni stagionali che colpiscono prevalentemente la prima infanzia, l’efficacia dei farmaci cortisonici si è rivelata pari a quella della soluzione fisiologica, ovvero acqua purificata e sale allo 0,9%.
Migliore assorbimento con il distanziatore
«Nei disturbi delle alte vie respiratorie l’aerosol è sempre inappropriato perché inutile, non riduce i sintomi né i tempi di decorso della malattia - conferma Clavenna -. Per le afflizioni delle basse vie c’è evidenza scientifica dell’utilità della aerosolterapia, ma solo per alcune specifiche condizioni: il broncospasmo nei bambini piccoli, la fibrosi cistica ed eventualmente la prevenzione nel caso di broncospasmo frequente».
Nel caso del broncospasmo (spesso associato a infezioni virali, in questo caso si parla di bronchite asmatica) è indicato il trattamento con salbutamolo, che può essere somministrato tramite aerosol o con inalatore applicato a un distanziatore, eventualmente con mascherina. Il distanziatore è uno strumento, non particolarmente diffuso in Italia, che facilita la somministrazione di spray predosati in pazienti non collaboranti (come i bambini piccoli): l’inalatore viene inserito in una delle due estremità del dispositivo, mentre l’altra è appoggiata alla bocca, volendo con l’aiuto di una mascherina anatomica; in questo modo il farmaco si diffonde e viene inalato dal paziente (la somministrazione è conclusa dopo 5 atti respiratori completi).
«Spesso i pediatri consigliano l’aerosolterapia perché in Italia siamo poco abituati all’uso del distanziatore - dice Clavenna -, ma quest’ultimo è più indicato per un corretto assorbimento del farmaco».
La fibrosi cistica viene trattata con farmaci specifici tramite aerosol, in ospedale o a casa per la terapia di mantenimento. «Infine è stata dimostrata una modesta efficacia dell’aerosolterapia con cortisone come terapia preventiva nei bambini che hanno frequenti episodi di broncospasmo, ma anche in questo caso sarebbe meglio usare lo spray con distanziatore - aggiunge il farmacologo -. Nei Paesi del nord Europa l’aerosol si usa praticamente solo negli ospedali, le famiglie sono molto più abituate rispetto a quelle italiane all’uso del distanziatore. Da noi, fin dagli anni ’70, c’è la moda dell’aerosol, legata all’abuso di diversi tipi di farmaci, come i mucolitici per sciogliere le secrezioni e i cortisonici contro le infiammazioni.
Nell’aerosolterapia quello che può funzionare, per i disturbi delle alte vie aeree, è il vapore acqueo che idrata le mucose e rende fluido il muco: niente di diverso dai vecchi suffumigi. Dunque quello che dico alle mamme è: se proprio volete usare l’aerosol metteteci la soluzione fisiologica, che può avere qualche utilità nel ridurre i disagi del bambino, anche se solo temporaneamente».
«Un’abitudine che ci portiamo dietro per inerzia»
Come sottolineato dall’Associazione Culturale Pediatri, i cortisonici non sono esenti da effetti collaterali, se somministrati per lungo tempo. «Questi farmaci in aerosol sono poco assorbiti - conferma Clavenna -, ma nei bambini piccoli possono comunque dare qualche problema.
Per esempio il mughetto in bocca (micosi dovuta alla Candida), perché il cortisone indebolisce il sistema immunitario, l’irritazione delle mucose della gola o delle mucose delle cavità nasali, con sanguinamenti o possibile peggioramento del raffreddore. Infine, non va dimenticato che i cortisonici per aerosol rappresentano una voce importante nella spesa sanitaria pubblica: il 7% del totale dei farmaci pediatrici. Quindi è chiaro che con una maggiore appropriatezza nelle prescrizioni ci sarebbe anche un bel risparmio».
Sull’utilità dell’aerosolterapia è netto anche il giudizio di Maurizio de Martino, ordinario di Pediatria all’Università di Firenze e direttore della Clinica Pediatrica I e del Meyer Health Campus dell’Ospedale Meyer: «Serve solo nella laringite ipoglottica, con la budesonide (farmaco corticosteroide), e nel trattamento della fibrosi cistica con antibiotici e/o cortisonici specifici. Per il resto è inutile: un’abitudine che ci portiamo dietro per una certa inerzia, anche di alcuni medici».
La laringite ipoglottica è un disturbo abbastanza frequente, che colpisce nei mesi invernali i bambini fino a 3 anni di età: compare prevalentemente alla sera o di notte ed è caratterizzata da una particolare tosse abbaiante o “a foca”, con difficoltà respiratoria. È un fenomeno di origine virale, e di breve durata: spaventa i genitori e causa disagio al bambino, che spesso viene portato in pronto soccorso. La terapia indicata è appunto cortisone in aerosol o in compresse per bocca.
Il caso dell’asma e i possibili rischi
Secondo de Martino c’è un caso in cui l’aerosol può persino essere dannoso: l’asma (e dunque anche gli episodi di broncospasmo nei bambini). «La soluzione salina che veicola il farmaco e il vapore acqueo possono causare un peggioramento della patologia - spiega il pediatra -. I bambini anche piccoli possono avere attacchi d’asma, più o meno frequenti, che nulla hanno a che vedere con la malattia cronica degli adulti.
Sono restringimenti dei bronchi che possono avere origini allergiche o virali: vanno trattati con salbutamolo nei casi più lievi, salbutamolo e cortisone nei casi moderati, mentre nelle situazioni più gravi bisogna andare in pronto soccorso. Come dicevo in presenza di asma l’aerosol è sconsigliabile, il salbutamolo va dato con lo spray applicato al distanziatore e il cortisone va dato in compresse per bocca.
Tra l’altro lo spray è molto più pratico e maneggevole e il distanziatore si può utilizzare in pazienti fino ai 15 anni di età, è sufficiente contare 5 respiri». In conclusione l’aerosolterapia, per de Martino, comporta anche un altro rischio: «Il dispositivo dovrebbe essere pulito molto bene dopo ogni utilizzo in ogni sua parte, perché in caso contrario - a causa dell’umidità che rimane intrappolata all’interno - potrebbe veicolare dei microrganismi come la Candida, con il rischio che raggiungano i bronchi».
In definitiva, come affrontare tosse e raffreddori nei bambini? «Il raffreddore passa da solo, l’unica cosa da fare sono i lavaggi nasali, non bisogna somministrare antistaminici né antibiotici né antinfiammatori. In caso di tosse bisogna individuare la causa della stessa, che può essere infettiva o allergica, ma se si tratta di un virus non si fa nulla. Solo in presenza di febbre con malessere si può dare al bambino il paracetamolo, che è un analgesico antipiretico e non un antinfiammatorio» conclude de Martino.
Bambini troppo medicalizzati (e rassegnati)
«Che i bambini si ammalino è normale, evitiamo l’eccesso di medicalizzazione - è l’invito di Antonio Boccazzi, infettivologo e dirigente medico nell’Unità di Pediatria a media intensità alla Clinica De Marchi di Milano -. A volte i pediatri prescrivono terapie in aerosol per placare l’ansia dei genitori, che vogliono fare per forza qualcosa sperando di accelerare la guarigione del figlio.
Ma in questo modo arriviamo ad avere bambini rassegnati all’idea di prendere farmaci, che non si ribellano più, e questo non è normale. Io ne ho viste davvero tante e dico: è giusto che i piccoli storcano la bocca di fronte a uno sciroppo o si rifiutino di stare fermi e respirare attaccati a una mascherina. Ed i genitori non devono esagerare con le medicine e i trattamenti, limitandosi a quanto viene loro indicato dal pediatra».
Sull’utilità dell’aerosol l’opinione di Boccazzi non si discosta di molto da quella dei colleghi: «Le indicazioni sulla sua efficacia sono obiettivamente poche, il buon senso ci dice di fare solo cose che siano utili per il bambino, rispettandolo il più possibile. Dunque, aerosol solo se serve. E nei disturbi delle alte vie aeree, con aumento delle secrezioni e tosse (che è un riflesso fisiologico per liberare naso e gola), non ha alcuna validità: i genitori sono convinti che aiuti il bambino a respirare meglio, ma non è vero.
C’è poi un altro problema: fare bene un aerosol non è una cosa così semplice e immediata. Innanzitutto, perché serva a qualcosa, il bambino deve essere tranquillo, se è agitato o piange l’utilità della pratica è pari a zero. La macchinetta va pulita bene, con acqua calda dopo ogni utilizzo, asciugata e messa via; se lo strumento non viene pulito, si rischia di fare ventilazioni che portano con sé un carico di germi. Nei bambini piccoli va usata una mascherina che sia adatta alla conformazione del viso, per evitare che vada tutto a finire negli occhi. E nella prima infanzia non deve essere assolutamente usato l’aerosol a ultrasuoni».
Attenersi alle indicazioni del pediatra
Attenzione anche a che cosa si mette dentro l’ampolla nebulizzatrice: «Mai il cortisone di propria iniziativa, deve essere sempre deciso dal medico, e serve solo nei casi di broncospasmo. Anche i fluidificanti vanno usati solo su indicazione del pediatra, perché una terapia mucoregolatrice troppo violenta può causare secchezza delle vie respiratorie. Trovo che sia invece utile l’aerosolterapia con soluzione ipertonica (è importante che la diluizione sia al 3%, e non oltre), perché aiuta a tenere pulito il naso, ma non va fatta più di due volte al giorno e per breve tempo.
Va bene anche l’aerosol con soluzione fisiologica, ma bisogna ricordarsi che nessuna di queste pratiche ha una validità preventiva, servono solo quando l’aumento delle secrezioni è in corso. Inoltre bisogna ricordarsi di fare i lavaggi nasali e di umidificare l’ambiente, perché l’aria secca fa aumentare le secrezioni, così come il freddo. Ma, ripeto, serve prima di tutto rispetto del bambino: di tosse e raffreddore non è mai morto nessuno, si può anche pensare di pazientare qualche giorno lasciando che la malattia faccia il proprio corso».
lcuppini@rcs.it