Monica Serra per “la Stampa”
«Per combattere la battaglia al Covid19 occorrono figure altamente specializzate, anestesisti-rianimatori, infettivologi che non possono essere sostituiti da medici alle prime armi». A parlare è il presidente della Federazione nazionale dell' Ordine dei medici, Filippo Anelli, ma il pensiero è condiviso da tutti, sindacati compresi. C' è grande confusione in attesa della pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto legge "Cura Italia". Il testo prevede una misura auspicata da tutti: l' eliminazione dell' esame di abilitazione che permetteva ai medici l' esercizio della professione. In pratica, dopo l' entrata in vigore del decreto, la laurea magistrale a ciclo unico di sei anni in medicina e chirurgia diventerà auto-abilitante.
«Per permettere - ha spiegato il ministro dell' Università e della ricerca Gaetano Manfredi - a 10 mila neolaureati di essere impiegati subito nei servizi territoriali, nelle case di riposo, per sostituire o affiancare i medici generali». Ma dalla bozza è scomparsa la previsione di 125 milioni di euro per finanziare 5 mila borse di studio in più per gli specializzandi.
«Chiediamo al Governo un ulteriore impegno, quello di prevedere subito 10 mila borse, in modo da far entrare nelle specializzazioni e al corso di Medicina generale tutti i neolaureati e i medici già presenti nell' imbuto formativo - afferma il presidente Anelli -. Si eviterebbe così un gap nella formazione di un' intera leva di medici, che non solo inficerebbe la corretta gestione dell' epidemia, ma che, finita l' emergenza, si ripercuoterebbe in un gap di qualità di tutto il Sistema sanitario nazionale».
Le accuse
La battaglia vede in prima linea anche i sindacati. «Non si può accettare che medici neoabilitati e non formati vengano messi a combattere contro un "gigante"», dichiara Federico Lavagno, coordinatore del dipartimento post laurea del Segretariato giovani medici. «Va bene che in questa situazione di emergenza diano un contributo in supporto a guardie mediche e medici generali, ma la soluzione è formare medici specializzati, non mandare allo sbaraglio medici non formati e impedire loro di diventare specialisti».
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Tra l' altro, aggiungono dal sindacato Anaao Assomed: «Spiace rivelare al ministro Manfredi che con questo decreto non è stato accorciato di otto, nove mesi l' ingresso nel mondo del lavoro dei laureati in medicina. È stato, invece, allargato quell' imbuto formativo che già oggi tiene imprigionate speranze e aspettative di 8 mila giovani medici, cui di fatto è impedita la possibilità di completare il percorso formativo».
Il futuro
In pratica, la soluzione pensata dal Governo servirebbe a tamponare per il momento la situazione di emergenza, ma non risolverebbe il problema strutturale del Sistema sanitario nazionale. «Se non si stanziano i soldi per aumentare il numero delle borse di studio, finita l' emergenza saremo punto e a capo. La qualità del sistema sanitario si basa sulla formazione», aggiunge Filippo Anelli. «Gli effetti del definanziamento del sistema sanitario sono sotto ai nostri occhi, anche in una regione di eccellenza come la Lombardia - spiega Roberto Carlo Rossi, presidente dell' Ordine lombardo dei medici -. È ovvio che è necessario popolare le strutture che si stanno aprendo, ma è fondamentale guardare al domani con un piano di pronto in caso di nuove emergenze».
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