Chiara Baldi per "La Stampa"
«Se c'è qualcosa di cui sono assolutamente certa è che giovani devono vaccinarsi. Perché non vivano quello che, dopo diciassette mesi, sto ancora vivendo io». Marta Esperti ha 33 anni e una vita che, da quando ha contratto il Covid, non è più la stessa.
Tra aprile e maggio ha ricevuto entrambe le dosi di vaccino Pfizer-BioNtech. «Pur essendo giovane - spiega - mi hanno vaccinata così presto perché da oltre un anno sono considerata una paziente fragile».
Oggi Esperti, romana con una carriera in Francia, dove insegna Scienze Politiche all'Università di Lille e fa un dottorato alla Sorbona di Parigi, ha dovuto rinunciare alla routine frenetica che aveva prima della pandemia: i viaggi, il nuoto, lo yoga, il treno ogni giorno per andare in ateneo, sei piani di scale a piedi - «nel mio palazzo non c'è l'ascensore» - le lunghe passeggiate.
Da mesi tutto dimenticato. Da mesi scandisce le sue giornate coi farmaci. «Al mattino - dice - prendo l'esopremazolo per proteggere lo stomaco. Dopo mezz'ora il cortisone a un dosaggio che ad oggi è il più basso ma il medico non è stato in grado di dirmi quando potrò smetterlo. Poi: anti-coagulante orale e Ivabradina, per il cuore, due volte al giorno. Questi due farmaci dovrei prenderli per un anno. A pranzo prendo la colcichina, aggiunta di recente per il trattamento di una pericardite recidivante: mi toccherà assumerla per i prossimi sei mesi. Infine, alla sera devo ripetere l'anticoagulante, l'Ivabradina. Più qualche farmaco per dormire».
In totale, otto pasticche per otto medicinali. Poi, in base al periodo, assume la vitamina B12, per cui ha dovuto fare una trasfusione, e gli antibiotici intestinali quando soffre di disbiosi intestinale: «In questo caso, prendo due pasticche al mattino e due alla sera».
Marta Esperti, che segue una terapia personalizzata, è una malata di «Long Covid», «manifestazioni cliniche - come le definisce l'Iss - che non si esauriscono nelle settimane della fase acuta sintomatica e precludono un pieno ritorno al precedente stato di salute».
I primi sintomi Esperti li ha il 2 marzo 2020, dopo una cena con un collega arrivato a Parigi da Bergamo. «Non ho pensato al virus, se ne parlava ancora poco, soprattutto in Francia. Ho pensato fosse una semplice influenza». L'11 marzo però, non essendo migliorata, va dal medico: «Gli racconto dei contatti avuti, quindi lui, tutto bardato, mi dà una mascherina ma non mi ricovera. Mi dice: "Sei giovane e donna, non ti succederà niente". Una frase che per mesi mi hanno ripetuto tutti i medici con cui ho avuto a che fare».
Esperti torna a casa ma continua a stare male. Il 19 marzo, giorno del suo 32esimo compleanno, la febbre sale. «Avevo una leggera anosmia e facevo molta fatica a respirare. Chiamo il numero verde di emergenza, ma trovo solo persone che mi dicono che se riesco a contare fino a dieci arrivando con il fiato, non mi devo preoccupare. Lo faccio per giorni. Fino a che la saturazione scende a 91 e arriva un'ambulanza. Ma non possono ricoverarmi perché gli ospedali sono pieni. Di nuovo: "Lei è giovane e donna, se la caverà”».
Il 28 aprile 2020 Marta Esperti viene rimpatriata in Italia grazie al medico dell'Ambasciata in Francia che l'ha sottoposta a una tac polmonare. Risultato: focolaio di polmonite tipico del Covid19. In un mese di coronavirus ha perso dieci chili.
Oggi questa donna dalla voce vivace, che non aveva mai avuto problemi di salute prima, non fumava e faceva sport, è una paziente fragile che ha scoperto di avere miocardite, una pericardite ricorrente e una artrite al ginocchio.
Convive con i lasciti del virus. Con altri malati come lei, tutti under 50, ha dato vita a «Long Covid Italia», associazione che vuole sensibilizzare sugli effetti del virus anche su persone molto giovani. E proprio a loro si appella: «Invito tutti gli under 40 a vaccinarsi. Io sto ancora male e chissà se mai tornerò ad avere una vita normale».
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