Sa.Ca. e GLB per “Il Fatto Quotidiano”
Giovanni Brusca, lo scannacristiani o u verru (il porco), il boss stragista poi diventato collaboratore di giustizia, da alcuni giorni è un uomo libero, ma ieri ha voluto lo stesso seguito l'udienza del processo Trattativa Stato Mafia.
Da "una località segreta" si è collegato in video conferenza con l'aula bunker Pagliarelli, per seguire la requisitoria dei magistrati della corte d'appello di Palermo Giuseppe Fici e Sergio Barbiera.
Anche il boss di San Giuseppe Jato era tra gli imputati, prima che la prescrizione facesse cadere l'accusa di violenza o minaccia al corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato.
Nelle oltre 5 mila pagine della sentenza di primo grado, i giudici scrivono che Brusca si era "dissociato dai correi mafiosi sin dal 1996, e sia pure dopo un inizio travagliato, ha intrapreso sempre più decisamente la via della collaborazione con la giustizia".
Inoltre, "ha fornito un importantissimo contributo, svelando, già nell'agosto 1996 la minaccia mafiosa e fornendo elementi decisivi per la più complessa ricostruzione dei fatti e per l'individuazione di alcuni degli autori", "primi fra tutti Salvatore Riina, Bernardo Provenzano e Leoluca Bagarella".
Il boia del piccolo Giuseppe Di Matteo, è stato il primo a parlare della Trattativa tra pezzi dello Stato e la mafia: "Totò Riina mi disse che aveva fatto un papello di richieste dirette a una persona che non so indicare e che si attendevano risposte. Si tratta della vicenda dei contatti con lo Stato".