Fabio Amendolara per "la Verità"
Se un over 14 autorizza la ripresa di un filmino hard non si configura il reato di produzione di materiale pornografico: lo ha stabilito una freschissima sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione che, il 28 ottobre, ha di fatto legalizzato le riprese tra partner. A patto che restino alla coppia e non vengano diffusi. La pronuncia fornisce una nuova lettura della legislazione e ha fatto storcere il naso a più di qualcuno. Si ritiene, infatti, che non abbia tenuto in considerazione la facilità di diffusione via Web, aprendo così quella che viene ritenuta «una breccia pericolosa».
Ecco la massima: «Nel rispetto della libertà individuale del minore con specifico riguardo alla sfera di autonomia sessuale», hanno valutato i giudici, «il valido consenso che lo stesso può esprimere agli atti sessuali con persona minorenne o maggiorenne, ai sensi dell'articolo 609 quater del codice penale, si estende alle relative riprese, sicché è da escludere, in tale ipotesi, la configurazione del reato di produzione di materiale pornografico, sempre che le immagini o i video realizzati siano frutto di una libera scelta e siano destinati all'uso esclusivo dei partecipi all'atto».
La Corte, presieduta da Margherita Cassano, esponente di Magistratura indipendente, allieva di Pier Luigi Vigna e in magistratura dal 1980, con Giulio Sarno relatore ed estensore, ha anche stabilito che «al di fuori dell'ipotesi descritta, la destinazione delle immagini alla diffusione può integrare il reato di cui all'articolo 600 ter, primo comma codice penale (il reato di pornografia minorile, ndr), ove sia stata deliberata sin dal momento della produzione del materiale pedopornografico». Viene quindi ritenuto un reato, «[...] allorché una qualsiasi delle condotte di diffusione o offerta sia posta in essere successivamente e autonomamente rispetto alla ripresa legittimamente consentita ed al di fuori dei limiti sopra indicati».
Il video, insomma, deve rimanere privato. Il quesito arrivato alle Sezioni unite era questo: «Se, e in quali eventuali limiti, la condotta di produzione di materiale pornografico, realizzata con il consenso del minore ultraquattordicenne nel contesto di una relazione con persona maggiorenne, configuri il reato» di produzione di materiale pornografico. Già nel 2018, le Sezioni unite avevano escluso che il maggiorenne che produce il materiale pornografico «utilizzi il minore» se le riprese sono effettuate «nell'ambito di un rapporto che, valutate le circostanze del caso, non sia caratterizzato da condizionamenti derivanti dalla posizione dell'autore, sicché le stesse siano frutto di una libera scelta e destinate ad un uso strettamente privato».
«Si mettono le mani avanti», ha valutato il giudice della Cassazione Giacomo Rocchi su La nuova Bussola quotidiana (analisi ripresa dalla Onlus Provita e famiglia sul suo sito Web e rilanciata anche da Radio Maria), «è necessario che il minore abbia acconsentito alle riprese per una sua "libera scelta". Emerge la foglia di fico della "libertà", ma è inevitabile chiedersi: sarà libera di dire di no la ragazzina di quindici anni coinvolta in una relazione intima e fisica con un uomo che ha il doppio della sua età, quando questi le propone di riprendere i loro rapporti sessuali?
E che uomo (maggiorenne) sarà quello che propone o accetta la proposta di effettuare riprese di questo tipo?». Rocchi, però, contesta anche le valutazioni «sull'uso esclusivo dei partecipi dell'atto»: «Come si è detto, la diffusione, prima o poi, avviene. Spesso e frequentemente è impossibile risalire a chi ne sia l'autore». E Rocchi si chiede «che senso ha riconoscere rilievo al desiderio di due persone di rivedersi nelle loro performance sessuali? Si tratta di attività che può interessare soltanto il maschio trentenne oppure che può creare problemi psicologici alla ragazzina o al ragazzino coinvolti».
L'ulteriore valutazione di Rocchi è legata a questioni di politica giudiziaria: «Una parte della magistratura si è avviata sulla strada de "diritti" e non riesce più a vedere quando è davvero necessaria una tutela e quando, al contrario, si tratta di insidie e di decisioni che mettono in pericolo le persone fragili e la società». Per questo motivo, secondo Rocchi, «la proclamazione del diritto dei minorenni ai rapporti sessuali con chiunque e di qualunque tipo mette in pericolo tanti ragazzini in crescita rispetto alle mire di adulti che, perché no?, vogliono vivere un'esperienza particolare».
La toga quindi si chiede: «Ci sarà davvero un rapporto sentimentale tra una quindicenne e un adulto? Ma soprattutto: se questo adulto utilizza un telefono cellulare o una macchina fotografica per le riprese degli incontri sessuali con il/la quindicenne, davvero è possibile inquadrare il tutto nel diritto del minore a esprimere la sua sessualità?». Un aspetto, questo, che il giudice censura in modo durissimo, ritenendolo un «tradimento palese della volontà del legislatore».
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