Erica Orsini per "Il Giornale"
Immigrazione, nel Regno Unito dall'anno prossimo cambia tutto. Ieri il ministro dell'Interno Priti Patel ha illustrato il nuovo sistema a punti che regolerà gli ingressi dei cittadini stranieri e che entrerà in vigore dal gennaio del 2021. Con la fine del periodo di transizione e della libera circolazione delle persone, potrà venire a vivere e lavorare in Gran Bretagna soltanto chi totalizzerà un minimo di 70 punti nel test d'ingresso.
Per guadagnarseli dovrà soddisfare determinati criteri come avere una qualifica per il lavoro richiesto, un'offerta di lavoro preesistente, una buona conoscenza della lingua inglese o uno stipendio superiore a 22mila sterline. La soglia salariale potrà venir ridotta, ma solo in caso di scarsa offerta di lavoratori nazionali.
In generale però non verranno rilasciati permessi di soggiorno ai lavoratori privi di specifiche competenze perché la nuova linea del governo di Boris Johnson è chiara: prima gli Inglesi. Anche se il premier nega di voler sbarrare il Paese, anzi «laddove la gente può contribuire a questo Paese, fare grandi cose, avremo un sistema umano e sensibile».
«In un periodo in cui un numero sempre maggiore di persone nel Paese è in cerca di lavoro - spiega da parte sua Patel - il nuovo sistema a punti incoraggerà gli imprenditori a investire in forza lavoro interna piuttosto che appoggiarsi semplicemente a quella estera. Ma stiamo anche facendo dei cambiamenti necessari in modo che sia più semplice per le aziende attrarre nel Regno Unito le menti più brillanti e il meglio che c'è nel mondo per completare le competenze che di cui già disponiamo». I nuovi immigrati inoltre dovranno pagare un contributo per usufruire del servizio sanitario nazionale che invece attualmente è gratuito.
Un'eccezione verrà fatta per coloro che sono impiegati nel servizio stesso, come medici, assistenti sociali paramedici, esclusi i dipendenti delle case di riposo. Una vera e propria rivoluzione che riguarda da vicino anche i moltissimi italiani che continuano a considerare il Regno Unito come una delle mete lavorative preferite. Finito il periodo di transizione la situazione muterà radicalmente e non in meglio.
Attualmente risiedono nel Paese circa 700mila italiani, di cui soltanto 350mila sono iscritti all'Aire, il registro dei residenti all'estero. Molti non si sono mai iscritti, ma 454mila sono in possesso della previdenza sociale, il documento necessario per lavorare. Al momento rappresentano la terza forza straniera dopo romeni e polacchi e il 30 per cento di loro ha una laurea.
Per tutti questi, anche non in possesso di particolari competenze, non dovrebbe cambiare nulla se avranno fatto richiesta dello status di residenza permanente e l'avranno ottenuto. Ma per i ragazzi che ogni anno sognano di prendere un volo low-cost, atterrare sul suolo britannico con quattro soldi in tasca, una conoscenza scarsa della lingua e trovare un posto nei tanti caffè e ristoranti londinesi sempre in cerca di baristi e camerieri, nel 2021 le porte si chiuderanno.
I dettagli rimangono sfumati, ma anche per studenti e laureati sono previsti cambiamenti. La prossima estate verrà creato un nuovo percorso per i secondi in modo «da trattenere sul territorio i migliori laureati». Parole del ministro, che intanto garantisce una permanenza tranquilla di due anni dopo la laurea e la possibilità di lavorare per tutti gli studenti durante il corso degli studi.
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