Mara Rodella per il "Corriere della Sera"
Quando i carabinieri forestali all'ora di pranzo di venerdì sono entrati nella sede della Comunità montana di Valle Trompia a Gardone Val Trompia, in provincia di Brescia, c'è chi ha fatto finta di nulla, chi ha negato qualsivoglia violazione delle regole e chi, nel frattempo, «nascondeva» sotto il tavolo imbandito una padella ancora piena di uccellini pronti per essere serviti ai commensali. Vietati.
In tutto, 65 esemplari protetti (tre a testa circa): tutti «fringillidi», oltre a una peppola e due frosoni, particolarmente tutelati dalle normative di riferimento. Tutti finiti sotto sequestro.
Al banchetto partecipavano oltre una ventina tra dirigenti e impiegati pubblici dell'ente sovracomunale, non si esclude organizzato anche con un giro di email. La segnalazione arrivata alle forze dell'ordine in realtà era di duplice natura: segnalare un potenziale assembramento in barba alle disposizioni anti Covid e anche il fatto che il menu fosse a base di fauna protetta.
Se gli accertamenti sul primo aspetto sono ancora in corso (la sala era molto grande e il banchetto organizzato a buffet con sedie distanziate), non c'è voluto molto perché uno dei presenti, peraltro munito di regolare licenza di caccia, alzasse la mano e si prendesse tutta la responsabilità: «Sono stato io, quegli uccellini li ho portati tutti io».
È stato denunciato per violazione della Legge anti caccia, la numero 157 del 1992, che punisce non solo l'abbattimento delle specie protette, ma anche la loro eventuale ricettazione.
Durissime le reazioni alla vicenda, che si è verificata oltretutto in una sede istituzionale. «Dispiaciuto e rammaricato» il presidente della Comunità montana, Massimo Ottelli, che con la giunta si dice «pronto ad adottare i provvedimenti disciplinari previsti in base alle specifiche responsabilità accertate dalle verifiche in corso».
Ricordando come la Comunità montana sia impegnata proprio «per lo sviluppo del territorio», annuncia «laddove ce ne saranno i presupposti, di costituirci parte civile per tutelare l'ente sovracomunale e la collettività che rappresenta».
Quella degli uccellini protetti e proibiti, peculiarità dello spiedo non solo bresciano, è da tempo materia di scontro politico sul terreno, scivoloso, della regolamentazione dell'attività venatoria. La Lega ci ha provato anche di recente.
L'ultima proposta del consigliere regionale Floriano Massardi sulla caccia in deroga, al fine di allentarne le maglie, risale alla fine dello scorso marzo: all'ordine del giorno una serie di modifiche alla Legge regionale 26 del 1993, tra le quali quella di consentire la caccia al cardellino, verdone, lucherino, fringuello, peppola, frosone, pispola, storno e tordela. Nulla di fatto: il Consiglio regionale ha bocciato le mozioni.
A fronte di quanto accaduto a Gardone, però, proprio due parlamentari leghisti, Stefano Borghesi e Matteo Micheli, sottolineano «l'incredibile danno d'immagine procurato alla Val Trompia e soprattutto all'ente Comunità montana».
Enpa Brescia esprime il suo sdegno in un post sul profilo Facebook: «Siamo amareggiati e arrabbiati, perché spesso chi dovrebbe dare l'esempio e far rispettare le regole è in realtà il primo che se ne frega».
Dello stesso tenore il commento della Lac (la Lega anti caccia): «Quanto avvenuto è vergognoso, ennesimo sintomo della ridottissima percezione dell'illegalità venatoria nelle valli bresciane, non a caso al primo posto in Italia, e ai primi in Europa, per l'incidenza del bracconaggio».