CHI ERA DAVVERO GIOVANNI AIELLO? - IL LIBRO "FACCIA DA MOSTRO" DI LIRIO ABBATE RICOSTRUISCE LA VITA DEL POLIZIOTTO ASSOCIATO A MOLTE INCHIESTE GIUDIZIARIE: GLI OMICIDI NINO AGOSTINO E NINNI CASSARÀ, LA CRUDELE UCCISIONE DEL PICCOLO CLAUDIO DOMINO, LE STRAGI IN SICILIA, QUELLE DI ROMA, FIRENZE E MILANO, L'ATTENTATO DELL'ADDAURA A GIOVANNI FALCONE - LA VERA IDENTITA' DI "ANTONELLA", EX MEMBRO DI GLADIO PIÙ VOLTE SEGNALATA ACCANTO AD AIELLO DURANTE GLI INCONTRI AVUTI CON ESPONENTI DELLA 'NDRANGHETA CALABRESE…

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Francesco La Licata per “La Stampa”

 

aiello giovanni -faccia-da-mostro aiello giovanni -faccia-da-mostro

Il primo a definirlo «Faccia da mostro» fu Vincenzo Agostino, padre inconsolabile di Nino, agente di pubblica sicurezza assassinato a Palermo, insieme con la moglie incinta, Ida, il 5 agosto del 1989. Fu lui, il vecchio dalla lunga barba bianca, a indicarlo come lo «sbirro infedele» che aveva tradito il suo Nino consegnandolo ai killer di Cosa nostra.

 

La cicatrice sulla guancia che lo aveva deturpato fino a farlo sembrare, appunto, mostruoso era un segno di riconoscimento indelebile e perciò facilmente identificabile: Giovanni Pantaleone Aiello, nato a Montauro di Calabria il 3 febbraio del 1946. E' lui «Faccia da mostro», il fantasma che incombe sulla maggior parte della macelleria istituzional-mafiosa degli ultimi trent' anni di sangue, in Sicilia e nel Continente.

LIRIO ABBATE - FACCIA DA MOSTRO LIRIO ABBATE - FACCIA DA MOSTRO

 

Per lunghi anni una coltre spessa di nebbia protettiva, fatta di silenzi, omissioni, connivenze, dimenticanze e scarsa verve investigativa, ha nascosto la brutta storia di «Aiello killer di Stato». La sua posizione di eterno indagato e archiviato si è interrotta definitivamente il 21 agosto del 2017, quando un provvidenziale infarto lo ha stroncato mentre si apprestava a mettere in mare la barca con cui andava a pescare nel mare calabrese.

 

Adesso il «fantasma» è uscito dalle carte giudiziarie e dai racconti spaventosi per trasferirsi sulle pagine di un libro meticolosamente messo insieme, frammento su frammento, da Lirio Abbate, vicedirettore dell'Espresso: Faccia da mostro (Rizzoli). Una narrazione che sembra un romanzo e che, invece, è tutta realtà riesumata dal giornalismo investigativo di Lirio Abbate.

 

aiello giovanni -faccia-da-mostro aiello giovanni -faccia-da-mostro

Un puzzle sapientemente assemblato da frammenti sparsi fra cancellerie, archivi, segnalazioni trascurate, colloqui investigativi ignorati e ricerche sul campo. Così il giornalismo, in qualche modo, va a riempire qualche vuoto lasciato dalle indagini ufficiali. E il quadro che ne vien fuori è davvero poco rassicurante, perché impalpabile e viscido come sono le storie dove prevale la commistione tra il crimine e gli apparati segreti e dove non si riesce mai a separare davvero il nitido lavoro investigativo dai metodi «sbrigativi» dei corpi speciali.

GIOVANNI AIELLO GIOVANNI AIELLO

 

La storia di «Faccia da mostro» è la storia di una maleodorante commistione non ancora sanzionata perché difficilmente definibile oltre il «ragionevole dubbio» richiesto dalle sentenze. Ma i capitoli che ne fanno parte lasciano buchi enormi nelle coscienze civili. A Giovanni Aiello viene attribuita una partecipazione costante all' attività sanguinaria di Cosa nostra: gli omicidi Agostino, Cassarà, la crudele uccisione del piccolo Claudio Domino, le stragi in Sicilia, quelle di Roma, Firenze e Milano, l' attentato dell' Addaura a Giovanni Falcone.

GIOVANNI AIELLO GIOVANNI AIELLO

 

Una sinergia «benedetta da influenti dirigenti degli apparati investigativi che sembrano ubbidire a logiche di natura più «geopolitica» che al dovere di ricerca di verità e giustizia.

Teatro di questo macello a cielo aperto una stradina della borgata marinara di Palermo (Arenella), il vicolo Pipitone, sede di uno «scannatoio» di Cosa nostra frequentato non solo da killer e boss mafiosi ma anche da carabinieri (che addirittura ne proteggevano la privacy) e persino da alti funzionari dello Stato che, rivelano relazioni investigative e interrogatori, monitoravano in tempo reale il via vai da e per vicolo Pipitone.

 

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Ma non è, questa, l'unica sbalorditiva scoperta. Lirio Abbate è riuscito a disseppellire dall' anonimato l' identità della donna che, quanto sembra, con Giovanni Aiello viene notata a Roma, Milano e Firenze sui luoghi delle stragi del 1993. E sorprendentemente apprendiamo che si tratta di una signora, oggi sessantenne, appartenente all'organizzazione atlantica Gladio, addestrata militarmente, sposata ad un ex «gladiatore» con simpatie destrorse.

 

Il libro offre nome, cognome, foto e storia personale della donna, che potrebbe essere la stessa indicata dai testimoni oculari degli attentati, la «Antonella» coi capelli a caschetto più volte segnalata accanto a «Faccia da mostro» durante i diversi incontri avuti con esponenti della 'ndrangheta calabrese.

 

GIOVANNI AIELLO "FACCIA DA MOSTRO" GIOVANNI AIELLO "FACCIA DA MOSTRO"

E' presumibile che si riparli ancora di Aiello, di «Antonella» e di vicolo Pipitone.

Tante sono le vicende ancora aperte e non risolte. In un altro libro, per esempio, «Faccia da mostro» appare ancora sullo sfondo di un' altra storia tragica: l' assassinio di Luigi Ilardo, un ex boss catanese ucciso pochi giorni prima che ufficializzasse, nero su bianco, la propria collaborazione con lo Stato. La figlia, Luana, ha affidato il racconto sulla vita e sulla tragica fine del padre ad Anna Vinci e così è nato Luigi Ilardo. Omicidio di Stato (Chiarelettere, pp. 240, 16 ).

 

GIOVANNI AIELLO GIOVANNI AIELLO

Anche questa è una storia di tradimenti istituzionali. Luana, ovviamente, racconta da figlia innamorata del padre, ma il quadro che fa da sfondo al labirinto dove Ilardo si è perso è davvero inquietante. Prima di cercare il «contratto» con lo Stato, Ilardo aveva collaborato con un ufficiale del Ros e lo aveva portato ad un passo dalla cattura di Bernardo Provenzano. La cattura non era avvenuta perché i vertici del Ros avevano deciso di non entrare nel casolare di Mezzojuso (Palermo) dove il boss riceveva e dialogava coi capifamiglia della zona.

 

Lo Stato aveva creduto a Ilardo convocandolo a Roma per farlo entrare nel servizio di protezione. Il boss aveva già parlato di mafia e politica e altro poteva aggiungere. Per esempio notizie sull' esistenza di un killer di Stato dalla faccia deturpata in stretta correlazione con la mafia catanese. Ma il «contratto» venne rinviato di una settimana e Cosa nostra arrivò prima.

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