CI MANCAVA LO “STALKER SCOREGGIONE” - DUE GUARDIE DEL “MUSEO DELLE CULTURE” A MILANO ACCUSANO UN LORO COLLEGA DI MOLESTARLE CON FRASI A SFONDO SESSUALE E PETI - LE DUE DONNE, DI 50 E 60 ANNI, LAMENTANO COMPLIMENTI ESPLICITI, FRASI VOLGARI E PUZZETTE CHE PROCURAVANO UN “PERDURANTE E GRAVE STATO D’ANSIA E DI PAURA”

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PUZZE E FLATULENZE PUZZE E FLATULENZE

Mario Consani per www.ilgiorno.it

 

Tecnicamente si tratta di “rumori corporali”. Un vecchio film con Ugo Tognazzi raccontava la storia di un artista di quei “rumori”, capace di adattarli a qualunque melodia. Ma non sembra questo il caso denunciato da due guardie museali del Mudec, il Museo delle culture in zona Navigli, che accusano un loro collega di molestarle con frasi a sfondo sessuale e con «rumori tratti dal proprio corpo». Chiuse le indagini sulla vicenda, la Procura ha chiesto per l’uomo il rinvio a giudizio. Potrebbe essere il primo processo al mondo contro uno stalker sospettato di «petomania».

 

La vicenda, con aspetti decisamente surreali, nascerebbe però da un episodio reale di molestie. Le due vittime, entrambe tra i 50 e i 60, dovrebbero sopportare già da tempo, secondo l’accusa, l’atteggiamento di uno dei custodi che non avrebbe risparmiato nei confronti delle poverette l’intero armamentario del perfetto maschilista. E dunque gli ammiccamenti quando sembrava che la tattica potesse funzionare, poi i complimenti espliciti anche un po’ pesanti, fino alle frasi allusive o più platealmente volgari.

 

SCOREGGIA SCOREGGIA

E fin qui, in fondo, niente di particolarmente originale, tenuto conto della frequenza non più insolita, anche sui luoghi di lavoro, di contesti del genere. Ma nella denuncia che le due guardie del Mudec hanno depositato alla magistratura tramite il loro legale c’è qualcosa di più e di diverso, questo sì decisamente singolare. Il racconto di una modalità di stalking finora forse inedita per i tribunali, quella di uno stress emotivo causato alle vittime dal protagonista che avrebbe a questo scopo utilizzato i propri rumori corporali.

 

E dunque nel capo di imputazione contestato al custode si fa preciso riferimento al fatto che il presunto petomane, dall’interno della guardiola, «produceva con il proprio corpo rumori molesti», spesso disturbando le due colleghe «in modo da cagionare in loro un perdurante e grave stato d’ansia e di paura», condizione psicologica necessaria perché possa essere contestata la condotta dello stalking.

 

Dall’accusa di “atti persecutori”, reato punito con pene da sei mesi a quattro anni, la guardia del Mudec dovrà dunque difendersi ora davanti al giudice: per quanto riguarda la modalità dei «rumori» dovendo provare a smontare una prova fondata, probabilmente, su alcune registrazioni sonore.

FLATULENZE FLATULENZE

 

Certo ci si può anche divertire a immanginare, nello sviluppo dell’eventuale processo, situazioni piuttosto originali in tema di acquisizione delle prove per quanto riguarderà l’esplicita modalità del reato. Come potrà, l’imputato, dimostrare ad esempio la propria inabilità a produrre rumori corporali tali da aver cagionato in qualcuno «il grave stato d’ansia e di paura»? Il film con Tognazzi, di tanti anni fa, ripercorreva le vicende di un fantasista francese passato, a suo modo, alla storia. Il caso del custode milanese, più modestamente, potrebbe fare però giurisprudenza.

 

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