LA CINA È VICINA…E TI CUCINA - NEL MONDO CI SAREBBERO CIRCA 102 STAZIONI "SEGRETE" DELLA POLIZIA CINESE, UNDICI DELLE QUALI IN ITALIA (PIÙ CHE ALTROVE) - UFFICIALMENTE SERVONO A VELOCIZZARE PRATICHE BUROCRATICHE, MA PER GLI 007 ITALIANI AVREBBERO ALTRI SCOPI: SPIARE I CITTADINI ALL'ESTERO, CONTROLLARE I FLUSSI DI DENARO E IN ALCUNI CASI CONVINCERE CON LA VIOLENZA I CITTADINI CINESI A RITORNARE IN PATRIA - DA PECHINO NON COMMENTANO SULLA FUNZIONE DI QUESTI "CENTRI CULTURALI" E LA DIASPORA CINESE IN ITALIA…

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1. CENTO STAZIONI DI POLIZIA SEGRETE PER CONTROLLARE I CINESI NEL MONDO

Estratto dell'articolo di Antonello Guerrera e Giuliano Foschini per “la Repubblica”

 

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Centodue "stazioni di polizia" in tutto il mondo. Undici in Italia tra Prato, Firenze, Milano, Roma, Bolzano, Venezia e la Sicilia. […] In tutti gli atti ufficiali è scritto che gli uffici che la Cina ha aperto in tutto il mondo, ma in Italia più che altrove, servono soltanto a velocizzare pratiche burocratiche («facciamo patenti» hanno detto) ma il sospetto comune, anche ai nostri 007, è che quegli uffici servano anche ad altro.

 

A spiare i cittadini cinesi all'estero. A controllare i flussi di denaro tra l'Asia e il nostro Paese. Ma in alcuni casi anche a convincere con metodi non legittimi i cittadini cinesi a ritornare in Patria, senza passare dai trattati di cooperazione. […]

 

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A far scoppiare il caso delle stazioni cinesi sparse nel mondo è stata la Ong Safeguard Defenders che ha pubblicato nei giorni scorsi un rapporto - rimbalzato sulle pagine dell'Espresso in Italia e ieri del Guardian - per denunciare quello che da tempo era già esploso: soltanto nel nostro Paese due interpellanze parlamentari erano state presentate. […]

 

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Repubblica è venuta a conoscenza, però, che la nostra intelligence sta compiendo dalla scorsa primavera alcuni accertamenti perché troppe cose non tornano, in Italia come all'estero.  Tutto è nato con la massiccia campagna di Pechino per combattere le frodi da parte di cittadini cinesi residenti all'estero - grazie alla quale già 210mila cinesi sono stati "convinti" a ritornare in patria lo scorso anno - l'Ong ha rintracciato l'origine di queste stazioni. […] Una rete presente ora in 53 Paesi. La stragrande maggioranza degli uffici è stata istituita a partire dal 2016: ben prima, dunque, del Covid.

 

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Tutte fanno capo a quattro dipartimenti di sicurezza di altrettante città cinesi: Nantong, Qingtian, Wenzhou e Fuzhou. Tra le persone costrette a tornare a casa ci sarebbero anche gli obiettivi dell'Operazione caccia alla volpe, la campagna lanciata nel 2014 dal presidente Xi Jinping per andare a riacchiappare i funzionari di Partito corrotti fuggiti all'estero. […]

 

Da Pechino è impossibile avere una risposta. […] Repubblica ha contattato quattro numeri del Ministero della Pubblica Sicurezza cinese chiedendo spiegazioni: in due settimane nessuna risposta ai nostri messaggi lasciati in segreteria.

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 L'unica, sempre la stessa, l'hanno fornita i vari portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino in alcune conferenze stampa: «Quelle che sono state definite "stazioni di polizia" sono in realtà centri per i servizi per i cinesi all'estero […]: i centri hanno lo scopo di aiutare i cinesi in questioni burocratiche. Le persone che lavorano in queste sedi sono volontari delle comunità locali. […]». Non si capisce però perché questo lavoro non possa essere svolto dalle ambasciate o dai consolati.

 

2. SBARRE ALLE FINESTRE E VETRI SCURI L'UFFICIO NELLA CHINATOWN DI PRATO ABBANDONATO DOPO LE POLEMICHE

Estratto dell'articolo di Andrea Vivaldi per “la Repubblica”

 

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Quartiere di Chinatown. Via Orti del Pero. Appena fuori dalle vie commerciali in cui campeggiano insegne di rosticcerie cinesi e vetrine d'abbigliamento scontato, si scorge un'anonima palazzina di un solo piano. Ha delle tende verdi strappate, sulla facciata laterale strisce di muffa nera. C'è solo una porta. Ampia e in ferro.

 

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Dietro di essa, secondo un'inchiesta internazionale avviata dalla Ong spagnola Safeguard Defenders, si troverebbe una stazione segreta cinese di polizia, camuffata da un centro servizi. […] Impossibile anche scorgere gli interni: le finestre hanno sbarre strette, i vetri sono scuri o coperti con pannelli di plexiglas opachi e sporcati dall'usura. Il campanello è stato sradicato.

 

Bussando, al centro culturale, nessuno apre. È così da qualche settimana, quando si è cominciato a parlare per la prima volta di un ufficio di polizia cinese all'interno. Il gestore ha detto di averlo chiuso perché la notizia aveva creato troppo scalpore e ha preferito interrompere l'attività[…]

 

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E poi un grande telo bianco con una telecamera collegata, raccontano fonti del Comune, ad alcuni uffici amministrativi in Cina. La Questura di Prato ha già svolto accertamenti, ma non sembrano essere emersi elementi particolari. Il 21 dicembre la deputata Erica Mazzetti (FI), che a ottobre aveva già acceso i riflettori sulla sede di Prato, incontrerà il ministro degli Interni Matteo Piantedosi per discutere di un luogo con ancora molti punti interrogativi. Anche per i residenti e gli stessi negozianti a fianco sembra essere uno spazio fantasma.

 

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A lato dell'Associazione c'è un barbiere a conduzione cinese, come praticamente ogni attività nel raggio di decine di metri. Il titolare, appena menzionato il centro, inizia a scuotere rapido la testa: «Non so nulla», dice. E a un tratto pare non comprendere più neppure quale sia il posto. […] Il copione è lo stesso in ogni attività all'incrocio, dove nessuno sembra avere idea o voglia di raccontare cosa accada dietro quella porta.

 

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