I COGLIONI DEL POLITICALLY CORRECT - A CHARLESTON UN GRUPPO DI BIANCHI METTE IN SCENA IL MALTRATTAMENTO DEGLI SCHIAVI, CON I SEGNI FINTI DELLE FRUSTATE SULLA SCHIENA, PER RICORDARE LE PENE INFLITTE DAI SEGREGAZIONISTI AGLI AFROAMERICANI: “PENSATE SE QUESTA FOSSE STATA LA VOSTRA STORIA” – UNA SCENEGGIATA CHE NON È PIACIUTA NEMMENO AI NERI CHE HANNO GIUSTAMENTE PENSATO SI TRATTASSE DI UNA CARICATURA – PESTA UN MERDONE ANCHE IL PILOTA DELLA NASCAR BUBBA WALLACE CHE… - VIDEO

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Andrea Morigi per "Libero"

 

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Erano partiti con le migliori intenzioni, i pochi "visi pallidi" appartenenti al gruppo Stand As One che ieri a Charleston, nella Carolina del Sud, si sono fatti incatenare e condurre da un "padrone di schiavi" di colore. Sulla schiena, si erano procurati i segni - con un trucco da film horror - delle scarnificazioni causate dalle frustate inflitte dai segregazionisti agli afroamericani e poi avevano messo in scena la loro fantasiosa rappresentazione storica durante una manifestazione locale dei Black Lives Matter.

 

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Con sé, per spiegare il senso della performance, si erano portati un paio di cartelli esplicativi, peraltro rivolti agli statunitensi di pelle bianca: «Pensate se questa fosse stata la vostra storia» e «Flagelli in offerta».

 

Nel secondo atto, una donna bionda si precipitava a offrire acqua al cittadino nero che le aveva ordinato di portargliela. Magari fosse così facile riparare i torti subiti da un'intera popolazione vittima per secoli di discriminazione razziale. Nemmeno l'estrema umiliazione del gesto autolesionista è servita ad accontentare la sete di vendetta che circola in America da qualche settimana, dopo l'omicidio di George Floyd a Minneapolis. Non è nemmeno detto che un sincero odio di sé e un pentimento storico globale si possano davvero rivelare soddisfacenti, soprattutto se non si è disposti a fare sul serio.

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LA PAGLIACCIATA

Ai militanti antirazzisti, che non sono affatto degli ingenuotti, infatti la pagliacciata non è piaciuta per niente, tanto che hanno subito intimato di cessare quella provocazione politica. Thomas Novelly, reporter del The Post and Courier e di Usa Today, ha filmato il confronto fra le due anime del movimento, postando poi su Twitter le immagini di una giovane donna nera che intima all'improvvisato, non invitato e non gradito gruppo di bianchi di smetterla e li invita ad andarsene per non depistare il significato originario della protesta.

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Farsi sottrarre il monopolio del vittimismo significherebbe che gli "oppressori" non hanno più nulla da farsi perdonare. E a quel punto diverrebbe inutile l'abbattimento di statue di colonizzatori, esploratori ed evangelizzatori e financo delle sculture mariane e dei crocifissi, come propongono le frange più estreme del movimento? Tanto più che ora si scopre che i simboli sudisti non sempre si possono associare con le impiccagioni praticate dagli incappucciati del Kkk.

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Almeno non nel caso di Bubba Wallace, l'unico pilota nero della Nascar, il campionato di corse d'auto più popolare d'America, che si è trasformato in un boomerang per la causa degli afroamericani. Come pilota nero in un mondo dominato dai Wasp (white anglo saxon protestant), Bubba aveva chiesto pubblicamente di togliere le bandiere confederate, associate all'America del Sud, schiavista e razzista. I vertici della Nascar, il 10 giugno, avevano accettato la proposta, rischiando di creare malumore tra i tifosi e, dicono, allo stesso presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Wallace aveva corso con la sua Chevrolet numero 43 tutta verniciata di nero e la scritta «#blacklivesmatter».

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IL CAPPIO FINTO

Il mondo dello sport si era stretto intorno a lui il 21 giugno, a Talladega, Alabama, dopo il ritrovamento di una corda all'interno del box in cui si trovava la macchina di Wallace. Poi, dagli sviluppi dell'indagine, è risultato che il cappio era in realtà una corda usata per tenere aperto il portellone del garage, era lì almeno dall'anno scorso ed è presente anche in altri box. L'Fbi esclude il crimine d'odio.

 

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Intervistato dalla Cnn, Wallace ha ribadito la sua posizione: «Per me quello era un cappio vero e proprio, non una semplice corda con il nodo. Se c'era dall'anno scorso, non era diretto a me, ma era un cappio». Lo ha beffato anche la sua Chevrolet, fermandosi durante la gara. A Wallace, protagonista della tragicommedia, non è restato che uscire e chinare la testa contro la portiera della macchina, singhiozzando.

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