Emiliano Fittipaldi per https://espresso.repubblica.it
Dentro il pozzo oscuro dello scandalo Consip ci sono tante cose. C’è l’inchiesta romana che ha portato qualche giorno fa al rinvio a giudizio di alti ufficiali dei carabinieri e di un pezzo grosso del Pd come Luca Lotti, accusati di aver fatto trapelare notizie riservate e aver rovinato volutamente le indagini sul grande appalto da 2,7 miliardi di euro della procura di Napoli.
C’è lo scontro tra i pm di Roma e il maggiore Gianpaolo Scafarto, l’investigatore accusato di falso e depistaggio, ma prosciolto da ogni accusa dal Gup Clementina Forleo la scorsa settimana. E le presunte manovre di Tiziano Renzi e del suo sodale Carlo Russo, entrambi indagati per traffico di influenze illecite per aver tentato di favorire i business dell’imprenditore Alfredo Romeo (i magistrati hanno chiesto per la seconda volta l’archiviazione del babbo del leader di Italia Viva: il gip deciderà a giorni se dare l’ok, ordinare altre indagini oppure procedere con un’imputazione coatta).
Ma nel vaso di Pandora di Consip c’è pure l’altro filone. Quello incentrato sulla figura di Romeo, assurto fin da principio a “grande corruttore” dell’affaire. Tutto lo scandalo parte da lui. O meglio, dalle accuse di corruzione della procura di Napoli e dei carabinieri del Noe contro il boss indiscusso del facility management nazionale.
Romeo nel marzo del 2017, dopo che le carte partenopee gonfie di intercettazioni vengono spedite per competenza nella Capitale, viene arrestato. L’accusa è grave: aver comprato un alto dirigente della Consip, Marco Gasparri, per ottenere notizie riservate dei bandi di gara, e vincere poi i lotti della gara FM4, la più ricca d’Europa, con il trucco.
Accuse che appaiono circostanziate: perché è lo stesso Gasparri che, dopo 9 giorni da una prima perquisizione, decide di vuotare il sacco davanti ai pm napoletani Henry John Woodcock e Celeste Carrano, ammettendo di aver preso denaro in contanti direttamente dalle mani di Romeo, e spiegando di aver venduto all’imprenditore di Cesa la sua funzione pubblica intascando somme ingenti per quattro anni. La mazzetta finale arriverebbe, secondo i pm, a circa 100 mila euro.
La confessione piena e la chiamata in correità ha portato Gasparri, nel settembre 2017, a patteggiare un anno e otto mesi di carcere, e ha sprofondato Romeo nel gorgo del processo di cui giovedì scorso si è tenuta la prima udienza. In aula l’imprenditore si gioca non solo una condanna penale, ma anche il futuro della sua Romeo Gestioni: dopo l’inchiesta e le accuse di Gasparri la società è stata esclusa prima dalla gara incriminata, la FM4, poi da altri sei bandi di Consip dal valore di centinaia di milioni di euro.
Tutti erano certi che Romeo - che ha sempre dichiarato di non aver mai girato un centesimo a Gasparri - si sarebbe difeso fin da subito con le unghie e con i denti. Ma nessuno poteva immaginare il colpo di scena che aveva in canna. L’avvocato di Romeo Gian Domenico Caiazza ha infatti chiesto ai giudici di depositare agli atti del processo il rapporto di un’agenzia di intelligence privata, la Dogma.
Si è scoperto così che lo scorso marzo l’imprenditore ha deciso di ingaggiare un gruppo di investigatori a cui ha delegato indagini difensive preventive. Obiettivo principale degli agenti di Dogma (tra cui ci sono molti ex carabinieri) è proprio il grande accusatore del loro cliente, Marco Gasparri. Che è stato pedinato e fotografato per 101 giorni, dalla mattina alla sera, alla ricerca spasmodica di elementi che potessero essere utili alla difesa di Romeo.
Ebbene, secondo gli avvocati difensori gli investigatori privati avrebbero fatto bingo. Trovando evidenze di «costanti rapporti di lavoro», si legge nel report di Dogma, «l’architetto Gasparri» e una società, la Team Service, «la quale, già classificatasi seconda in graduatoria nei lotti 3 e 18 della gara FM4 bandita da Consip, in conseguenza dell’esclusione dalla suddetta gara derivante dalla chiamata in correità di Alfredo Romeo da parte del Gasparri, diviene prima in graduatoria in luogo della Romeo Gestioni spa, per un importo pari a circa 388 milioni».
Da marzo 2019 fino allo scorso 1 ottobre, Gasparri è stato seguito «per un totale di 101 giorni esclusi i sabato e le domeniche», e sarebbe stato visto entrare e uscire negli uffici dei rivali di Romeo per 51 volte. «In particolare, lo stesso è stato notato più volte» scrivono allegando fotografie e riprese video «alla stessa finestra degli uffici occupati dalla direzione della Team Service al sesto piano».
Il rapporto degli 007 di Romeo mette l’accento su quelle che sarebbero altre evidenze. L’esistenza di una società di consulenza di Gasparri aperta a marzo del 2018, a qualche mese dal patteggiamento, chiamata Magas (che quell’anno, risulta all’Espresso, ha fatturato 76 mila euro).
luca lotti esce dal tribunale di roma dopo l'udienza preliminare sul caso consip 7
E anche i rapporti professionali di un fratello dell’architetto Gasparri, che frequenterebbe anche lui «costantemente» gli uffici della Team Service. L’Espresso ha cercato l’architetto e i vecchi concorrenti di Romeo per capire se e quando avessero affidato incarichi professionali all’ex direttore Consip dopo il patteggiamento per corruzione: al telefono hanno confermato che Gasparri è di casa («non è ancora arrivato in ufficio», spiegano), ma né lui né i dirigenti dell’azienda ci hanno richiamato.
IN AFFARI COL NEMICO
Oltre i rapporti con chi ha preso il posto della Romeo come possibile vincitore di alcuni lotti della gara FM4, il dossier fa le pulci anche al tenore di vita di Gasparri, sostenendo che l’ex funzionario spiato «a differenza di quanto da lui affermato in fase di incidente probatorio, dove lo stesso dichiara di aver dimezzato il suo tenore di vita», avrebbe invece un livello di spese personali elevate. Lo dimostrerebbe la frequentazione assidua del Circolo Tiro a Volo di Roma, i ristoranti di lusso, gli hotel «medio alti», le visite a centri massaggi e viaggi in prima classe.
Caiazza, sentito dall’Espresso, spiega che a suo parere le scoperte saranno utili per smontare le accuse contro “il grande corruttore”. «I rapporti tra Gasparri e la società che grazie alle sue dichiarazioni contro Romeo è diventata aggiudicataria di bandi da centinaia di milioni di euro sembrano lampanti. Ora è legittimo chiedere al tribunale di verificare se questo rapporto nasca nel contesto di un accordo. E se dunque le dichiarazioni accusatorie possano avere avuto una spiegazione diversa da quella che viene data da Gasparri. Questo dossier evidenzia che Gasparri non è più credibile. E a parte le sue parole, non ci sono a nostro parere riscontri confermativi delle mazzette di cui lui parla».
Il report di Dogma mette in evidenza pure quelli che, a parere della difesa, sarebbero altri punti deboli dell’accusa. Come la relazione di servizio dei Carabinieri del Noe sull’attività che portò alla prima identificazione su un taxi di Gasparri a fine novembre 2016 (redatta mesi dopo e firmata da un militare che però, quel giorno, sarebbe stato in Sardegna come dimostrerebbero alcuni post su Facebook); il fatto che nel decreto di perquisizione del 7 dicembre 2016 deciso dalla procura di Napoli si farebbe riferimento «a fatti specifici che vengono evidenziati dal Gasparri» solo nell’interrogatorio di 9 giorni dopo; e la discordanza delle dichiarazioni di Gasparri, che se ammette di aver preso soldi ai pm a dicembre 2016, a marzo 2017 avrebbe poi negato «nelle giustificazioni inviate a Consip... di aver percepito somme di denaro» da Romeo.
I PM: ABBIAMO LE PROVE
Insomma, il colpo di scena servirebbe a screditare completamente il test che ha portato Romeo in galera. Cercando di aprire scenari che per la procura di Roma appaiono però altamente improbabili. Fonti di Piazzale Clodio si dicono più che tranquille dagli elementi di prova che hanno in tasca. Che Gasparri possa lavorare oggi per un’azienda di facility management non desta allarme: Gasparri è un esperto del ramo (Romeo lo chiamava il “prototipatore”) e nel campo - dopo aver lavorato per oltre tre lustri in Consip - è certamente uno dei più bravi.
Oltre alla confessione di Gasparri (il gip Gaspare Sturzo che ne ordina gli arresti nel 2017 evidenzia «l’assenza di motivi per rendere false dichiarazioni a carico del Romeo»), i pm romani hanno in mano anche “pizzini” con il nome dell’architetto, e alcune intercettazioni in cui l’allora funzionario Consip dà all’imprenditore indicazioni tecniche per correggere gli “errori” dei consulenti che progettavano le gare («senza il suo intervento Romeo con molta probabilità sarebbe stato escluso da tutti i lotti ai quali ha partecipato», chiosa Sturzo nel dispositivo).
Soprattutto, hanno in tasca quelle in cui si parlerebbe chiaramente di promesse di passaggio di denaro tra i due. «Però avvocato una cosa! Mi è rimasto “quaranta” indietro...», dice Gasparri a Romeo in uno degli ultimi incontri, a ottobre 2016, prima di salutarsi. «Va bene» risponde Romeo. «Ma tanto eh? Sto in difficoltà, vediamo...». «No, fra poco... C’ho una buona notizia oggi. No, va bene!».
E Gasparri, bisbigliando: «È... per quello. Ce la fa?». «Sì sì» chiude Romeo. Prova inconfutabile di scambi di soldi, secondo l’accusa. Mentre la difesa spiega che Gasparri non dice «quaranta indietro», ma «ma tanto indietro». Frase che non sarebbero affatto da collegare «alla disponibilità di Romeo di sborsare una cifra importante, 40 mila euro» come sostiene l’accusa, ma ad aspetti tecnici legati ai bandi di gara a cui la Romeo Gestioni sta partecipando.
Vedremo. I rapporti tra Romeo e Gasparri, certamente in pieno conflitto d’interessi, durano anni. E i magistrati puntano sull’altissima probabilità che il funzionario, per aiutare il gruppo Romeo, sia stato per forza ricompensato. Come lui stesso ha ammesso a verbale, aggiungendo pure che l’imprenditore napoletano gli avrebbe chiesto anche di concordare una versione di comodo per inquinare le prove.
Per i pm l’architetto avrebbe venduto la sua funzione di pubblico ufficiale non solo in cambio di tangenti prese in contanti «dal “nero” dell’albergo di Romeo a Napoli», ma anche con promesse di ulteriori benefici. In altre intercettazioni, in effetti, i due parlano di altri business, di «un bonus inglese», che secondo l’accusa nient’altro sarebbe che la promessa fatta da Romeo a Gasparri di diventare capo di una struttura allocata in un hotel in Inghilterra di proprietà dell’imprenditore «funzionale per gestire la gare d’appalto».
PALAZZO SAN GIACOMO - SEDE DEL COMUNE DI NAPOLI
Il metodo criminale che per i pm sarebbe confermato da altre imputazioni portate avanti dalla procura di Napoli, che in un altro processo sta tentanto di inchiodare Romeo per diversi presunti episodi corruttivi, come favori e regali ad alcuni ex dirigenti e dipendenti del Comune di Napoli, e a una funzionaria della Soprintendenza di Roma.
«In questo caso la prova del fatto che io sia un corruttore è una pianta grassa, un myrtillocactus del valore di una quarantina di euro. Se fossi un giudice sereno direi: “Ma mi faccia il piacere”» ha ironizzato Romeo qualche giorno fa in una nota. «Io per l’opinione pubblica sono divisivo al 50 per cento. Diavolo o vittima. Buono o cattivo. Per me si tifa contro o a favore. Difficile che qualcuno si applichi a vedere i fatti. Spero però che lo faranno i giudici di merito».