LE CORNA AL TEMPO DELLE “SPY APP” - SI POSSONO INSTALLARE "SPIE" SUL CELLULARE DEL CONIUGE MA IL MATERIALE NON VALE IN TRIBUNALE E SI POSSONO RISCHIARE DENUNCE PENALI PER VIOLAZIONI DELLA PRIVACY

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Federico Genta per La Stampa

 

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Quanto è difficile tradire ai tempi degli smartphone. Basta un' app per conoscere in tempo reale spostamenti, conversazioni, mail e messaggi di coniugi e fidanzati. Ma attenzione, se pensate di poter mettere tutto questo materiale tra le mani di un avvocato, vi sbagliate di grosso.

 

Anzi, rischiate una denuncia. È quello che è successo a una moglie torinese, in causa di separazione con il marito. Lei voleva dimostrare al giudice le marachelle del marito. Invece si è ritrovata in un mare di guai. Tanto che il detective improvvisato che si è prestato ad aiutarla, naturalmente dietro compenso, è stato addirittura arrestato.

 

Tutta colpa delle «spy app». Del tutto simili ad un sistema d' allarme gps, una volta installate su un cellulare trasferiscono tutte le informazioni raccolte verso un altro numero di telefono. Le più semplici sono gratuite, quelle più complete possono arrivare ad avere un costo mensile di oltre cento euro.

 

Manco a dirlo, come tutte le cose che riguardano i cellulari, sono programmate per un uso fai da te. Ma se proprio non si ha dimestichezza con le recenti tecnologie, ci si può sempre rivolgere ad altri. Ecco come è andata a Torino. La signora sospetta che il marito non gliela conti giusta.

 

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Consigliata - decisamente male - da alcuni conoscenti, decide di rivolgersi a quello che credeva essere uno specialista. E il sedicente detective le spiega come fare. C' è soltanto un problema: mettere le mani sul telefonino del presunto traditore. Inghippo superato usando come ponte quello della figlia. Così, scoperta l' attività di spionaggio via smartphone, l' uomo si rivolge agli agenti della polizia postale e ha denunciato la moglie. E loro, concluse le indagini, hanno pure arrestato il professionista. Che in realtà, più che un hacker, era un truffatore specializzato in raggiri e nell' utilizzare carte di credito clonate.

 

Secondo i dati raccolti dall' Associazione avvocati matrimonialisti italiani, i messaggini di WhatsApp compaiono ormai in quasi la metà delle cause di separazione e divorzio. Le «spy app», invece, sembrano un fenomeno decisamente più recente.

 

Nessun caso finito sul tavolo degli agenti di Roma e appena tre denunce, tutte inerenti a questioni familiari, a Torino. Denunce, certo, perché un conto è cercare con ogni stratagemma possibile le prove di un tradimento. Un conto è trasformare lo stesso mezzo utilizzato per scoprirlo in una prova da portare in tribunale.

 

Le regole sono le stesse che valgono per le riprese audio-video: i protagonisti di registrazioni e immagini devono sapere della presenza delle telecamere.

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Insomma, per dirlo con le parole di Annamaria Bernardini De Pace, la più famosa matrimonialista d' Italia, la violazione della privacy resta la prima e più grave violazione dei diritti coniugali. Anche in questi casi, però, sembrano esserci i trucchi. «Ormai messaggi, chat e screenshot di conversazioni sono accettati come prove in quasi tutte le cause di separazione - conferma Bernardini -.

 

Il rischio è di ricevere una denuncia penale in separata sede, ma per evitarla basta, in presenza di sospetti o di messaggi accertati, richiedere al gestore telefonico, tramite il tribunale, il traffico telefonico del cellulare incriminato. E il gioco è fatto». Le signore, in questo senso, si sono già dimostrate le più furbe. Quantomeno poco inclini a falsi passi tecnologici. «Tra i casi che mi sono capitati, ricordo quello di una donna che, dopo aver regalato l' iPhone al marito, vi ha installato un' app per rintracciarlo in caso di furto: grazie al gps lo ha scoperto e immortalato con l' amante mentre usciva da un motel».

 

 

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