Ilaria Carra per “la Repubblica”
Si cercano volti, tracce, legami. Indizi che possano aiutare a dare un nome agli autori delle aggressioni ai danni di cinque adolescenti lombarde di ritorno da Gardaland sul treno regionale Verona-Milano lo scorso 2 giugno.
Il fascicolo in procura a Verona è aperto per violenze sessuali - ben più delle molestie - ancora contro ignoti. Che, se e quando ci saranno, si vedranno verosimilmente contestato anche l'aggravante dell'odio razziale.
Un'inchiesta con priorità da codice rosso rispetto a quella, parallela, che accerterà le responsabilità dei danneggiamenti, delle risse e delle tentate rapine durante il maxiraduno di centinaia di ragazzi, per lo più di origine africana, che il giorno della festa della Repubblica hanno invaso e creato disordini sulla spiaggia tra Peschiera del Garda e Castelnuovo. Eppure i timori alla vigilia non erano mancati: la sindaca di Peschiera aveva chiesto aiuto alle forze dell'ordine, ma l'allarme è caduto nel vuoto.
le ragazze molestate sul treno da gardaland
Le indagini sono a tappeto. Ma difficili. La Polfer di Milano assieme a quella di Verona sta recuperando i video di tutte le telecamere delle stazioni. «In particolare di Brescia e di Milano, ma anche di quelle intermedie ». «Faremo accertamenti - dicono dalla Mobile veronese - sulla base di quelle immagini».
Che saranno mostrate alle cinque vittime, tra i 16 e i 17 anni, a caccia di un riconoscimento. Le giovani sono salite sul treno delle 18, stracolmo, «c'era un caldo asfissiante, ci hanno aggredite alle spalle, palpeggiate, eravamo in balia di quei ragazzi» hanno scritto nelle cinque denunce. Il branco era composto da una trentina di ragazzi, alcuni sarebbero stati identificati, ma al momento non è stato possibile collegare un nome a una responsabilità penale.
E saranno indagini complicate: le telecamere, anche quando restituiscono immagini utili, immortalano la folla sulle banchine della stazione e non cosa sia accaduto a bordo del treno. Quello che agli investigatori è ormai chiaro è il nesso tra i partecipanti al raduno di Peschiera e le aggressioni alle ragazze con frasi tipo «le bianche non salgono, siete delle privilegiate»
Il sindaco di Peschiera, lista civica vicina al centrodestra, Orietta Gaiulli, ricorda che «già nel 2020 avevamo avuto un centinaio di ragazzi africani sulla spiaggia libera di Castelnuovo, poi diventati 5-600 l'anno dopo, con disordini e un annegamento. Allora il prefetto introdusse un filtro nelle stazioni per prevenire nuovi disordini: identificazioni, video, controllo del biglietto. E il problema sembrava risolto».
Invece la scorsa settimana si è ripresentato, e per il sindaco c'è stata «una sottovalutazione » del rischio. Tanto che ora chiede «le dimissioni di chi non mi ha dato ascolto».
E aggiunge: «Il 30 maggio ho avvisato prefetto e questore che le bande erano tornate e ho chiesto un servizio di prevenzione, il 31 ho allertato i carabinieri e la polizia di Peschiera che si rischiavano problemi per il video virale su Tik Tok che richiamava al raduno gente malintenzionata. Il 1 giugno il questore ha emesso un servizio di controllo ma decisamente sottodimensionato. Infatti è stato un disastro: il treno delle 13 del 2 giugno ha portato un migliaio di ragazzi che hanno devastato la spiaggia e la città ».
Sul posto c'erano alcune pattuglie di polizia e carabinieri, «troppo poche, hanno dovuto chiamare i rinforzi ma era tardi». In questura nessuno vuole commentare.
E il prefetto di Verona, Donato Cafagna, interpellato, preferisce tacere anche lui. Il padre di una vittima, che giovedì scorso ha recuperato la figlia a Desenzano dice che «era talmente agitata che le tremava la mano: non riusciva a tenere in mano una bibita».
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