COSE DI COSA NOSTRA - IL BUNKER DI MESSINA DENARO E IL SOSPETTO CHE LA CAMERA BLINDATA DIETRO UN ARMADIO SIA STATA “RIPULITA” DOPO L’ARRESTO DELLA PRIMULA ROSSA DI CASTELVETRANO – NON E' STATO TROVATO IL VAGHEGGIATO “TESORO DEL BOSS”: NÉ SOLDI, NÉ I PIZZINI DELLA CORRISPONDENZA MAFIOSA E NEANCHE L’ARCHIVIO DI RIINA CHE SECONDO ALCUNI PENTITI SAREBBE STATO EREDITATO DA MESSINA DENARO. PARE CI FOSSERO SOLO ALCUNI APPUNTI E...

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Estratto dell’articolo di Giovanni Bianconi per corriere.it

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Saranno le impronte digitali a dare la conferma se la camera blindata trovata ieri in un appartamento del centro di Campobello di Mazara, ad appena un chilometro dalla «residenza ufficiale» del capomafia, sia stato il nascondiglio segreto di Matteo Messina Denaro. Finalmente, dopo l’arresto, è possibile fare queste comparazioni: da lì verrebbe la certezza, e i carabinieri del Ris sono al lavoro.

 

Se invece non ci fossero tracce dell’ex latitante, nemmeno di altro genere, resterebbero gli altri indizi che hanno portato gli investigatori nel piccolo bunker di via Maggiore Toselli, nascosto dietro il fondo scorrevole di un armadio attaccato alla parete di una stanza. Nel quale però non sarebbe stato trovato il vagheggiato «tesoro del boss»: né soldi, né i tradizionali pizzini della corrispondenza mafiosa, o addirittura l’archivio di Totò Riina che secondo alcuni pentiti sarebbe stato ereditato da Messina Denaro. Pare ci fossero appunti e qualche carta ancora da interpretare, alcuni monili e pietre apparentemente preziose, pezzi di argenteria, custodie di gioielli e scatole altrettanto vuote.

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Poco prima dell’ora di pranzo gli investigatori del Gico e del Ros sono arrivati a colpo sicuro nell’anonima palazzina a due piani tra i vicoli del paese, di proprietà di Errico Risalvato, 71 anni, nato a Castelvetrano come Messina Denaro, già arrestato nel 1998, coimputato del boss insieme ad altri presunti complici, processato e assolto nel 2001. Diciotto anni dopo, nel 2019, è stato perquisito in una maxi-operazione della polizia contro una rete di ipotetici favoreggiatori dell’ex latitante, proprio nella casa di via Maggiore Toselli dove ora abita anche la figlia.

 

Ipotesi ripulitura

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 Ieri, all’arrivo di finanzieri e carabinieri, Risalvato ha subito consegnato la chiave della porta blindata protetta dall’armadio a muro. Ed è saltata fuori una camera abbastanza grande da contenere una persona che si vuole nascondere, forse sfuggita (se già c’era) alla perquisizione di tre anni fa.

 

Di fronte a quei pochi valori (almeno rispetto alle attese) e alle scatole per lo più vuote, Risalvato ha sostenuto che si tratta di una sorta di ripostiglio-magazzino sicuro, utilizzato da lui e dalla sua famiglia. Nessun accenno a Matteo Messina Denaro. E il fatto che gli inquirenti non abbiano trovato quello che speravano di trovare — come sembra dalle poche indiscrezioni che filtrano sull’indagine segreta — non significa che quel nascondiglio non sia stato utilizzato dal boss. Perché dal suo arresto alla perquisizione, ordinata appena è arrivata l’informazione sull’esistenza del bunker, sono comunque trascorse 48 ore; un tempo sufficiente a chiunque per «alleggerire» la camera blindata dall’eventuale contenuto che si voleva proteggere e portarlo altrove.

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