Graziella Melina per "Il Messaggero"
C'è voluta l'analisi di 4.942 schede di morte di soggetti positivi al SarsCov2 perché alla fine la polemica che ha tenuto banco durante l'epidemia da Covid sulla effettiva letalità del virus si spegnesse in modo definitivo, e senza ulteriori strascichi e puntualizzazioni.
Ora il dato è ufficiale e lo certifica l'Istituto Superiore di Sanità insieme all'Istituto Nazionale di Statistica: il Sars Cov 2 è causa diretta di morte nell'89% dei decessi di persone positive, mentre solo per il restante 11% dei pazienti il decesso è dovuto a malattie cardiovascolari (4,6%), nel 2,4% a tumori, nell'1% a malattie del sistema respiratorio, e poi a diabete (0,6%), e a demenze e malattie dell'apparato digerente (rispettivamente 0,6% e 0,5%).
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I DATI Dal rapporto Impatto dell'epidemia Covid-19 sulla mortalità', che prende in considerazione il 15,6% del totale dei decessi notificati fino allo scorso 25 maggio, emerge poi che il Sars Cov 2 ha colpito soprattutto (nel 92%) le persone dai 60 ai 69 anni e nel 82% dei casi chi aveva meno di 50 anni. Tra le concause di morte, si confermano le cardiopatie ipertensive (18% dei decessi), il diabete mellito (16%), nel 13% le cardiopatie ischemiche, per il 12% i tumori (12%).
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Hanno avuto un peso nell'aggravamento della malattia anche (ma con frequenze inferiori al 10%) le malattie croniche delle basse vie respiratorie, le malattie cerebrovascolari, le demenze o la malattia di Alzheimer e l'obesità. Le complicanze di Covid che portano al decesso sono principalmente la polmonite (79% dei casi) e l'insufficienza respiratoria (55%).
Altre complicanze meno frequenti sono lo shock (6%), la sindrome da distress respiratorio acuto (Ards) ed edema polmonare (6%), le complicanze cardiache (3%), la sepsi e poi le infezioni non specificate (3%). Ma che il Sars Cov 2 non debba essere preso sottogamba neanche dai soggetti sani, gli esperti dell'Iss lo ribadiscono chiaramente: Covid-19 è una malattia che «può rivelarsi fatale anche in assenza di concause».
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E infatti, «non ci sono concause di morte preesistenti nel 28,2% dei decessi analizzati - come si legge nel rapporto - percentuale simile nei due sessi e nelle diverse classi di età». Solo tra 0-49 anni la percentuale di decessi senza concause è più bassa, pari al 18%. Il 71,8% dei decessi di positivi ha invece almeno una concausa: il 31,3% una, il 26,8% due, il 13,7% tre o più.
I COMMENTI «Finalmente questo rapporto conferma in maniera definitiva il dato sulla mortalità da Covid precisando che nella stragrande maggioranza dei casi la mortalità è legata direttamente alla presenza del virus - commenta Massimo Andreoni, direttore clinica malattie infettive del Policlinico Tor Vergata di Roma -. Questi dati attestano quella che è l'osservazione clinica abituale, ossia che anche in pazienti con precedenti comorbidità, in alcuni casi estremamente grave, la causa finale di morte è comunque strettamente legata alla presenza del virus.
Quindi - sottolinea Andreoni - la discussione legata al concetto se il paziente con Covid muore con Sars cov 2 oppure muore per colpa di Sars cov 2 finalmente trova una sua definitiva conferma sulla importanza che il virus riveste come causa di morte».
Anche Claudio Mastroianni, direttore della clinica malattie infettive del Policlinico Umberto I di Roma aveva già osservato sul campo la pericolosità del virus: «Ci siamo subito resi conto, soprattutto nella fase pandemica, come il virus rappresentava il movente principale, la causa iniziale che poi sfociava in complicazioni - ricorda -. Se non ci fosse stato il virus molti dei nostri pazienti probabilmente si sarebbero potuti salvare, non avrebbero avuto le complicanze che si sono verificate.
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Questo è un aspetto molto importante da considerare soprattutto nella diffusione massima del virus: all'inizio forse c'è stata un'esposizione continua e ripetuta a quantità di Sars Cov 2, documentata anche dagli esami autoptici. I dati oggi lo documentano, e i fatti ce lo dimostrano non solo qui in Italia, ma anche in Paesi dove la pandemia è esplosa. Negli Stati Uniti e in Brasile non credo che ci sarebbero stati tanti morti se il virus non fosse stato così diffuso».
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