DALL’INIZIO DELLA GUERRA, 5,3 MILIONI GLI UCRAINI HANNO RAGGIUNTO PAESI DELL'UNIONE EUROPEA - OGGI INVECE SONO PIÙ GLI UCRAINI CHE TORNANO IN PATRIA DI QUELLI CHE SCAPPANO - LO DICE L'ULTIMO BOLLETTINO DI FRONTEX, L'AGENZIA EUROPEA PER IL CONTROLLO DELLE FRONTIERE: TRA IL 25 E IL 31 MAGGIO QUASI 260.000 UCRAINI HANNO LASCIATO L'UE PER RIENTRARE A CASA - IN TOTALE, 2,3 MILIONI DI UCRAINI SONO TORNATI NEL LORO PAESE DALL'INIZIO DELLA GUERRA…

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PROFUGHI UCRAINI IN POLONIA PROFUGHI UCRAINI IN POLONIA

Mauro Evangelisti per “il Messaggero”

 

Quando il 24 febbraio Vladimir Putin diede l'ordine ai suoi generali di attaccare l'Ucraina, la piccola Kira era appena nata. Figlia di una giornalista ventisettenne di Odessa, una città che in fondo non è neppure tra le più sfigurate di questa feroce guerra, morì insieme alla madre durante un attacco missilistico che colpì, il 23 aprile, il palazzo in cui abitava.

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Kira aveva appena tre mesi e la sua è solo una delle tante tragedie che ci consegnano questi primi cento giorni di guerra. La sua foto, con la madre che le dà il latte, è struggente, ma purtroppo non è l'unica: ci sono le immagini del teatro di Mariupol, usato come rifugio, dove sotto le macerie sono rimaste almeno 600 persone; le donne incinte in fuga dall'ospedale della stessa città bombardata; le foto sconvolgenti dei cadaveri per strada a Bucha, alle porte di Kiev: civili uccisi dall'esercito russo come confermato anche dalle immagini satellitari.

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Certo, anche i numeri parlano: 4.000 sono i morti ufficiali tra i civili, ma quelli reali sono molti di più, visto che nella sola Mariupol si ipotizzano almeno 22.000 vittime.

Secondo quanto dice Zelensky, 100 soldati ucraini muoiono ogni giorno nel Donbass e circa il 20 per cento del territorio è stato preso dai soldati di Mosca (o delle due repubbliche autoproclamate fedeli al Cremlino). E Stoltenberg, segretario Nato, avverte: «La guerra durerà ancora a lungo».

 

Restano città sventrate dopo cento giorni di guerra: a Mariupol è danneggiato il 90 per cento degli edifici, nella non lontana Severodonetsk il 60 (in questo centro del Donbass 800 persone si sono rifugiate nei bunker antiaerei dei sotterranei della fabbrica chimica Azot). Sfigurate le vite di chi ci abitava e che, nella migliore delle ipotesi, è riuscito a fuggire. Si calcola siano stati 5,3 milioni gli ucraini che hanno raggiunto Paesi dell'Unione europea.

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Oggi sta succedendo qualcosa di straordinario: sono più gli ucraini che tornano in Patria di quelli che scappano. Lo dice l'ultimo bollettino di Frontex, l'agenzia europea per il controllo delle frontiere: tra il 25 e il 31 maggio quasi 260.000 ucraini hanno lasciato l'Ue per rientrare a casa. «In totale, 2,3 milioni di ucraini sono tornati nel loro Paese dall'inizio della guerra». Nel bilancio di questi cento giorni vanno anche considerate le perdite dei russi, a partire dai 31mila soldati morti (dati dello Stato maggiore ucraino). Era il 24 febbraio quando le truppe russe entrarono in Ucraina.

 

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Per mesi il Cremlino aveva smentito ciò che la Casa Bianca aveva ampiamente preannunciato, ma la realtà, purtroppo, diede ragione a Biden. Da quella notte inizia anche una danza linguistica dei russi che non parlano di guerra, invasione e aggressione, ma di «operazione militare speciale» e «smilitarizzazione e denazificazione». Il 24 febbraio il Cremlino e l'opinione pubblica russa pensano che l'Ucraina si arrenderà rapidamente. Vengono diffuse fake news (le prime tra le tante): Zelensky è in fuga a Leopoli.

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Non è vero. Mosca vuole insediare un governo collaborazionista. I feroci mercenari della Wagner puntano su Kiev per uccidere il presidente ucraino. L'esercito si avvicina con una lunga colonna alla Capitale. Più a Sud cade Kherson, le truppe sbarcano a Mariupol. Ma gli ucraini si difendono, Zelensky vieta agli uomini che hanno meno di 60 anni di lasciare il Paese.

 

La difesa regge, anche con l'aiuto delle armi e delle informazioni dell'intelligence americana. Comincia a costruirsi l'epopea e la propaganda ucraina: Zelensky che registra video dai bunker, ma anche dalle strade di Kiev, nonostante i bombardamenti; i soldati ucraini, che difendono la base della Snake Island, sul Mar Nero, rispondono ai russi che intimano la resa con un «andate a quel paese» (la frase è più colorita e finirà su un francobollo).

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Si trascina la fase dell'impantanamento. Putin, insoddisfatto, inizia a rimuovere i generali. Il 29 marzo la lunga colonna militare russa alle porte di Kiev torna indietro, il Cremlino cambia strategia e concentra le forze a Est. Il 4 aprile, sul Mar Nero, i missili ucraini affondano la Moskva, l'ammiraglia della flotta di Putin: i russi sembrano in affanno eppure nei giorni successivi infliggono perdite dolorose nel Donbass agli ucraini.

 

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Il 17 maggio c'è la resa degli ultimi soldati ucraini, in gran parte del battaglione Azov, che si erano asserragliati nelle acciaierie di Mariupol. Più a Nord, a Severodonetsk, l'esercito russo prende buona parte della città e prova a isolare una parte delle forze nemiche. Stallo. Dai porti bloccati non parte più il grano, c'è il rischio di un'emergenza alimentare planetaria. La strada dei negoziati appare ancora irta di ostacoli. Sarà una lunga guerra, annuncia la Nato. Ci stiamo abituando e stiamo dimenticando chi, ogni giorno da cento giorni, muore in Ucraina.

 

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