DANISH HASNAIN, IL 33ENNE PACHISTANO RICERCATO IN TUTTA EUROPA PER L'OMICIDIO DELLA NIPOTE SAMAN ABBAS, E' UN UOMO VIOLENTO, CAPACE DI TERRORIZZARE L'INTERA FAMIGLIA - HASNAIN AVEVA INSISTITO PIÙ VOLTE SUL FATTO CHE LA NIPOTE "NON RISPETTAVA GLI OBBLIGHI RELIGIOSI DEL RAMADAN" E CHE STESSE PREMEDITANDO IL DELITTO LO SAPEVANO ANCHE ALTRI FAMILIARI IN PAKISTAN. LO CONFERMA LA TELEFONATA IN CUI, A UNA DONNA CON CUI È IN GRANDE INTIMITÀ, L'UOMO PARLA DI "UN LAVORO BEN FATTO" - ORA POTREBBE ESSERE IN FRANCIA...

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A. Full. Per il "Corriere della Sera"

 

DANISH HASNAIN ZIO DI SAMAN ABBAS DANISH HASNAIN ZIO DI SAMAN ABBAS

Un uomo violento, capace di terrorizzare l' intera famiglia Abbas. E soprattutto determinato a occuparsi della punizione per Saman, «colpevole», ai suoi occhi, di essersi allontanata dai precetti dell' Islam. Ecco chi è Danish Hasnain, il 33enne pachistano ricercato in tutta Europa per l' omicidio della nipote.

 

Con ogni probabilità si trova in Francia, più difficile che sia arrivato in Svizzera o in Spagna. «Ma è soltanto questione di tempo, non ha scampo» dicono gli investigatori. Braccato, Hasnain non ha la possibilità di usare un cellulare ed è senza automobile.

Del resto, nessuno ne possedeva una nella folta famiglia pachistana stabilitasi a Novellara, nel Reggiano, per lavorare in campagna.

SAMAN ABBAS SAMAN ABBAS

 

«È complicato per lui cercare aiuti» osserva un carabiniere del Reparto operativo diretto da Stefano Bove che gli sta dando la caccia in collaborazione, soprattutto, con la polizia francese che già ha arrestato un altro dei cugini fuggitivi, Ikram Ijaz, per il quale è stata concessa l' estradizione.

 

Danish Hasnain non aveva precedenti, di lui si sa solo che «era un bravo lavoratore», a detta dei diversi titolari delle aziende agricole che qui nel Reggiano lo avevano avuto alle loro dipendenze senza mai doversi lamentare. Le carte dell' ordinanza però restituiscono la figura di un uomo violento.

 

Secondo quello che ha raccontato il fratello sedicenne di Saman ai carabinieri, in famiglia contestavano alla ragazza la sua «ostinazione» che la portava a scontrarsi con i genitori e soprattutto con lo zio, musulmani osservanti. Pare che Hasnain avesse insistito più volte sul fatto che la nipote «non rispettava gli obblighi religiosi del Ramadan». Poi c' era quel no alle nozze organizzate in Pakistan con un cugino che per gli adulti di casa era inaccettabile.

un fermo immagine del video che mostra lo zio e due cugini di saman abbas un fermo immagine del video che mostra lo zio e due cugini di saman abbas

 

Dall' ordinanza si intuisce che la sorte prevista dai familiari per la 18enne fosse quella del ritorno in Pakistan. «Un sequestro», si legge nel documento. Perché se fosse rimasta qui la volontà della giovane era chiara: sognava una vita con il fidanzato, voleva studiare, diplomarsi a scuola e viaggiare. Ma, con il tempo, questa prima ipotesi del «rientro» forzato in Pakistan è rientrata. Hasnain aveva deciso diversamente: voleva «punire» la nipote con la morte. Volontà di cui il padre Shabbar deve aver preso consapevolezza lentamente, senza però essere in grado di opporsi, soprattutto negli ultimi terribili giorni che hanno preceduto l' omicidio della figlia.

un fermo immagine del video che mostra lo zio e due cugini di saman abbas 3 un fermo immagine del video che mostra lo zio e due cugini di saman abbas 3

 

Che Hasnain stesse premeditando il delitto lo sapevano anche altri familiari in Pakistan. Lo conferma la telefonata in cui, a una donna con cui è in grande intimità, l' uomo parla di «un lavoro ben fatto».

 

Subito dopo il pachistano la chiama «dolce mia». E lei a questo punto gli suggerisce di cominciare a orchestrare il castello di menzogne che serviranno a metterlo al riparo dai sospetti quando sarà chiaro che Saman a Novellara non c' è più. «Tu dirai che lei è partita per il Pakistan?» dice la voce femminile. E l' uomo risponde: «Sì». Poi si lascia un po' andare: «Ho tanta paura».

 

SAMAN ABBAS PADRE SAMAN ABBAS PADRE

Dalle carte emerge anche che dall' 11 aprile, giorno in cui Saman ha fatto rientro a casa forse per cercare un' impossibile riconciliazione con i genitori, la ragazza ha vissuto sostanzialmente come una reclusa. Trovando però ancora il coraggio (dopo che a ottobre si era rivolta ai Servizi sociali per opporsi al matrimonio combinato) di denunciare il padre, il 22 aprile, presso la stazione dei carabinieri di Novellara, perché non voleva restituirle la carta d' identità. Non solo. Si scopre che Shabbar «spesso la chiudeva fuori casa obbligandola a dormire sul marciapiede».

SAMAN ABBAS SAMAN ABBAS

 

Come ha spiegato agli inquirenti il titolare dell' azienda agricola di Novellara dove lavoravano gli Abbas, dal ritorno a casa Saman non era stata più vista in giro e anzi, «stava sempre dentro, non parlava con nessuno e usciva solo per fare qualche passo, accompagnata sempre dalla madre».

 

Quanto a Shabbar e a sua moglie, ieri la procuratrice Isabella Chiesi ha detto che sta per essere perfezionata la rogatoria. La coppia qui in Italia ha un avvocato d' ufficio, il reggiano Simone Servillo. Il legale ha scritto a Shabbar un messaggio su WhatsApp. «Gli ho detto di chiamarmi. So che lo ha letto, c' è la spunta verde sul telefonino».

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