DURA LEX SED LEX? – UN GIUDICE DI TORINO SI È RIVOLTO ALLA CORTE COSTITUZIONALE DOPO AVER DOVUTO CONDANNARE A 4 ANNI UN UOMO ACCUSATO DI AVER RUBATO DUE BOTTIGLIE DI LIQUORE AL SUPERMERCATO E AVER DATO QUALCHE SPINTONE DURANTE LA FUGA – IL MAGISTRATO HA APPLICATO CORRETTAMENTE LA LEGGE IN CASO DI “RAPINA IMPROPRIA”, MA SI È APPELLATO ALLA CORTE DOPO ESSERSI DOMANDATO SE LA SANZIONE NON FOSSE…

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Andrea Giambartolomei per “il Fatto quotidiano”

 

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Almeno quattro anni di carcere per due bottiglie di liquori e qualche spintone. Un giudice ha correttamente applicato la legge, ma si è posto il dubbio se la pena fosse proporzionata.

 

E ha deciso di investire della questione la Corte costituzionale. Tutto nasce dal processo a un torinese, R.T., italiano, arrestato il 24 aprile dopo un furto in un supermercato. Il giudice, resosi conto dell' entità della pena, si è domandato se la sanzione forse troppo "brutale e irragionevole", non violasse alcuni articoli della Costituzione.

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Per questa ragione il 9 maggio il giudice Paolo Gallo del Tribunale di Torino ha sollevato delle questioni di legittimità costituzionale sul reato di "rapina impropria", cioè quella commessa da chi ruba e poi minaccia o compie gesti violenti per scappare.

 

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Sulla colpevolezza dell' uomo non ci sono dubbi. È stato filmato dal circuito di video-sorveglianza mentre prendeva le bottiglie dal reparto degli alcolici nascondendole sotto il giaccone. Avvicinato dall' addetta che aveva visto tutto, l' uomo ha proseguito indifferente verso l' uscita, ma qui si è trovato di fronte a un uomo - un nigeriano - che ha tentato di fermarlo.

 

Lui l' ha affrontato e "con spintoni e strattonamenti" è riuscito "a divincolarsi e darsi alla fuga". Poi è stato bloccato dai vigilantes del supermercato. R.T. è finito in manette accusato di "rapina impropria".

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"Alla stregua dei verbali sopra riportati i fatti si sono verificati in maniera pienamente conforme al paradigma normativo dell' art. 628, comma 2 codice penale", si legge nell' ordinanza. Tuttavia il giudice fa notare alcuni aspetti critici della norma. Innanzitutto ipotizza una violazione dell' articolo 3 della Costituzione, secondo cui "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge" per come il reato di rapina impropria mette in rapporto l' aggressione al patrimonio e quella alla persona.

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Il giudice sottolinea la differenza tra la rapina propria in cui si minaccia o si compie un gesto violento prima di rubare, e quella impropria, come in questo caso. Chi compie quest' ultima inizialmente scarta la violenza, ma la compie come reazione: "Demarca - scrive il giudice - una diversa e meno grave struttura oggettiva del reato e un diverso atteggiamento soggettivo quanto a intensità del dolo e capacità a delinquere". Sembrerebbe quindi meno grave del primo.

 

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Il magistrato si sofferma poi su un altro aspetto che sarebbe in contraddizione con l' articolo 25 comma 2 della Carta, secondo il quale "nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso". Il "fatto commesso" andrebbe messo in relazione al "principio di offensività" che "implica la necessità di un trattamento penale differenziato per fatti diversi e, a monte, la necessità di distinguere, in sede di redazione delle norme penali incriminatrici, i vari fenomeni delittuosi per le loro oggettive caratteristiche di lesività o pericolosità".

 

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Chi ha scritto quel comma del codice penale potrebbe aver sbagliato non soppesando alcune caratteristiche del reato improprio: "Qualunque sottrazione, quando sia immediatamente seguita da violenza o minaccia, ancorché lievi, è reputata dal legislatore meritevole di almeno quattro anni di reclusione", mentre per casi simili, come il furto, sono previste pene più lievi.

 

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"Non v' è più differenza, ad esempio, se la violenza segue al furto di una costosa autovettura commesso con effrazione sulla pubblica via, ovvero segue al furto semplice di due bottiglie di liquore in un supermercato", nota il magistrato secondo il quale questa norma è una "disposizione 'rozza'" che sacrifica tutto "sull' altare della 'esemplarità' sanzionatoria".

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Infine, violazione più vistosa, quella dell' articolo 27, che, nel secondo comma, stabilisce che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato": "Una pena sproporzionata alla gravità del reato commesso da un lato non può correttamente assolvere alla funzione di ristabilimento della legalità violata - osserva il magistrato -, dall' altro non potrà mai essere sentita dal condannato come rieducatrice" perché "gli apparirà solo come brutale e irragionevole vendetta dello stato, suscitatrice di ulteriori istinti antisociali".

 

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Per questo secondo il giudice "l' inflizione di quattro anni di reclusione più multa per la sottrazione di due bottiglie di liquore seguite da qualche strattone non può essere considerata una risposta sanzionatoria proporzionata". La parola, ora, va ai giudici della Corte.

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