FACILE FARE IL KAMIKAZE CON LA CINTURA ESPLOSIVA DEGLI ALTRI - MIRACOLO, SALAH ABDESLAM HA PARLATO! IN TRIBUNALE IN FRANCIA L'UNICO SOPRAVVISSUTO DELLE STRAGI JIHADISTE DEL 13 NOVEMBRE 2015 A PARIGI HA SPIEGATO CHE NON SI È FATTO SALTARE IN ARIA "NON PER VIGLIACCHERIA, NON PER PAURA, MA PERCHÉ NON VOLEVO FARLO" (AH BEH ALLORA) - AGLI ALTRI AMICI ESTREMISTI PERÒ DISSE CHE L'ORDIGNO ERA DIFETTOSO: "MI VERGOGNAVO DI NON ESSERE ANDATO FINO IN FONDO"

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Mauro Zanon per “Libero Quotidiano

 

salah abdeslam a processo 4 salah abdeslam a processo 4

Quella di ieri, 30 marzo 2022, era la data più attesa dai cronisti che da settembre raccontano il maxi-processo sugli attentati islamisti del 13 novembre 2015 a Parigi. Perché Salah Abdeslam, il principale imputato e unico sopravvissuto delle stragi jihadiste che provocarono 130 morti tra il Bataclan e alcuni bistrot della capitale francese, si sarebbe (forse) espresso su quella notte maledetta che ha funestato la Francia, rispondendo alla domanda che ossessiona giudici, avvocati e famiglie delle vittime: perché l'unico membro ancora in vita del commando della morte non ha azionato la sua cintura esplosiva?

 

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Abdeslam, ieri, è uscito dal silenzio. «Ho rinunciato ad attivare la mia cintura esplosiva non per vigliaccheria, non per paura, ma perché non volevo farlo», ha spiegato il terrorista franco-marocchino, rispondendo a una domanda di un avvocato della parte civile, Claire Josserand-Schmidt.

 

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Perché allora, rientrando in Belgio dopo gli attentati, aveva detto agli altri membri che la sua cintura era difettosa? «Era una menzogna?», ha chiesto l'avvocato. «Sì, mi vergognavo di non essere andato fino in fondo, avevo paura di quello che gli altri pensavano di me, avevo 25 anni...», ha risposto Abdeslam.

 

IN LACRIME

Poco prima, pur rifiutandosi di rispondere alle domande del presidente della Corte d'assise speciale Jean-Louis Périès, invocando «il diritto al silenzio», ha dato altre informazioni sulla vigilia degli attentati, rievocando il ricordo dell'ultimo pranzo con la sua fidanzata, Yasmina K., durante il quale sarebbe scoppiato a piangere. Era il 10 novembre 2015.

 

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«Vorrei dire alcune cose riguardo alla mia fidanzata. L'amavo veramente e volevo trascorrere la mia vita con lei. Mi sono messo a piangere, quel giorno, perché mi parlava di progetti futuri, di bambini, di un appartamento assieme. E in quel momento sapevo... sapevo che dovevo partire in Siria. Perché mi avevano spiegato che avevo fatto dei favori allo Stato islamico che mi avrebbero creato dei grossi problemi, e che la cosa migliore, per me, era partire per la Siria. Sapevo che avrei dovuto abbandonarla...», ha raccontato Abdeslam.

 

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Il Monde parla di «miracolo», perché è la prima volta che Abdeslam ha rotto il muro del silenzio. Il merito è dell'avvocato Claire Josserand-Schmidt che ha tenuto in piedi per alcuni minuti l'interrogatorio: «Lei ha detto: "Ho salutato Yasmina perché dovevo partire per la Siria". Dobbiamo dunque dedurre che lei, il 10 novembre 2015, non aveva ancora come progetto di indossare una cintura esplosiva?».

 

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Risposta: «Esatto, è proprio così... Quando ho pranzato con Yasmina, non sapevo nulla di ciò che sarebbe accaduto. È quando sono andato in Francia per prendere in affitto una stanza a Alfortville (la stanza in cui i membri del commando del 13 novembre 2015 passarono la loro ultima notte nella regione parigina, ndr) che mio fratello Brahim mi ha detto che Abdelhamid Abaaoud (il coordinatore degli attentati, ndr) era lì.

 

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L'ho incontrato a Charleroi il 12 novembre ed è in quel momento che è cambiato tutto. Fino a quell'istante, non sapevo che Abaaoud fosse in Belgio. È lui che voleva incontrarmi. Ho fatto dei favori, ma la situazione è cambiata nel momento in cui ho incontrato Abaaoud».

 

Sulla questione della cintura esplosiva, come riportato dal Monde, le due ipotesi, ossia quella di una cintura difettosa, e quella, sostenuta ieri da Abdeslam, di una rinuncia per mancanza di volontà, restano aperte. Un'expertise ha infatti stabilito che il gilet esplosivo non era "funzionante".

 

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OGGI TOCCA A MOHAMED AMRI

Per alcuni osservatori, le parole, seppur poche, pronunciate ieri da Abdeslam sono un primo passo che fa ben sperare in vista delle prossime audizioni. Olivier Laplaud, vicepresidente dell'associazione Life for Paris, ha denunciato invece «l'estrema provocazione» di Abdeslam, perché si è rifiutato di rispondere alla maggioranza delle domande della Corte d'assise speciale.

 

«Il guerriero di Daech che dice di essere è contraddetto dai suoi atti», ha commentato Bruno Poncet, sopravvissuto del Bataclan. Gérard Chemla, uno degli avvocati delle vittime, ha definito l'atteggiamento del principale imputato «un gioco perverso»: «Ci tratta come dei pupazzi, non dobbiamo partecipare a questo gioco».

 

Oggi, verrà interrogato Mohamed Amri, belga di origini marocchine che ha confessato di essere andato a prendere Abdeslam a Parigi la notte degli attentati per riportarlo in macchina in Belgio.

 

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