FERMI TUTTI: SULL’EPIDEMIA NON ABBIAMO CAPITO UN CAZZO - PER L'OMS I “VERI” COLPITI FINORA SONO 770 MILIONI: PRATICAMENTE UN CONTAGIATO SU 10 - LA CIFRA STIMATA DALL'ORGANIZZAZIONE È VENTI VOLTE IL DATO UFFICIALE MA, SE FOSSE VERO, LA LETALITÀ DEL COVID SAREBBE AI LIVELLI DELL'INFLUENZA (MA IN OGNI PAESE COLPITO DAL CORONAVIRUS I DECESSI SONO STATI MOLTI DI PIÙ)

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Silvia Turin per il “Corriere della Sera”

 

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Il coronavirus avrebbe colpito il 10 per cento della popolazione mondiale, circa 770 milioni di persone, contro i 35,5 milioni di casi di Covid-19 confermati a livello globale.Lo ha detto lunedì Mike Ryan, il massimo esperto di emergenza dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms): «Le nostre migliori stime attuali ci dicono che circa il 10 per cento della popolazione mondiale potrebbe essere stata infettata da questo virus». Che i casi reali di coronavirus siano più di quelli conteggiati è noto.

 

Durante l'estate i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) hanno affermato che la sottostima nel Paese probabilmente era arrivata al 90 per cento. In Italia si era paventato ci fossero 10 volte tanto i casi registrati, in realtà erano 6-7 volte maggiori. La cifra prospettata dall'Oms, però, calcola 20 volte i contagi ufficiali. Sembra un numero davvero alto, soprattutto se parametrato al milione di morti ufficiali, perché porterebbe la letalità del Covid a livelli simili a quelli dell'influenza, ma in ogni Paese colpito dal coronavirus i decessi sono stati molti di più.

 

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Attraverso il suo ufficio stampa l'Oms ha chiarito al Corriere della Sera come è stato effettuato il calcolo: «L'Oms ha utilizzato la sieroepidemiologia per comprendere l'entità dell'infezione da Sars-Cov-2. La maggior parte degli studi mostra che la sieroprevalenza risulta inferiore al 10 per cento, ma gli studi sui lavoratori in prima linea e in alcune aree ad alta intensità stimano che sia superiore al 20 per cento. La stragrande maggioranza del mondo, però, rimane a rischio», si legge nella nota.

 

Le indagini di prevalenza effettuate con criteri statistici, però, hanno stimato che, pure in Paesi dove il virus si è diffuso maggiormente, sia stato colpito circa il 5 per cento della popolazione, non il 10. In Italia l'indagine di sieroprevalenza effettuata dal ministero della Salute e dall'Istat (in collaborazione con la Croce Rossa) ha stimato che avessero incontrato il virus un milione e 482 mila italiani, il 2,5 per cento dell'intera popolazione. Anche in Lombardia, la Regione con la più alta prevalenza, si arriva al 7,5 per cento.

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Ovviamente studi su singole popolazioni o comunità presentano cifre differenti: l'indagine del gruppo Humanitas su 4 mila lavoratori dei sette poli ospedalieri ha scoperto che era venuto a contatto con il virus tra l'11 e il 13 per cento dei dipendenti, con punte del 43 per cento a Bergamo. «Potrebbero aver ipotizzato anche una diversa prevalenza per i Paesi africani, dove la popolazione è più giovane e meno controllata - dice Matteo Villa, analista e ricercatore dell'Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) -. Il messaggio comunque è giusto: il 90 per cento della popolazione non è stato infettato e quindi l'immunità di gregge non è stata raggiunta.

 

Quello che stona sono i rapporti numerici in relazione ai decessi. Con questi numeri sembrerebbe che la letalità sia minore di quello che ormai ci dicono gli studi, circa quattro volte più bassa, quasi pari a quella dell'influenza». Nella passata stagione influenzale in Italia ci sono stati oltre 8 milioni di casi e 205 morti. Il Covid in Italia ha causato 36 mila morti. La nota dell'Oms si conclude con un appello alla cautela: «Il virus ha il potenziale per causare danni enormi a meno che non intraprendiamo tutte le azioni necessarie per fermare la sua diffusione».

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