Andrea Pasqualetto per il “Corriere della Sera”
Un medico di famiglia in pensione, il figlio esperto di trading, la badante rumena. E una piccola comunità, quella di Campiano, piccolo borgo sull'Appenino bolognese, in apprensione per la morte poco chiara dell'amato dottor Danilo Molducci. Scomparso il 28 maggio dello scorso anno a 67 anni nella sua casa di collina a una quindicina di chilometri da Ravenna, Molducci viveva con Elena, la signora che lo assisteva per via dei problemi di salute.
Succede ora che la procura di Ravenna abbia chiuso l'inchiesta sulla sua morte per la quale ha iscritto nel registro degli indagati il figlio unico del medico, Stefano, quarantenne padre di due figli con un passato da segretario locale del Pd a Castrocaro, e la badante, Elena Vasi Susma, 52 anni, originaria di Punghina, minuscolo paese rumeno al confine con la Serbia. Secondo il pm Angela Scorza l'avrebbero avvelenato: delitto premeditato. Molducci la mente e Susma l'esecutrice.
«Conoscendo il precario stato di salute del padre, sofferente di ipertensione e obesità, il figlio programmava e organizzava l'omicidio con diversi farmaci, individuati fra quelli che il dottore assumeva abitualmente -- scrive il magistrato nell'avviso di conclusione indagini -. Mentre Susma acquistava i farmaci, utilizzando ricette contraffatte, e li somministrava al dottore seguendo le indicazioni date dal figlio». Un mix letale di pastiglie, psicofarmaci e altro, con dosi da cavallo che avrebbero provocato il decesso per «shock cardiogeno ed edema polmonare acuto».
Il movente? Denaro. Il figlio avrebbe voluto «scongiurare il ritiro delle deleghe bancarie da parte del padre dopo che quest' ultimo aveva scoperto le sottrazioni di ingenti somme di denaro da parte sua».
Stefano, che ha studiato Medicina senza laurearsi, gestiva infatti il patrimonio del padre. Il quale, insospettito da alcune stranezze, aveva incaricato un investigatore privato di Trento di far luce sulle movimentazioni del patrimonio. Il detective è ora un testimone dell'accusa.
Ha raccontato di aver cercato il dottore poco prima del decesso: «Mi aveva risposto la badante chiedendomi di richiamare più tardi perché stava riposando». L'investigatore aveva riprovato in serata.
Questa volta la cornetta l'aveva alzata il figlio raggelandolo: mio padre è appena morto.
Fra gli indizi, la grafia dei due indagati compatibile con quella trovata in alcune ricette, e gli accertamenti patrimoniali della Guardia di Finanza: 40-50 mila euro prelevati da Stefano poco prima del decesso e 450 mila euro nei 4-5 mesi successivi con cadenza quotidiana e importi sotto i mille euro. Fin qui l'accusa.
La difesa è netta: estraneità totale ai fatti per entrambi. «Concluse le indagini inizia un doveroso processo per omicidio volontario pluriaggravato con premeditazione e motivi abietti (Benno style). La strada per la verità in questa vicenda paradossale si fa lunga e tortuosa», ha commentato Molducci in tono sarcastico lamentando un certo giustizialismo.
«Il padre è rimasto sempre lucido e consapevole fino alla fine, difficile che qualcuno possa avergli dato dei medicinali in grossa quantità - hanno detto gli avvocati Claudia Battaglia e Antonio Giacomini, difensori dei due indagati -. Bisogna considerare poi che il dottore aveva un pregresso di abuso di medicine e che qualche mese prima aveva avuto il Covid, che può averlo indebolito. Impensabile poi che il figlio abbia potuto premeditare un delitto del genere con la badante, con tutti i rischi che questo comporta». La battaglia è solo all'inizio.