Massimo Basile per www.repubblica.it
Una causa per eredità potrebbe sciogliere il grande mistero su chi sia il vero inventore del bitcoin. Satoshi Nakamoto, giapponese, 46 anni, da tredici è considerato il misterioso padre della criptovaluta, colui che il 31 ottobre 2008 pubblicò un documento di nove pagine in cui annunciava la nascita della moneta digitale che avrebbe bypassato le banche e aperto la strada a una nuova era finanziaria.
Ma il suo sarebbe solo uno pseudonimo, dietro il quale si nasconderebbe un altro, o forse un gruppo di persone. Anni fa era circolata anche una foto di Nakamoto: mostrava un uomo dai tratti asiatici, capelli brizzolati, lunghi e spettinati, occhiali tondi dalla montatura leggera e l’espressione sorpresa, le labbra appena arricciate, come di uno appena beccato dai fotografi.
Secondo i cryptoinvestigatori non ci sarebbe un solo Nakamoto ma due, tre, forse cinque. Ogni tanto qualcuno è uscito allo scoperto per rivendicare l’invenzione, salvo poi eclissarsi.
Adesso il mistero potrebbe essere a una svolta. Dietro lo pseudonimo ci sarebbero due programmatori: David Kleiman, scomparso nel 2013, e Craig Wright, 51 anni, australiano che vive a Londra. Il caso è emerso perché la famiglia del defunto si è rivolta a un tribunale della Florida per chiedere metà del patrimonio in moneta digitale che sarebbe stato creato dai due, e che ammonterebbe complessivamente a un milione di bitcoin, cioè circa 64 miliardi di dollari.
Una cruda battaglia per l’eredità da era predigitale potrebbe riscrivere la storia della moneta virtuale. Da anni Wright sostiene di essere il vero inventore, ma la comunità dei bitcoin non gli ha mai creduto.
La famiglia di Kleiman è sicura di provare come dietro Nakamoto ci fossero due persone: Wright e colui che gli diede una mano, Kleiman. I due avrebbero scritto insieme anche il celebre documento che annunciò nel 2008 l’inizio di tutto.
«Noi siamo convinti - ha spiegato Vel Freedman, avvocato della famiglia - che ci fu una stretta collaborazione per creare il primo milione di bitcoin e lo dimostreremo». Secondo i documenti presentati in Tribunale, e di cui parla il Wall Street Journal, ci sarebbero tracce del lavoro svolto insieme dai due programmatori, attraverso una società di Kleiman, creata in Florida.
I legali di Wright contestano questa ipotesi. «Mai stata collaborazione tra i due».
Per gli amanti del genere c’è solo una cosa che può svelare in modo definitivo l’identità di Nakamoto: la chiave privata d’accesso che controlla l’account dove si trova il milione di bitcoin. Il giudice potrebbe chiederla come prova. Forse potrebbe non aiutare la causa della famiglia Kleiman, ma renderebbe Wright a tutti gli effetti il titolo di Mr. Bitcoin.