Edoardo Izzo per La Stampa
Restano in carcere Giulio e Francesca Occhionero, arrestati il 9 gennaio scorso con l’accusa di cyberspionaggio e accesso abusivo a sistemi informatici. In quegli accessi erano state violate, tra le altre, le mail dell’ex premier Matteo Renzi, di Mario Monti, e di Mario Draghi. Secondo i giudici del riesame gli Occhionero devono rimanere in carcere «perché restano concrete ed attuali le esigenze cautelari alla luce della ripetitività e pervicacia delle condotte nonché dalla spregiudicatezza dimostrata».
ALFREDO DANESI GIULIO OCCHIONERO
Nelle 30 pagine con cui i magistrati motivano il no alla scarcerazione dei due fratelli si legge che «entrambi gli indagati hanno dimostrato particolari conoscenze informatiche e l’esistenza di un apparato complesso e ben architettato, anche al fine di eludere le investigazioni, utilizzando una serie di domini e accorgimenti intesi a rendere difficile l’individuazione dell’utilizzazione del malware e gestendo un numero rilevante di dati esfiltrati».
Scrivono ancora i giudici nelle motivazioni: «La tipologia dei sistemi infettati induce a ritenere significativo il pericolo per la sicurezza dello Stato e colora la condotta delittuosa in maniera particolarmente grave aprendo anche a scenari inquietanti» «Entrambi gli indagati - secondo il riesame - hanno gestito il malware per un tempo considerevole tale da infettare una serie indeterminata e numerosa di sistemi informatici dei quali sono una parte é stata individuata». Per i giudici «la condotta criminosa induce a ritenere grave, attuale e concreto il pericolo di ripetizione».
La posizione della sorella é «perfettamente sovrapponibile» a quella dell’ingegnere, perché anch’essa «ha preso parte in modo fattivo alla gestione dei file esfiltrati, dimostrando di avere conoscenze informatiche notevoli». Per il tribunale, ai fini della contestazione, «anche un solo accesso in danno di un ente pubblico é da ritenersi sufficiente: «non é il numero di accessi che integra l’aggravante ma il tipo di accesso».
Per i giudici appare rilevante che Giulio Occhionero abbia avviato la distruzione dei file dei dati in suo possesso una volta scoperto che da settembre era destinatario di una denuncia e di essere attenzionato dall’Autorità giudiziaria italiana e che, durante l’interrogatorio, non abbia saputo spiegare il motivo dell’esistenza di detti dati, negando al pm Albamonte e agli investigatori la password per l’accesso al computer.