Domenico Agasso jr e Giacomo Galeazzi per “la Stampa”
Lontano dai toni gridati e dalle contrapposizioni di questi ultimi giorni, sono allo studio a Palazzo Chigi con l' ausilio degli esperti alcune soluzioni che consentano entro una paio di settimane di tornare alle celebrazioni liturgiche cristiane «cum populo».
Uno dei principali nodi da sciogliere è la distribuzione della comunione, un momento ad altissimo rischio contagio. Per consentire ai cattolici italiani di tornare a farla, ma evitando contaminazioni, si sta pensando a una comunione «fai da te» con ostie «take away» precedentemente consacrate dal sacerdote, che verrebbero chiuse singolarmente in sacchetti di plastica poggiati in chiesa su dei ripiani.
Si tratta di creare appuntamenti per funzioni e riti - non sono messe - che comprendano la distribuzione della comunione. Questo per ovviare al bisogno - espresso a gran voce - di migliaia di credenti «di ricevere regolarmente il corpo di Cristo». Come ci ribadisce Giuseppe, impiegato romano di 53 anni, padre di tre figli, che ogni domenica segue «la messa della parrocchia in streaming, ma mi manca tutto delle liturgie vissute nella mia chiesa: i canti, stringere le mani, e la processione per andare a prendere Gesù nella sua carne».
A maggior ragione dopo il richiamo di papa Francesco «alla prudenza e all' obbedienza alle disposizioni», l' orientamento prevalente nella Chiesa è che sia necessario riprendere cerimonie religiose e attività nella maniera più saggia.
Quindi come c' è stata sana «creatività pastorale» nella chiusura per evitare di provocare focolai del virus, deve esserci nella riapertura.
Il governo, lavorando in stretta e continua collaborazione con la Conferenza episcopale italiana (Cei), sta cercando di individuare soluzioni liturgicamente e sacramentalmente corrette e allo stesso tempo in sicurezza sanitaria, che potranno consentire un ritorno all'«ampia libertà di culto» di cui il ministro dell' Interno, Luciana Lamorgese, ha parlato la scorsa settimana in un' intervista al quotidiano dei vescovi Avvenire. Ciò permetterà entro la metà di maggio di tornare alle messe con i fedeli, sebbene con limitazioni e misure anti-infezione e l' obbligo della regolare sanificazione degli ambienti. Come già accadrà dalla prossima settimana per i funerali con la presenza al massimo di 15 familiari.
PAPA FRANCESCO A SAN MARCELLO AL CORSO
«Si deve avere una chiara consapevolezza che la "Fase 2" non significa la scomparsa del Covid e l' azzeramento dei pericoli», sottolinea don Roberto Repole, già presidente dei teologi italiani e oggi direttore della Facoltà teologica di Torino. Allo stesso tempo nelle sacre stanze «occorre rimanere vigili affinché alcune soluzioni che potremo adottare in questo tempo saranno dettate solo dalla eccezionalità del momento». In particolare, Repole avverte che troppo spesso in queste settimane «si parla della comunione come se fosse un fatto meramente individuale, tra il credente e Cristo». Invece «dobbiamo essere lucidi: potremo dire di celebrare pienamente l' Eucaristia quando anche la dimensione comunitaria sarà di nuovo palese, senza la paura di toccarci, di infettarci, di avvicinarci l' uno all' altro».