Fabio Di Todaro per La Stampa
Fa male all’apparato respiratorio e a quello cardiovascolare, danneggia la salute dei più piccoli ma pure degli adulti. L’inquinamento è un «nemico» della salute a tutte le età e nella terza età potrebbe avere un ruolo decisivo nella comparsa delle demenze senili, di cui la malattia di Alzheimer rappresenta la forma più diffusa (60 per cento dei casi): oltre 1,2 milioni gli italiani che ci convivono, con la prospettiva poco incoraggiante che diventino 2,2 milioni entro il 2050.
Il messaggio giunge da una ricerca appena pubblicata dalla rivista «Translational Psychiatry». Si tratta di un’analisi epidemiologica condotta da un gruppo di ricercatori del dipartimento di gerontologia dell’Università della South California, che evidenzia come l’esposizione a più alti livelli di polveri sottili (PM 2,5) aumenti fino al novanta per cento il rischio di ammalarsi di demenza senile. Una stima che, rapportata alla popolazione generale, permetterebbe di ricondurre all’inquinamento almeno un quinto dei casi di malattia.
UN CASO SU CINQUE POTREBBE ESSERE DOVUTO ALL’INQUINAMENTO
Gli scienziati statunitensi sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato i dati tratti da 3647 donne di età compresa tra 65 e 79 anni, provenienti da 48 diverse località degli Stati Uniti. Tutte erano state arruolate in un precedente studio, che aveva determinato l’osservazione annuale delle loro capacità cognitive. Incrociando questi dati con quelli dell’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente, i ricercatori sono riusciti a determinare l’esposizione quotidiana delle donne alle micropolveri.
Il risultato è stato perentorio. Tra chi vive in aree inquinate, il rischio di andare incontro a un declino cognitivo (che precede la malattia) è risultato maggiore dell’81 per cento, mentre la probabilità di ammalarsi è aumentata anche fino al 92 per cento. I risultati sono stati depurati da altri possibili fattori influenti: come la razza, lo stile di vita, lo status socioeconomico e la compresenza di altre problematiche di salute.
Non è la prima volta che viene formulata una simile ipotesi. Diversi studi, nel recente passato, avevano lasciato intendere che un’elevata presenza di polveri sottili nell’aria potesse avere un ruolo dirimente nell’aumento dei casi di malattia di Alzheimer registrati nell’ultimo ventennio e soprattutto previsti da qui al 2050.
CONTA ANCHE LA PREDISPOSIZIONE GENETICA
Vista anche l’attualità delle grandi città italiane e dell’intera area che insiste sulla pianura Padana, una simile evidenza meriterebbe di essere presa in considerazione per tutelare la salute pubblica. Detto ciò, la comparsa della malattia potrebbe essere la sintesi dell’esposizione agli inquinanti ambientali e di una predisposizione genetica che risiede nel gene APOE ε4.
Il gruppo di ricerca è infatti andato oltre l’osservazione dei dati ambientali, analizzando in laboratorio la reazione dei topi all’esposizione a concentrazioni crescenti di polveri sottili. Rispetto agli animali privi del gene APOE ε4, quelli che lo possedevano hanno accumulato il sessanta per cento in più della proteina beta-amiloide, sicuramente legata alla malattia di Alzheimer: rimane da capire se come causa o piuttosto conseguenza. È stata questa, secondo i ricercatori, la prova dell’influenza che l’inquinamento può avere nella comparsa delle demenze senili in persone geneticamente predisposte.