Giusy Franzese per “il Messaggero”
Mai come in questo ultimo anno, con il virus dilagante e le restrizioni imposte ai cittadini per arginare la pandemia, si è toccato con mano l' importanza delle piattaforme online: per la scuola con la Dad, per la stragrande maggioranza dei lavori non manuali con lo smart working e le call, per fare la spesa, lo shopping, e per la stessa sanità. Senza il web, senza le piattaforme online probabilmente non ce l' avremmo fatta.
Ma forse proprio a seguito dell' utilizzo massiccio di questi strumenti, abbiamo capito anche un' altra cosa: l' importanza della privacy; il rischio di essere prede con i nostri dati più sensibili; di essere manipolati, condizionati nelle decisioni. Il rischio che i diritti fondamentali conquistati con la democrazia possano essere polverizzati senza che nemmeno ce ne rendiamo conto davvero.
In altri termini, il rischio che «la democrazia degeneri in algocrazia» con danni enormi per i più deboli, i più vulnerabili. A lanciare l' allarme è il Garante della Privacy, Pasquale Stanzione, durante la relazione annuale in Parlamento.
«La pandemia ha dimostrato l' indispensabilità dei servizi» forniti dalle piattaforme - «ma al contempo anche l' esigenza di una strategia difensiva rispetto al loro pervasivo pedinamento digitale, alla supremazia contrattuale, alla stessa egemonia sovrastrutturale, dunque culturale e informativa» osserva il Garante. Le piattaforme - continua - non sono solo più un potere economico «ma anche - e sempre più - performativo, sociale, persino decisionale».
Le conseguenze sono evidenti, pensiamo alle fake news sui vaccini. Pensiamo ai condizionamenti politici. Il Garante cita il caso di Donald Trump zittito dai social network. «La sospensione degli account Facebook e Twitter di Donald Trump ha rappresentato plasticamente come le scelte di un soggetto privato, quale il gestore di un social network, possano decidere le sorti del dibattito pubblico, limitando a propria discrezione il perimetro delle esternazioni persino di un Capo di Stato».
L' APPELLO
Il Garante chiede che nel Pnrr la difesa della privacy sia «tra i parametri essenziali» nel processo di trasformazione digitale. «La protezione dei dati può rappresentare» inoltre «un prezioso strumento di difesa della persona da vecchie e nuove discriminazioni e di riequilibrio dei rapporti sociali».
L' appello è di procedere al più presto con l' approvazione del «Digital Services Act (Dsa), così da introdurre forme di responsabilizzazione delle piattaforme». Bisogna «impedire - insiste - che la rete divenga uno spazio anomico dove impunemente si possano violare diritti».
Di certo questo anno appena trascorso ha dato un bel daffare al Garante e il suo collegio (nominati proprio da un anno). In campo sanitario è stato essenziale il parere sull' app Immuni, sulla raccolta dei dati sanitari di dipendenti e clienti fino al più recente green pass.
Nel frattempo il vocabolario delle violazioni della privacy si è arricchito di nuovi fenomeni che il Garante ha dovuto monitorare: dal deep nude (applicazioni in grado di manipolare le foto di soggetti vestiti, sostituendole con immagini di nudo create artificialmente), all' uso di dati biometrici da parte di Clubhouse (un social che offre chat vocali) alle modalità di funzionamento di Clearview, società specializzata in riconoscimento facciale che acquisisce dati sul web. E poi ancora: il revenge porn.
Allarmanti i dati sui rischi che corrono i minori navigando nel web: «Nel 2020 si è registrato un incremento di circa il 132%, rispetto al 2019 dei casi trattati dal Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia e un aumento del 77% dei casi di vittimizzazione dei minori per grooming, cyber bullismo, furto d' identità digitale, sextorsion. Il 68% degli adolescenti risulta essere stato, nel 2020, testimone di casi di cyberbullismo».
Sul banco degli imputati uno dei social network più amati dagli adolescenti: Tik Tok. Tanto che il Garante ha dovuto fissare i limiti d' età per l' accesso alla piattaforma. Un monito durante la sua relazione, Stanzione lo ha rivolto anche alla stampa, che spesso ha ceduto «alla tentazione della spettacolarizzazione e del sensazionalismo» cosi da «far degenerare la pietra angolare delle democrazie (la libertà d' informazione, appunto), in gogna mediatica».