Fiorenza Sarzanini per il Corriere della Sera
Ci sono rivelazioni, messaggi più o meno criptati e una serie di avvertimenti nelle dichiarazioni rilasciate dall' avvocato Stephan Roh sul Russiagate. E tanto basta per far fibrillare i servizi segreti italiani. Perché al momento - come sempre accade nelle guerre tra spie - nessuno è in grado di certificare l' attendibilità delle informazioni veicolate dal legale di Joseph Mifsud parlando con l' Adnkronos e con La Verità .
Ma il fatto che lui abbia a disposizione numerose mail inviate e ricevute nel corso degli ultimi tre anni sul ruolo nella vicenda dell' università Link Campus e soprattutto la registrazione della deposizione rilasciata dal docente maltese e consegnata al procuratore americano John Durham, fa ben comprendere quali ripercussioni potrà avere nel nostro Paese.
Secondo la versione ufficiale, confermata dal presidente Giuseppe Conte al Copasir, il 17 giugno scorso il ministro della Giustizia americano William Barr chiese di poter incontrare i capi dell' intelligence e ottenne il via libera.
Barr sta svolgendo un' inchiesta per dimostrare che Donald Trump non ha tramato contro Hillary Clinton durante la campagna elettorale del 2016, ma è invece vittima di un complotto dei democratici e di alcuni servizi segreti europei per dimostrare che era appoggiato da Mosca. E ritiene che Mifsud abbia agito da agente provocatore quando ha offerto le mail della Clinton in mano ai russi.
«I nostri servizi sono estranei alla vicenda», ha dichiarato il presidente del Consiglio il 23 ottobre scorso cercando di chiudere il caso. Una partita che l' avvocato Roh sembra invece determinato a riaprire, forse nella speranza di ottenere vantaggi per sé e per il proprio assistito.
Il professore scompare il 31 ottobre 2017 dopo un incontro avvenuto alla Link. In realtà le movimentazioni della sua carta di credito - pubblicate una decina di giorni fa da Il Foglio - dimostrano che sarebbe rimasto nel nostro Paese fino a ottobre 2018.
Roh sostiene adesso che è stato in una casa messa a disposizione da persone della Link a Matelica, nelle Marche, fino alla fine del 2017, e racconta di altri viaggi successivi in Italia: «Usava una carta di identità italiana a nome Joseph Di Gabriele, credo fosse il cognome della madre. Me la mostrò, l' ho vista con i miei occhi».
Dopo aver incontrato a Ferragosto il ministro Barr, il direttore del Dis Gennaro Vecchione ha chiesto ai capi delle agenzie di svolgere accertamenti e risulta che siano stati effettuati numerosi controlli proprio sulle auto, sulle carte di credito e su altri movimenti effettuati da Mifsud. Verifiche di cui si è parlato nella successiva riunione «allargata» convocata al Dis il 27 settembre successivo e alla quale partecipò anche Durham.
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Durante la sua audizione al Copasir del 29 ottobre scorso, Vecchione ha assicurato che nulla è stato trovato. Possibile che Mifsud - inseguito dai servizi segreti di svariati Paesi - si sia mosso in Italia senza lasciare tracce? Oppure le informazioni sono state consegnate a Barr in via riservata?
Roh sostiene che «uno dei capi di una agenzia italiana di servizi segreti contattò Vincenzo Scotti nel periodo in cui scoppiò lo scandalo e si raccomando che Mifsud sparisse».
Non fa nomi, non aggiunge altri dettagli, ma conferma che numerosi elementi sono nella registrazione della «deposizione» di Mifsud consegnata al procuratore Durham.
E «altre cose sono state dette a registratore spento».
Per questo le sue parole suonano come un avvertimento rispetto al ruolo degli 007 italiani che potrebbe essere noto nelle prossime settimane. Inserito nel rapporto finale di Barr, oppure - ed è questo a rendere ancor più inquietante la vicenda - utilizzato per trattative sottobanco.
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