Gianluca Monastra per “il Venerdì di Repubblica”
Raccontavano i vecchi cronisti di nera delle interminabili notti di poker in hotel aspettando l' epilogo di una storia che avrebbe cambiato molte cose, compreso il loro mestiere. Dormivano poco e fumavano troppo, e dalle finestre delle singole scorgevano il cielo spento degli inverni al mare sotto il quale immaginavano la pineta di dune e tomboli dove tutto era iniziato. Versilia, 1969.
Gli inviati di quotidiani e rotocalchi erano arrivati da tutta Europa per seguire le tracce lasciate da un bambino di dodici anni scomparso a Viareggio alla fine di gennaio e ritrovato morto ai primi di marzo. Ermanno, si chiamava il bambino. Ermanno Lavorini. Cinquant' anni dopo, quasi tutti i protagonisti della storia sono morti e chi è sopravvissuto spesso ha preferito dimenticare. Eppure ricordare è un dovere, perché Viareggio e l' Italia intera allora vissero tempi di dolore e rancore che in buona parte potevano essere evitati. Invece non fu così. La vicenda è ora ricostruita in un libro, Il caso Lavorini. Il tragico rapimento che sconvolse l' Italia, scritto da Sandro Provvisionato, giornalista scomparso un paio d' anni fa, lasciando il lucido e necessario diario di una vicenda che non avrà mai pace.
Ermanno Lavorini sparisce il 31 gennaio 1969, un venerdì, l' antivigilia del primo corso mascherato del carnevale più famoso d' Italia. La città è in festa, nei dancing si pensa ai veglioni, gli artigiani ritoccano i giganti di cartapesta dei carri e in strada hanno montato il luna park. Ermanno ha dodici anni, l' estate prima è stato bocciato e sta ripetendo la seconda media. Suo padre si chiama Armando e ha un negozio di tessuti al Piazzone, il cuore di Viareggio, di fronte alla farmacia dello scrittore Mario Tobino.
Alle 14.30 Ermanno saluta la mamma, esce senza finire i compiti, sale sulla bici rossa regalo della Befana. E non torna più. All' imbrunire, qualcuno telefona a casa e chiede quindici milioni di riscatto. Passano giorni di angoscia e ricerche nei canali, nella darsena, dentro cantine e garage, in mezzo alle selve di pini e lecci a ridosso del mare, dove la luce fatica a entrare persino d' estate.
A indagare hanno chiamato i più quotati investigatori del momento, come il capo della squadra mobile di Bologna, Mario Iovine, soprannominato il Maigret italiano, e il colonnello Mario De Julio fedele del generale De Lorenzo, l' ex capo dei servizi segreti militari protagonista del Piano Solo, il golpe fallito nel 1964. Compare persino un mago, perché quando la ragione non basta ci si aggrappa alla superstizione.
Ma Ermanno è già morto, e Viareggio e il mondo intero lo scopriranno il 9 marzo, la domenica in cui il bambino sarà ritrovato una decina di chilometri più a sud, verso Pisa, sotto la sabbia di Marina di Vecchiano. Colpito "da un fortissimo pugno che gli ha spappolato il cervello", scriverà il medico legale, anche se una seconda perizia stabilirà che Ermanno è morto per asfissia.
Intorno alle ricerche prima e ai sospettati dopo, a Viareggio si scatena qualcosa di mai visto.
Qualcosa che cancella ogni traccia di pietà tra i villini liberty della ruggente Versilia anni '60.
Spregiudicate ricostruzioni disegnano un delitto sessuale al centro di uno scenario morboso e imperfetto ma ideale per placare i turbamenti. Salvo rare eccezioni, i giornalisti assecondano la versione ufficiale e chi non si accontenta, come Marco Nozza, inviato del Giorno, viene isolato, deriso.
Ermanno vittima di una banda di pedofili, la pineta di Ponente ritrovo di ragazzini prostituti e adulti depravati. Sospetti, tentativi di linciaggi. Un commerciante ammirato e dall' aria da playboy, Adolfo Meciani, da innocente non regge alle accuse e si impicca con un lenzuolo in cella. Un altro ricco viareggino, Giuseppe Zacconi, stritolato dalle infamie fino a morire di crepacuore. E poi tanto fango, veleni, carriere politiche compromesse, pettegolezzi come lettere scarlatte. Serviranno otto anni, tre sentenze e l' ostinazione di un giudice istruttore, Pierluigi Mazzocchi, per smentire la pista del delitto sessuale e stabilire un' altra verità processuale: Ermanno Lavorini muore durante un rapimento organizzato da ragazzi di un gruppo monarchico di estrema destra in cerca di soldi per preparare attentati.
Antefatto del sequestro, gli incidenti del Capodanno precedente davanti alla Bussola di Focette, locale mito della Versilia. Quella notte Fred Bongusto cantava sul palco e fuori gli studenti lanciavano uova su visoni e cappotti di cachemire della borghesia festante. Era finita con la carica della polizia e uno studente, Soriano Ceccanti, raggiunto da un proiettile alla schiena, costretto su una sedia a rotelle per il resto della vita.
Dunque: la reazione alle contestazioni della sinistra extraparlamentare da parte della destra radicalizzata. Ragazzi, qualcuno di poco più grande di Ermanno, che con le loro calunnie - un sabba di nomi e versioni - avevano alzato dopo il delitto una cortina fumogena che tutto aveva complicato, confuso, nascosto. E qui il destino di un bambino soffocato nella sabbia, incrocia la storia di un Paese dalla democrazia acerba, diventa ingranaggio e presagio di una stagione di sangue: la strage di piazza Fontana (pochi mesi dopo), gli attentati ai treni, altri depistaggi, altri misteri italiani.
Tempi di terrore dentro i quali il nome e la foto di Ermanno in pantaloncini corti comparsa sui giornali per mesi, si sono dissolti come orme a riva, fino a essere rimossi. Da tutti fuorché qualche giornalista - come Provvisionato - e un uomo e una donna. Lucia e Armando. I genitori di Ermanno, morti anziani e soli, nel 2001, a un mese di distanza l' uno dall' altro.
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