Stefano Montefiori per www.corriere.it
gilbert chikli – il finto jean yves le drian
Comincia oggi a Parigi il processo a Gilbert Chikli e ai sei complici, presunti autori della truffa del «falso Le Drian». A partire dall’estate del 2015 la banda è riuscita a farsi affidare decine di milioni di euro usurpando l’identità di Jean-Yves Le Drian, potente uomo politico bretone, ex socialista, all’epoca ministro della Difesa sotto la presidenza Hollande e oggi ministro degli Affari Esteri di Emmanuel Macron.
Le vittime
Secondo l’accusa, Chikli e gli altri sono riusciti a ingannare personalità abituate a frequentazioni importanti, non sprovveduti. Nel 2016 il capo dei musulmani ismaeliti, Karim Aga Khan IV, convinto dal falso Le Drian a finanziare una missione segreta, ha fatto tre bonifici su conti in Polonia e in Cina del valore complessivo di 20 milioni di euro. Dei quali, anche dopo la scoperta della truffa, quasi otto non sono mai stati recuperati.
Il 14 marzo 2016, una telefonata importante arriva alla società del Chateau Margaux, uno dei vini più nobili e conosciuti al mondo: «Il ministro Le Drian desidera parlare con Corinne Mentzelopoulos», la proprietaria. La segretaria richiama, le risponde «il capo di gabinetto del ministro» che inoltra la chiamata al falso Le Drian, ovvero a Gilbert Chikli. Che scambia alcuni convenevoli, le parla di suo padre André, sua vecchia conoscenza, e poi chiede con la massima gravità 40 milioni di euro per liberare due giornalisti francesi tenuti ostaggio in Siria: la politica ufficiale della Francia è quella di non pagare riscatti, bisogna trovare fondi occulti che non lascino traccia nelle casse dello Stato.
Il sedicente ministro assicura che la somma sarà rimborsata su un conto in Svizzera, e invia una lettera con la firma dell’intesa - «segretissima» - su carta intestata del ministero della Difesa. La donna esegue i primi due bonifici, al terzo si fa venire un dubbio e chiama la polizia. Ma ormai tre milioni di euro sono spariti. La terza vittima illustre è il miliardario turco Inan Kirac, convinto dal falso ministro e dai suoi collaboratori a versare 42 milioni di euro su conti in Cina e negli Emirati arabi uniti.
La tecnica
gilbert chikli con la maschera di jean yves le drian
Il truffatore usa il fascino personale, la capacità di imitare i modi decisi di Jean-Yves Le Drian, la discreta conoscenza del protocollo diplomatico, e la squadra di collaboratori che insieme riescono a offrire un versione credibile di un gabinetto ministeriale. In un’occasione Chikli usa una maschera in silicone e compare per qualche istante in un collegamento video con il Niger via Skype, «una connessione di cattiva qualità tanto che la linea cade subito».
Ma quanto basta per apparire alla scrivania e davanti alle bandiere francese ed europea, rendendo più convincente la messinscena. Sullo sfondo, il clima psicologico degli anni 2015-2016, successivi ai massacri dei terroristi islamisti a Parigi e a Nizza: ancora viva l’emozione per il Bataclan e la strage della promenade des Anglais, le persone contattate si sentivano in obbligo di fare la loro parte per aiutare la patria e i connazionali in pericolo.
Gli scampati
Se la patronne del Chateau Margaux, l’Aga Khan e il miliardario turco sono caduti nel tranello, molte altre persone sono state contattate dalla banda ma sono riuscite a resistere: i ceo di Total, della società Edmond de Rothschild, l’ex ministro dell’Ambiente Nicolas Hulot e l’arcivescovo emerito di Parigi, monsignor André Vingt-Trois. Il falso Le Drian ha tentato anche di vendere - invano - quattro elicotteri Tigres alla Tunisia per quasi 20 milioni di euro.
Gli accusati
L’imputato più in vista, che si proclama innocente, è Gilbert Chikli, 54 anni, franco-israeliano, già noto come l’inventore della «truffa del presidente», quando si face passare per il capo di 33 aziende convincendo i sottoposti a versargli urgentemente alcune decine di milioni di euro. La sua storia aveva già ispirato il film «Je compte sur vous» (Conto su di lei), uscito alla fine del 2015.