LASCIATE CHE I MAIALI VENGANO A ME! – “NE HO ADOTTATI 22, COSI’ LI SALVO DAL MACELLO”, PARLA FEDY, LA 46ENNE DI TORINO CHE DA 10 ANNI GESTISCE LA “PICCOLA FATTORIA”. PER I SUINI, CHE LEI CHIAMA “I MIEI CICCIONI”, HA LASCIATO LA CITTÀ E RINUNCIATO ALLE NOZZE: "OGNUNO DI NOI HA UN PROGETTO NELLA VITA E IL MIO È QUESTO. IL PRIMO CONTATTO CON I MAIALI È AVVENUTO OLTRE DIECI ANNI FA, NEGLI USA, QUANDO UNA SCROFA MI FISSÒ NEGLI OCCHI…”

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Roberta Scorranese per il Corriere della Sera

 

federica trivelli federica trivelli

Quando l' uomo con cui stava le disse: «Scegli, o me o loro», Federica Trivelli si guardò le unghie, ci pensò un attimo e poi rispose: «Loro». E «loro», quelli che lei chiama «i miei ciccioni» la stavano aspettando: rosa, pasciuti, mansueti.

 

«Loro» sono i ventidue maiali ai quali la 46enne di Torino ha dedicato una vita: per loro ha fatto sfumare un matrimonio, ha scelto di lavorare part-time e ha lasciato la città per trasferirsi a Vigone, nel Torinese, dove ha fondato La Piccola Fattoria degli Animali. Esattamente dieci anni fa. Una cascina di nemmeno un ettaro dove Yoda, Spartacus e gli altri vivono organizzati in piccoli branchi e dividono cibo e spazi con un cinghiale, cani e gatti.

 

Tutto cominciò nel 2009, appunto. «Il primo "ciccione" arrivò da un contadino - racconta Federica, per gli amici Fedy - e poi sono venuti tutti gli altri». Maiali salvati: dalla macellazione sicura che segue un sequestro, dagli allevamenti intensivi, dalla vivisezione. Funziona così, per fare un esempio: quando in qualche allevamento vengono sequestrati gli animali, ci sono dei tribunali che permettono a privati di «adottarli».

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Federica è una di questi: lei li accoglie, li nutre e li accompagna verso una vecchiaia inusuale nella vita di un suino. «Già, di solito il maiale è destinato alla tavola - continua Trivelli -; qui con me invece arriva alla morte naturale. Se si ammala, al veterinario penso io, così come al cibo e all' acqua».

 

Costo mensile: dai 1.500 ai duemila euro, dipende dalle spese mediche. Come fa? «Proprio per stare vicino a loro ho ottenuto un part-time dalla società di ingegneria dove lavoro. Dunque da sola a volte non riesco: così ho fondato una onlus, La vie en rose , dove si possono fare donazioni spontanee». Poi c' è la pagina Facebook che conta migliaia di interazioni. E così la vita di Federica è scandita dai ritmi dei suini.

 

federica trivelli federica trivelli

«Mi alzo alle sei, faccio una corsa, poi vado da loro. Li pulisco, cambio l' acqua, gli do da mangiare. Poi una doccia e via, al lavoro. Con il pullman: impiego un' ora e mezza per andare e altrettanto per tornare, alla sera». Inoltre il rifugio deve essere sempre presidiato e così ci sono quattro o cinque volontari che si alternano per darle una mano. Al sabato e alla domenica, invece, la vita di Trivelli è tutta per i «ciccioni». La domanda è scontata.

 

«Perché lo faccio? Ognuno di noi ha un progetto nella vita e il mio è questo - spiega Federica -. In passato mi sono impegnata in battaglie in difesa degli animali e dell' ambiente. Il primo contatto con i maiali è avvenuto oltre dieci anni fa, negli Stati Uniti, quando una scrofa mi fissò intensamente negli occhi. Il mio messaggio non è quello più scontato, cioè "non mangiate carne di maiale". È più sottile: invito tutti a conoscere meglio questi animali, da sempre bollati come sporchi e pigri quando non è vero. Se proviamo a vivere accanto a loro, a comprenderne le dinamiche di gruppo, scopriamo un mondo. E mangiarli diventa più difficile per tutti».

 

Trivelli ha scelto i suini per la loro (bassa) posizione nella scala sociale. Ha dato a tutti un nome e, su Facebook, racconta le loro storie. C' è quello arrivato dalla Sicilia e con una storia di maltrattamenti alle spalle. C' è quello donato da un contadino che non poteva più permettersi di tenerlo. C' è il cinghiale strappato ai bracconieri, per Trivelli una doppia vittoria perché l' animale selvatico ha scelto di fidarsi.

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E ora, qual è il prossimo obiettivo? «Vorrei avere più spazio per loro. Io mi auguro che sempre più persone sposino questo mio progetto e che mi aiutino a crescere. Non solo per far stare meglio gli ospiti attuali ma anche, se possibile, per accoglierne degli altri».

 

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