Candida Morvillo per corriere.it
Emilio Fede ha un filo di voce: «Sono terribilmente scioccato che la magistratura mi faccia svegliare alle quattro del mattino da due poliziotti, con mia moglie non ancora ufficialmente sepolta».
È successo all’Hotel Santa Lucia di Napoli, nella notte fra il 24 e il 25 giugno. Giovedì, nella chiesa del Vomero, c’erano stati i funerali della moglie Diana De Feo, mancata il giorno prima a 84 anni. Lo stesso giorno delle esequie, l’ex direttore del Tg4 festeggiava, si fa per dire, il suo novantesimo compleanno. Da Milano, era arrivato a Napoli in auto, subito dopo aver appreso la notizia.
Affidato ai servizi sociali, sta scontando una condanna per il processo Ruby Bis a quattro anni e sette mesi. La visita degli agenti serviva a verificare che fosse in regola con le autorizzazioni del tribunale di Sorveglianza di Milano sul trasferimento a Napoli.
«Mi hanno svegliato. Sono stati un’ora, hanno controllato tutti i documenti e sono andati via», racconta lui, «sono un uomo in sedia a rotelle, arrivato qui con la mia assistente sanitaria salvadoregna, Magdalena, come si dice volgarmente, la mia badante. Regolarmente assunta. Se mi chiede come sto, le rispondo: male, malissimo, sto in carrozzina, ho perso mia moglie, la mia ragione di vita, stavamo insieme da sessant’anni e, da mesi, vivevo appeso alle notizie che la riguardavano.
Aveva subito un’operazione delicata e stava facendo la riabilitazione nella sua casa di Napoli. Io non potevo stare con lei perché Villa Lucia è meravigliosa, ma è piena di scale. Ho vissuto mesi passando le giornate a cercare di capire quando si sentiva di parlare al telefono. E mesi aspettando che arrivasse il giorno del mio compleanno, avendo chiesto il permesso di venire a Napoli per festeggiare con lei. Il giorno prima della mia partenza, lei è morta. Non ho fatto in tempo a vederla. Come sto? Sto in carrozzina, solo, cosa devo dire? Mi devo suicidare?».
Ad aprile, Fede aveva subito un intervento chirurgico in seguito a un incidente stradale. Ora bene non sta, fa confusione con le date. Dice: «Ho il permesso per stare a Napoli fino al 29, domani devo partire e non mi faranno assistere alla tumulazione privata». Gli dici: direttore, oggi è il 26. E lui: «Rimarrà la bara davanti alla chiesa e io dovrò andarmene a Milano, in carrozzina. Ho parlato con l’avvocato, chiederò un certificato medico. Devo dare l’ultimo saluto a mia moglie».
Anche l’anno scorso Fede aveva raggiunto la moglie a Napoli per festeggiare il compleanno e, quella volta, gli agenti avevano fatto irruzione al ristorante, a ora di cena, e l’avevano arrestato. Aveva chiesto l’autorizzazione ma era partito senza accorgersi di non averla ancora ottenuta. Vicenda risolta in 24 ore, ma era difficile immaginare un compleanno peggiore. E invece. Adesso, non si sente di dire altro. Solo questo: «Dimenticatevi di me».
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