Anticipazione da Tpi – www.tpi.it
“Fui il primo a ritrovare il corpo di Aldo Moro il 9 maggio 1978. Erano circa le 13.20, mi trovavo a piazza Ippolito Nievo, lungo viale Trastevere. Ricevetti una telefonata del colonnello Gerardo Di Donno, che dalla centrale operativa dei Carabinieri mi diceva di portarmi in via Caetani. Pochi minuti prima aveva ricevuto dalla Questura la segnalazione di una macchina sospetta.
Mi indicò anche una parte della targa: Roma N5. Impiegai sei o sette minuti ad arrivare in via Caetani. Aprii il bagagliaio della Renault con un piede di porco che aveva con me, e mi trovai davanti a una coperta, in cui era avvolto il corpo del presidente della Dc. Durante i giorni del sequestro Moro mi rivolsi a un latitante di ’ndrangheta. Contattai Antonio Varone, detto Rocco, per avere informazioni. Il suo capo era il fratello, Salvatore Varone. Rocco Varone mise come condizione quella di avere il benestare della mafia.
Si recò da Frank Coppola, che stava a Pomezia. Appena entrò quello gli disse: ti daremo anche dei soldi, ma tu non ti devi interessare. Gli amici suoi non vogliono che torni vivo. Per quanto riguarda il ruolo della Cia, ho sempre precisato, almeno per quello che ho potuto, in virtù del lavoro fatto, che sia l’URSS sia gli americani volevano che Moro fosse eliminato, ma non fisicamente, dal punto di vista politico. Sul caso Moro aveva ragione Italo Calvino, che già a maggio ’78 sul Corriere della Sera scrisse che la verità non sarebbe mai venuta a galla. A mio avviso tutte le istituzioni più interessate sapevano dove si trovasse. Non l’hanno voluto liberare”
Così Antonio Cornacchia, ex generale dell'Arma dei Carabinieri e all’epoca del rapimento di Aldo Moro comandante del Reparto operativo di Roma dei Carabinieri, in un’anteprima dell’intervista al prossimo numero del settimanale Tpi in edicola da domani, venerdì 5 maggio che conterrà una inchiesta sul coinvolgimento di ’ndrangheta e Cia nel caso Moro
FIORONI
Anticipazione da Tpi – www.tpi.it
“La nostra relazione non rappresenta l’unica verità, o tutta la verità sul caso Moro. Contiene tutte le verità che è stato possibile riscontrare in modo storicamente e documentalmente certo. La nostra indagine ha prodotto moltissimi elementi nuovi, anche di dubbio, che abbiamo scoperto durante le indagini. In alcuni casi elementi clamorosi e novità venute alla luce non hanno trovato i necessari riscontri.
Tutte e tre le principali versioni fornite dalle Br – Morucci, Gallinari, la Braghetti – sono false. Abbiamo stabilito una dinamica più precisa di quella esecuzione. Non un colpo di grazia, al contrario: colpi al cuore e al corpo, sparati con perizia proprio perché non morisse. Moro è morto dissanguato dopo un’agonia. Volevano che soffrisse. Abbiamo lavorato nel segno della trasparenza, desecretando tutti i documenti. Ci sono ancora migliaia di pagine non accessibili? Solo quelle su persone ancora implicate in procedimenti aperti o quelle per cui i titolari dei documenti (pubblici o privati) hanno richiesto il segreto, come è per legge loro diritto.
giuseppe fioroni foto di bacco
Poco prima del 9 maggio, era vicina la liberazione di una brigatista. C’erano due canali. Un imprenditore israeliano aveva messo a disposizione 10 miliardi per pagare il sequestro, tramite il Vaticano. Ci sono dei riscontri anche nei diari di Andreotti. Il canale del Papa contava però anche sui cappellani carcerari. L’altro canale era di sinistra. Si era aperto a Milano, intorno alla Libreria Calusca. A Roma intanto il deputato socialista Signorile parlava con Pace e Piperno, Faranda e Morucci.
Si individuò una possibile pedina di scambio: una brigatista malata di tumore, Paola Besuschio. Era possibile graziarla. Era già tutto pronto. Signorile ci ha detto che lui e Cossiga aspettavano notizie positive. Ma questo accadeva proprio la mattina del 9 maggio! Le Br uccidono Moro proprio quel giorno, guarda caso.
C’è stato un tamponamento della verità. Persone di cui era stata accertata la presenza sulla scena del crimine a via Fani sono dovute sparire. Magari perché non si poteva spiegarne la presenza. Oppure perché non si era in grado di farlo. Quando è stato chiaro che non si poteva nascondere tutto, è passata la linea di affollare la scena del crimine di via Fani di tutto e di più. Per rendere impossibile per chiunque ricostruire una verità compiuta.
A uccidere Moro sono state le Br, su questo non c’è dubbio. Ma il reato che uccide davvero Moro è anche l’omissione. Tutti quelli che potevano sapere fanno finta di non sapere. E chi sapeva qualcosa non ha detto nulla. Moro era pericoloso per l’ordine di Yalta: aveva come nemici tutti i Servizi che difendevano l’equilibrio della guerra fredda. Questi attori hanno favorito chi voleva ucciderlo”.
Così Giuseppe Fioroni, Presidente della commissione parlamentare sul rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, commenta le risultanze della relazione finale in un’anticipazione dell’intervista al prossimo numero del settimanale Tpi in edicola da domani, venerdì 5 maggio che conterrà una inchiesta sul coinvolgimento di ’ndrangheta e Cia nel caso Moro
francesco cossiga aldo moro GIULIO ANDREOTTI ALDO MORO ENRICO BERLINGUER ALDO MORO 1 aldo moro via fani aldo moro aldo moro in giacca e cravatta a terracina Francesco Cossiga in via Caetani, davanti alla R4 con il cadavere di Aldo Moro 22 rapimento di aldo moro 16 marzo 1978 ph barillari giuseppe fioroni