Sandro Orlando per "www.corriere.it"
Nonostante le critiche, e qualche errore di comunicazione, l’Agenzia di sanità pubblica svedese va avanti con la sua strategia di mitigazione dolce della pandemia, senza chiusure né divieti. Il governo di minoranza guidato dal socialdemocratico Stefan Löfven rinuncia così per ora ad avvalersi dei poteri speciali che ha ottenuto dal Parlamento la settimana scorsa e saranno in vigore fino al prossimo 30 giugno.
Si continua insomma senza lockdown, anche perché come ha detto il vicedirettore dell’Agenzia, Anders Wallensten, in Svezia «il picco è stato raggiunto più di una settimana fa, e ogni giorno possiamo aspettarci un numero di casi inferiore».
Rallentamento
Ed effettivamente ieri i nuovi casi accertati sono stati 194, meno della metà del giorno prima, e quasi un terzo rispetto alla media dell’ultima settimana. Il calo è evidente soprattutto nella capitale, il focolaio principale dell’infezione in Svezia, dove bar e ristoranti sono rimasti sempre aperti anche a Pasqua, con l’unica indicazione di servire solo ai tavoli.
Ed è qui che l’Agenzia ha annunciato, sulla base di un test a campione effettuato su 700 persone, di aspettarsi che entro il primo maggio un terzo della popolazione della regione di Stoccolma possa risultare positiva al virus: e parliamo di 600 mila persone. Attualmente i casi di contagio accertati nella capitale sono poco più di 6 mila.
Immunità di gregge
Se questa previsione venisse confermata, si realizzerebbe lo scenario che previsto da Anders Tegnell, l’epidemiologo a capo dell’Agenzia, e che — secondo le sue analisi — coinciderebbe con il raggiungimento dell’immunità di gregge a maggio. Per la Svezia si tratterebbe dell’uscita dal tunnel, senza i contraccolpi economici che il coronavirus sta avendo in tutto il resto del mondo, perché qui aziende e uffici sono rimasti sempre aperti.
La strategia
Tegnell ha precisato di nuovo ieri questa scelta, che ha sollevato in Svezia molte perplessità e proteste anche da parte della comunità medica, in un’intervista al settimanale Nature: «Come in tutti gli altri Paesi — ha detto questo epidemiologo contestato anche per come si veste —, puntiamo ad appiattire la curva dei contagi, rallentando il più possibile la diffusione dell’infezione, altrimenti il sistema sanitario rischia il collasso.
Ma questa non è una malattia che può essere fermata o sradicata, almeno fino a quando non verrà prodotto un vaccino efficace — ha sottolineato —. Dobbiamo trovare soluzioni a lungo termine che mantengano l’epidemia ad un livello accettabile».
Responsabilità
A questo scopo tutti hanno fatto ricorso al distanziamento sociale, tenendo isolate le persone: la Svezia però, per cultura e limiti costituzionali, si è basata più sulla persuasione, che non sui divieti. «Le nostre leggi fanno affidamento alla responsabilità individuale: il cittadino ha la responsabilità di non diffondere una malattia.
Questo è il punto da cui siamo partiti, non ci sono molte possibilità di chiudere le città con le leggi che abbiamo. La quarantena può essere impiegata solo per singoli individui o aree limitate, come una scuola o un albergo».
Scuole aperte
Quanto alla scelta di lasciare aperte le scuole — nonostante le superiori e le università siamo passate temporaneamente ai corsi a distanza — Tegnell sottolinea che «non avrebbe senso in questa fase, ora che siamo vicini alla cima della curva, chiuderle». Oltretutto, aggiunge, «è fondamentale per la loro salute psichica e fisica, che le generazioni più giovani restino attive».
Case di riposo
L’unico rammarico l’epidemiologo l’ha espresso sulle case di cura per anziani: «Abbiamo sottovalutato il problema — ammette — e come sarebbero state applicate le misure di contenimento. Avremmo dovuto fare controlli in modo più approfondito». Perché anche in Svezia la Covid-19 ha fatto breccia nelle strutture di assistenza per anziani, provocando il grosso dei decessi (1.765, su oltre 15 mila casi di contagio accertati) tra i pazienti con più di 70 anni, molti dei quali già con problemi di salute pregressi.
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