“NAPOLI È UNA CITTÀ INFERIORE MORALMENTE” - NON SONO BASTATE LE “PUTINATE” CHE VA PROPALANDO IN TV, L'EGO DI ALESSANDRO ORSINI DEBORDA SUL SOCIOLOGISMO SPICCIOLO: “I NAPOLETANI SONO ASSUEFATTI E NON DARANNO VITA A UNA RIVOLTA PER UNA VITA CIVILE MIGLIORE. UN ADOLESCENTE IMPARA CHE NON SI ESCE DI CASA INDOSSANDO OGGETTI DI VALORE. DERUBATO, GLI VIENE DETTO: “SCIOCCO, CHE COSA TI ASPETTAVI?”. DUNQUE, LA ROUTINE CHE RIPRODUCE LA SOCIETÀ NAPOLETANA È FONDATA SULL’IDEA DELLA NORMALITÀ DELLA CRIMINALITÀ"

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Vincenzo Esposito per www.corriere.it

 

Alessandro Orsiniè tornato in tv, a «Cartabianca», ma stavolta senza gettone dopo le polemiche delle scorse settimane per l’accusa di essere filo-Putin. Martedì sera neanche il tempo di apparire in video e subito ha scatenato forti reazioni, perché, nel bene o nel male, il sociologo nato a Napoli nel 1975, divide e fa pensare con le sue tesi da «pecora nera». Ha un grandissimo seguito su Facebook che ormai si può chiamare comunità. Gente che discute, fa domande, gli chiede consigli e Orsini non si sottrae.

 

Ad esempio: «Miei amati e giovanissimi amici, alcuni di voi, in lacrime, mi dicono di essere “a pezzi” perché “sono stato bocciato a scuola” o perché “mi sono diplomato con un voto bassissimo”. Mi scrivete che “lei, professor Orsini, per me è un eroe”. Miei cari amici, che cosa vi distrugge e quale eroe potrei mai essere? Sono un uomo che si porta addosso una quantità di sconfitte che desta impressione. Sono stato rovinosamente bocciato al primo anno del liceo classico.

 

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Trasferitomi da Napoli a Latina, cambiai scuola, ma i miei problemi non finirono e nemmeno le sconfitte. Faticai sempre e fui rimandato in due materie al terzo anno, chimica e matematica. Mi sono diplomato al liceo classico Dante Alighieri di Latina con un voto bassissimo, 40/60, che, a quei tempi, significava che, tra i promossi, eri uno degli ultimi. I miei professori pensavano che non avessi alcun talento per andare all’Università». Una risposta nella quale il sociologo racconta molto di sé.

 

La carriera

Non si è mai arreso, come suggerisce di fare a tutti nei suoi post, e si è laureato alla Sapienza, poi dottorato alla Roma Tre e ha fondato l’Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale della Luiss, di cui è direttore, come del quotidiano Sicurezza Internazionale. È specializzato in “strategie di ingresso in gruppi violenti motivati da odio ideologico”, è stato nominato membro della commissione del governo per lo studio dell’estremismo jihadista nel 2016. Niente male per uno bocciato al primo anno di liceo a Napoli e arrivato al diploma con difficoltà.

 

Le ragioni

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E della sua città, al di là della guerra russo-ucraina, cosa ne pensa? Il suo pensiero affidato a un post del marzo 2020. E anche qui si racconta. Si inizia con la domanda (retorica) «Napoli è una città inferiore?». E poi: «Non mi offendo per gli insulti e spiego il significato della mia affermazione. (...) La vita sociale non sarebbe infatti possibile se gli uomini non avessero uno schema codificato per distinguere l’inferiore dal superiore su cui fondare le routine con cui producono la società.(...) È perché il camorrista è un essere inferiore che lo evitiamo. Quante volte i ragazzi di 14 anni si disperano per avere commesso una malefatta che ha rovinato la loro vita e dicono: “Ero confuso. Non mi sono reso conto che stavo sbagliando”.

 

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A Napoli, quando frequentavo le scuole medie, ne ho visti di quattordicenni in simili condizioni pedagogiche. E a vent’anni li ho ritrovati in carcere. Tornati in libertà, ho letto le loro lettere piene di dolore e di pentimento, e raccolto le loro testimonianze: “Alessandro, io non ho avuto nessuno che mi abbia aiutato a capire che cosa fosse bene e che cosa fosse male”. Superiore e inferiore sono categorie spesso utilizzate con intenti ignobili, come dimostra la storia repellente di tutti i razzismi, ma non ci sono dubbi sull’inferiorità morale di Napoli. Napoli è una città inferiore per molte ragioni morali. Mi limito a indicarne quattro per motivi di sintesi.

 

La prima ragione è che l’omicidio del 15enne (Ugo Russo, ucciso il primo marzo 2020 da un carabiniere che voleva rapinare, ndr) non ha provocato un’insurrezione popolare contro la microcriminalità. I napoletani sono assuefatti. È accaduto, accadrà di nuovo e i napoletani non daranno vita a una rivolta per una vita civile migliore. La seconda ragione, è che un adolescente impara che non si esce di casa indossando oggetti di valore. Derubato, gli viene detto: “Sciocco, che cosa ti aspettavi?”.

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Dunque, la routine che riproduce la società napoletana è fondata sull’idea della normalità della criminalità». E poi: molti furti non vengono denunciati perché «Sporgere denuncia è tempo perso». La quarta ragione è che a Napoli la coscienza morale è divisa: alcuno sono contro il carabiniere, altri contro il rapinatore. «A Siena, che è una città moralmente superiore a Napoli, nessuno si schiererebbe con il quindicenne». Ma la domanda è: e a Roma, Milano, Londra o New York anche?

 

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