Fabio Savelli per il “Corriere della Sera”
Assolta dalle accuse di aggiotaggio e falso in bilancio perché «il fatto non sussiste». Ingiustamente detenuta, ma solo per i primi 16 giorni passati nel carcere di Vercelli tra luglio ed agosto di nove anni fa, per i quali Giulia Ligresti ha diritto ad un risarcimento di 16mila euro.
La sentenza della Corte d'Appello le ha riconosciuto la particolare «afflittività» della condizione carceraria, ma non le ha concesso l'indennizzo per i 21 giorni trascorsi a San Vittore nel 2018 per scontare quella pena per reati da cui pochi mesi dopo fu scagionata grazie alla revisione del processo. La richiesta di indennizzo era più alta, 1,3 milioni. Ma ha pesato la scelta di patteggiare: non le è stato riconosciuto l'errore giudiziario.
Contenta a metà?
«Ho preso atto che i giudici abbiano almeno riconosciuto che io sia stata messa in carcere ingiustamente e utilizzerò il risarcimento per sostenere i progetti umanitari a favore di donne e bambini in difficolta di cui da sempre mi occupo.
Ma sono molto delusa del fatto che il mio patteggiamento sia stato considerato un'ammissione di colpa. Mi trovavo in un luogo infernale dove non sarei sopravvissuta un solo giorno in più. Leonardo, il più piccolo dei miei figli, aveva solo 11 anni, ero angosciata e disperata e mi era stato fatto capire che quella era l'unica strada, l'unico strumento per uscire da lì».
All'epoca ricopriva la carica di vicepresidente di Fondiaria Sai, la compagnia di famiglia finita sotto la lente degli investigatori.
«Accuse infondate che si sono sciolte come neve al sole, nessuna falsificazione del bilancio né informazioni false al mercato. Tutto completamente folle. Ancor piu folle la mia carcerazione preventiva.
Io sono comunque una persona che guarda al futuro piu che al passato e ho accettato di considerare quei momenti terribili come un'esperienza che ha contribuito a farmi diventare la persona che sono.
LO SHOPPING DI GIULIA LIGRESTI
Ma non accetto che la verità venga distorta in questo modo assurdo: arrestata, assolta con formula piena, risarcita ma solo in parte perché ho patteggiato. Quindi secondo la Corte mi sono implicitamente dichiarata colpevole di un fatto che non sussiste. La mia vita va avanti ma mi sento di voler stimolare il dibattito pubblico perché l'Italia su temi così importanti, che riguardano la liberta delle persone, rischia di rimanere indietro».
rula jebreal e giulia ligresti
Lei però ha ottenuto un indennizzo. Non basta?
«Il passaggio della sentenza che più mi ha amareggiato è quello in cui si definisce il patteggiamento "una scelta personalissima dell'imputato che costituisce una precisa ed inequivocabile manifestazione di volontà".
Non c'era alcun consenso, sono finita in una situazione kafkiana in cui, pur non avendo commesso nulla, sono stata costretta a cedere per tornare a casa dai miei figli. Ricordo ancora oggi il primo interrogatorio da detenuta: sono stata prelevata dal carcere all'alba, costretta dentro il recinto del furgone blindato fino al tribunale di Torino: un caldo atroce e il panico perché soffro di claustrofobia. Lì mi hanno fatto attendere per un tempo interminabile nelle celle dei sotterranei.
Sono arrivata all'interrogatorio disperata. È stato in quel momento che mi è stato chiaramente detto che la mia detenzione sarebbe potuta durare mesi e che l'unica strada per uscire era patteggiare».
Sta dicendo di essere stata costretta?
«Gli avvocati Massimo Rossi e Pamela Picasso, nuovi difensori che mi stanno seguendo in questa fase, sostengono che il patteggiamento rappresenta una strategia difensiva che non può essere ricondotta ai concetti di colpa grave o dolo quali ostacoli all'indennizzo per la detenzione subita. Io sapevo di essere innocente ed ero annientata dalla condizione della privazione della libertà.
Ho scelto la "vita" facendo prevalere l'istinto materno di stare accanto ai miei figli Ginevra, Federico e Leonardo, che hanno dimostrato una forza straordinaria».
L'allora ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, sollecitò approfondimenti sulle sue condizioni di salute e per questo finì sotto accusa.
«Sono in molti a doverle chiedere scusa e mi auguro che l'attuale ministro della Giustizia, Marta Cartabia, che stimo molto, abbia la volontà di approfondire questi temi. Il mio è solo uno dei moltissimi casi in cui si annienta la vita di persone innocenti. Però molti, a differenza mia, non hanno la possibilità di difendersi che ho avuto io. Per loro sento di dover combattere».
GIULIA LIGRESTI ALLA MENSA DEI POVERI giulia ligresti e ginevra ligresti rossini jonella e giulia ligresti