“C’È UN AFROAMERICANO CHE MI ATTACCA” – UNA SCIROCCATA FINGE DI ESSERE AGGREDITA A CENTRAL PARK DA UN UOMO CHE LE AVEVA SEMPLICEMENTE CHIESTO DI TENERE AL GUINZAGLIO IL CANE: LEI SI AGITA E LUI INIZIA A RIPRENDERE LA SIGNORA CHE CHIAMA LA POLIZIA FINGENDO DI ESSERE MINACCIATA – IL FILMATO DI LEI CHE PIANGE E ANSIMA DIVENTA VIRALE E LA SIGNORA VIENE… VIDEO

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Irene Soave per "www.corriere.it"

 

finge di essere aggredita da un afroamericano a central park 10 finge di essere aggredita da un afroamericano a central park 10

Sport già difficile prima della pandemia, la convivenza tra abitanti di una stessa città, vicinato, condominio non sembra essersi giovata del confinamento. Lo racconta bene questo video, oggi condiviso decine di migliaia di volte e in apertura di siti come la Cnn e il New York Post.

 

finge di essere aggredita da un afroamericano a central park 8 finge di essere aggredita da un afroamericano a central park 8

Central Park, a passeggio sulla «Ramble», un’area del parco più selvatica dove si possono avvistare animaletti e uccelli con facilità. Per questo i cani vanno tenuti al guinzaglio. Una donna ha con sé un cocker spaniel libero di nome Henry. Un passante la ferma e le chiede di legarlo. Dei due contendenti poche ore dopo si saprà tutto. Lui si chiama Christian e ha 57 anni; lei Amy (hanno lo stesso cognome — che scegliamo di omettere da questo testo per ragioni che vi appariranno presto evidenti — ma non sono parenti), e ne 41, e presto iniziano a litigare.

 

finge di essere aggredita da un afroamericano a central park 9 finge di essere aggredita da un afroamericano a central park 9

«Il cane stava rovinando delle piante», scrive lui su Facebook: per mostrare alla padrona che il cane non le obbedisce, tira fuori dalla tasca un biscottino per cani. «Li porto con me apposta per queste occasioni», scrive su Facebook: è un amante del birdwatching e non deve essere la prima volta che attacca briga con qualche padrone di cani, perché è attrezzato. Lei gli urla contro, lui impassibile inizia a filmarla.

 

Ed è qui che Amy gioca la carta più scorretta possibile. «Ora chiamo la polizia», dice, in video, «e dico che c’è un uomo afroamericano che mi minaccia»: sottolinea bene «afroamericano», come a richiamare il lungo storico di abusi di polizia su cittadini neri, per il quale c’è pure un termine tecnico, «shooting bias» (negli Stati Uniti, se sei nero, è 3,5 volte più facile che la polizia ti spari; in qualche Stato è 20 volte più facile). Lui: «Prego, chiamali».

finge di essere aggredita da un afroamericano a central park 1 finge di essere aggredita da un afroamericano a central park 1

 

Al telefono Amy ripete tre volte «c’è un afroamericano che mi attacca, che mi minaccia». Ha un tono di voce sempre più agitato, come se lui le stesse addosso, ansima, piange, urla. Lui, fermo, si limita a filmarla da metri di distanza. Le riprese si interrompono con la donna che mette il guinzaglio al cane e lui che le dice «Grazie».

 

L'antipatia fin qui va tutta alla padrona del cagnolino, scorretta e fuori di sé, che gioca spregevolmente la carta del razzismo. Poche ore dopo, però — la lite è di ieri mattina — il paladino del senso civico Christian fa girare il video sui social: migliaia di condivisioni in poche ore, gogna per la signora Amy , di cui ora sappiamo anche che ha 41 anni e lavora come manager per una compagnia di investimenti. Anzi, lavorava: l'azienda, in un tweet, annuncia che l’ha messa in aspettativa. Le tv di tutto il mondo la cercano e lei, scrive la Cnn, «non risponde al telefono».

finge di essere aggredita da un afroamericano a central park 3 finge di essere aggredita da un afroamericano a central park 3

 

Persino il canile dove aveva da poco preso il piccolo Henry lo ha rivoluto indietro: il profilo Instagram che Amy aveva creato per fotografarlo, ora chiuso, mostrava che il cagnolino si era fatto male qualche volta, e molti commenti da ieri insinuavano che lei fosse una pessima padrona (mentre chiama la polizia nel video strattona il cane). La polizia sul posto era intervenuta: ma entrambi, Amy e Christian, erano già andati via. E la palla era già passata a un tribunale più severo, quello social.

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