L'ARCIVESCOVO DI MILANO DELPINI CONTRO BERGOGLIO
1 - DELPINI DOPO LE BATTUTE SU PAPA FRANCESCO: «CRITICATO PER LA MIA IRONIA, VOGLIONO UNA CHIESA NOIOSA»
Giampiero Rossi per www.corriere.it
Il futuro come uno spaventoso «accumularsi di minacce». Il linguaggio appesantito dalla «lamentazione», mentre l’ironia sembra quasi «proibita». In mezzo a tutto ciò, tuttavia, continua a germogliare «l’impegno per il bene comune». Dal suo osservatorio milanese, l’arcivescovo Mario Delpini segnala che ci sono alcuni aspetti della nostra convivenza che «segnano tutta la società occidentale».
Eccellenza, due giorni fa ha inaugurato l’anno pastorale ambrosiano. Con quali auspici?
«La chiesa è una comunità che vuole seminare speranza nei giorni facili e in quelli difficili. Quindi il mio auspicio è che sappiamo conservare passione nella vita di tutti e che in questa vita continui a rivelarsi la gloria di Dio»
il discorso di monsignor delpini contro bergoglio
Lei è impegnato in un giro all’interno della diocesi più grande del mondo: che impressioni ne sta ricavando?
«Trovo molte conferme della mia convinzione che Milano sia una realtà meravigliosa, ricca di persone e opere di eccellenza: ovunque trovo tanta gente impegnata a rendere più abitabile la città, a rendere meno insopportabili i problemi. Però noto anche un’altra cosa: una volta qui si parlava il dialetto milanese, adesso la lingua più parlata mi sembra quella della lamentazione. Insomma, un’ eccellenza economica, culturale e sociale che finisce per parlare un linguaggio un po’ depresso».
Un altro effetto degli anni della pandemia?
«Non mi pare che già prima fosse abituale un’arte del “parlare per fare del bene”, che dovrebbe essere il criterio dell’agire umano in quanto tale. Da tempo ho l’impressione che si parli senza pensare se ciò che si dice fa del bene o no. Anche il dibattito politico, il linguaggio sportivo, la chiacchiera di strada ricadono spesso nella lamentazione e coprono di grigio anche lo splendore».
A proposito di linguaggio. Lei stesso, a distanza di una settimana, ha voluto chiarire pubblicamente il senso delle sue battute nel Duomo di Como, dopo tante ipotesi, critiche e illazioni.
«Da questa vicenda traggo l’idea che l’ironia sia quasi proibita, che in questo contesto mediatico bisogna essere seri, parlare il meno possibile e soprattutto annoiare. Perché se uno fa una battuta in pubblico si scatena tutto questo. Evidentemente i media si aspettano che la chiesa parli sempre in modo noioso. Dopodiché sono del tutto d’accordo col Papa, ne condivido le scelte e i criteri, e non vedo alcuno smacco se una città ha un vescovo che non è cardinale».
Ma lei continuerà a usare l’ironia?
«Farò come sono capace di fare, in fondo volevo solo fare gli auguri a un amico».
La sua proposta pastorale («Kyrie, Alleluia, Amen – Pregare per vivere, nella Chiesa come discepoli di Gesù») suona come un invito alla preghiera rivolto soltanto ai cattolici...
«Credo che il vescovo, cioè la chiesa, con la propria presenza debba cercare di interpretare i bisogni dell’umano e provare a dare una risposta cristiana. E questo tema della preghiera, in realtà, non si rivolge soltanto ai cattolici che frequentano la chiesa, perché colgo un bisogno di spiritualità molto più diffuso, sebbene in certi casi si caratterizzi per il suo egocentrismo: “Ho bisogno di spiritualità per stare bene con me stesso”. In ogni caso anche questa domanda di qualcosa di non solo materiale e relazionale ma anche spirituale significa qualcosa. È uno spazio al quale io come vescovo posso anzi devo rivolgermi. A quella persona dico: io ho una parola da offrirti su questo tuo bisogno di spiritualità».
Com’è cambiato il mondo in questi cinque anni del suo mandato di arcivescovo di Milano?
«La città e tutto il Paese hanno reagito con molta energia ai problemi che si sono presentati. Tuttavia la pandemia ha fatto emergere con maggiore criticità i problemi cronici: la solitudine, soprattutto degli anziani, l’emergenza educativa in alcuni quartieri.
E in questi cinque anni mi sembra si sia confermata una domanda che non ha avuto risposta: c’è una terra promessa verso la quale vale la pena mettersi in cammino? Ecco, questa domanda di speranza viene quasi censurata come imbarazzante, e questo tratto segna Milano e tutta la civiltà occidentale che non guarda più al futuro come a una terra promessa ma come a un accumularsi di minacce».
Cosa si aspetta dalla politica dopo il 25 settembre?
«Mi aspetto alcune virtù: la lungimiranza, cioè non soltanto tamponare emergenze ma un percorso per il futuro del Paese e dell’Europa; la fierezza, cioè la consapevolezza che ce la possiamo fare, che siamo capaci di affrontare i problemi, quindi servono competenze ma anche un atteggiamento sano; la resistenza, perché l’impegno politico può essere logorante sotto il ricatto della popolarità e del malcontento. Aggiungerei anche la gentilezza: l’aggressività non è inevitabile».
2 - DELPINI E LE SCUSE AL PAPA "VOLEVO ESSERE SPIRITOSO NON MI SONO FATTO CAPIRE"
Miriam Romano per “la Repubblica – ed. Milano”
Mario Delpini chiude l'incidente diplomatico che lo ha visto protagonista nei giorni scorsi, per le battute pronunciate dopo la scelta di papa Francesco di nominare cardinale il vescovo di Como, Oscar Cantoni, ma non lui stesso. «Mi scuso perché non mi sono fatto capire, cercherò di non usare più il genere letterario dell'ironia», dice ora Delpini, che da monsignore guida la Diocesi di Milano che è anche la più estesa del mondo.
A molti sui social le frasi pronunciate durante la messa del 31 agosto nel Duomo di Como erano sembrate persino offensive nei confronti del Papa.
«Probabilmente il Santo Padre avrà pensato: quei bauscia di Milano non sanno neanche dov' è Roma, quindi è meglio che non li coinvolga troppo nelle cose del governo della Chiesa universale » , era stata la battuta.
«Cercavo di essere spiritoso», è il chiarimento pronunciato ora in Duomo nella Messa di apertura dell'anno pastorale. E poi: « La prima cosa che penso è che sono contento che Oscar sia diventato cardinale e penso che possa dare buoni consigli al Papa. Il secondo punto è che io non desidero diventare cardinale, non mi sentirei proprio a mio agio. E terzo punto è che la Chiesa di Milano non è diminuita nel suo prestigio e nella sua bellezza perché il vescovo non è cardinale. Sono d'accordo con il Papa, penso faccia bene a fare delle scelte e usare criteri che lui ritiene opportuno » .
don Mauro Galli e Arcivescovo Delpini
Strappa un sorriso alla platea dei fedeli, Delpini, quando aggiunge che «devo chiedere scusa al Papa non perché dissento da quello che fa. Ma perché non sono esperto del campionato di calcio dell'Argentina. Ho attribuito al Papa di fare il tifo per una squadra. Si sa: gli argentini su questo sono un po' suscettibili. Il Papa tifa per il San Lorenzo e devo chiedere scusa per questa confusione». Con uno sfottò calcistico, infatti, l'arcivescovo aveva attribuito al Papa il tifo per la squadra argentina del River Plate.
La crisi energetica, la guerra in Ucraina e anche un riferimento alle imminenti elezioni politiche. L'omelia dell'arcivescovo Mario Delpini non ha lasciato indietro nessun tema d'attualità. La navata centrale del Duomo piena di fedeli fino in fondo, undici seminaristi ammessi al percorso per il sacerdozio e otto laici candidati a diventare diaconi.
La Messa di apertura del nuovo anno pastorale, celebrata ieri mattina in Duomo, come ogni 8 settembre (festa della Natività della Beata Vergine Maria), non è stata scandita solo dal tradizionale " programma", la cosiddetta Proposta pastorale, che quest' anno è già stata pubblicata a giugno con il titolo " Kyrie, Alleluia, Amen - Pregare per vivere, nella Chiesa come discepoli di Gesù", per consentire a parrocchie, comunità pastorali e decanati di definire attività e programmi del nuovo anno.
La celebrazione, invece, ha toccato tutti i fedeli. « Celebriamo l'alleanza con Dio - ha sottolineato Delpini durante la sua omelia - non come un rito che si esaurisce tra le mura delle nostre chiese, ma come il principio di una missione. Vogliamo essere cittadini responsabili, attivi, pensosi, intraprendenti per il bene comune » . Un attivismo anche politico. «Saremo presenti nei partiti politici, nelle amministrazioni comunali, nelle responsabilità economiche non come gente che cerca potere e vantaggi di parte, ma come gente che vuole servire il bene comune».
ARTICOLI CORRELATI