Maria Sorbi per “il Giornale”
Analuisa scrive dal Sud America e le sue parole scivolano su una bella carta da lettera a fiori. Calligrafia delicata d'altri tempi, racconta le sue pene d' amore tentennando con la stilo ogni volta che si imbatte nel nome del suo amato.
Ester invece scrive dal Nord Europa, documento Word fitto fitto ma firma autentica scritta a penna.
Le loro sono solo due delle lettere ammucchiate sul tavolo di via Santa Cecilia a Verona. Le altre arrivano dal Giappone, dalla Spagna, dalla Russia, da ogni parte del mondo. Siamo nel quartier generale dell' amore, una minuscola e graziosa stanza che ospita il Club di Giulietta, l'adolescente shakespeariana emblema per eccellenza della passione più pura, impulsiva e coraggiosa.
POSTE INTASATE Gli innamorati di tutto il mondo le scrivono 50mila lettere ogni anno.
Sì, 50mila. Tanto che la filiale veronese delle Poste italiane vicino alla stazione di Porta Nuova si è dovuta ingegnare per gestire il traffico di lettere e si è organizzata con una «corsia preferenziale» dedicata.
Anche perché ci sono momenti dell' anno, come San Valentino o l' inizio di settembre - compleanno di Giulietta - in cui i sacchi di posta triplicano e sembra che d' improvviso tutto il mondo abbia urgenza di raccontare la propria storia. A lei e a lei sola, confidente universale che mai è esistita se non nella mente di Shakespeare ma che è diventata l' amica più intima. Su parecchie buste c' è semplicemente scritto «Juliet, Verona». E la lettera arriva lo stesso, riconosciuta dai postini di ogni Paese e da tutti i macchinari che smistano le buste.
«Cara Giulietta, ho 89 anni» scrive un' anziana signora rimasta vedova e desiderosa di lasciare traccia della sua storia d' amore mai realizzata.
Oppure «Cara Giulietta, sono Philipe e ho 17 anni». Ogni riga racconta di sogni, sentimenti, aspettative, ansie. Narra di occasioni mancate, di timidezze che sembrano insuperabili, di paura di rimanere da soli.
E Giulietta risponde a tutti. O quasi. A prestarle penna e cuore sono le sue ambasciatrici dell' amore, un gruppo di volontarie che da anni legge le lettere e cerca di dare i consigli e le consolazioni più dolci. Ognuna di loro sa bene che non si scherza quando in ballo c' è il cuore e mai nelle risposte pecca di superficialità.
Anche perché basta dare un' occhiata ai testi archiviati per lingua tra gli scaffali per scoprire che nel mondo ci sono ancora tante Giuliette moderne: ragazze pakistane costrette a matrimoni imposti dalla famiglia scrivono per raccontare la loro ansia di non potere amare mai davvero, giovani indiane confidano le lotte con le famiglie per smarcarsi da legami prestabiliti. Qualche anziana signora ha voluto inviare a Verona l' anello del marito morto da poco, il diario della propria storia d' amore di gioventù, le foto dell' ex fidanzato da dimenticare.
I PRIMI BIGLIETTI La storia delle lettere a Giulietta risale al 1930, quando Ettore Solimani, il custode della tomba della giovane Capuleti partorita da Shakespeare, inizia a raccogliere i primi bigliettini che i turisti lasciano in cerca di consiglio e, commosso dal fenomeno, ha l' idea di rispondere diventando così il primo «segretario di Giulietta». Da quel giorno la tradizione va avanti ininterrottamente.
Le lettere scritte con capilettera arzigogolati sono diventate mail e messaggi adornati di emoticons, ma l' amore raccontato resta sempre quello. Struggente, soffocato, negato, rimpianto.
Negli anni il gruppo dei segretari dell' amore assume una forma sempre più ufficiale. Tanto che nel 1972 viene fondato il Club di Giulietta.
L' idea viene a Giulio Tamassia, responsabile della comunicazione per l' azienda dolciaria Paluani, appassionato dei testi shakespeariani.
All' inizio i volontari si ritrovano in una stanzetta concessa gratuitamente in una scuola di musica, poi si trasferiscono fuori dal centro. E ora che Tamassia è da poco scomparso, continuano la tradizione in una piccola sede concessa dalla Fondazione Cariverona. A continuare la tradizione di famiglia c' è Giovanna Tamassia che anni fa è «stata tirata in mezzo» dal padre nell' avventura delle lettere d' amore.
All' inizio per tradurre alcune lettere dal tedesco, poi in ogni attimo libero. «Anni fa era tutto più gestibile - racconta lei, che oggi ha 55 anni e ha cominciato a rispondere per conto di Giulietta quando ancora era all' università - Arrivavano al massimo 200 lettere in un anno. Oggi le lettere sono infinitamente di più ma per fortuna i volontari non mancano.
È da poco stata qui da noi una ragazza peruviana che si trovava in Francia per motivi di studio. Ci ha fatto compagnia per una settimana e ha voluto provare a lavorare nella nostra squadra». E l' ha fatto in uno dei momenti più delicati dell' anno: a breve si terrà il concorso Cara Giulietta, organizzato ogni anno per premiare le lettere d' amore più belle.
«Le volontarie vanno e vengono ma tutte ci rendiamo conto che il nostro è un compito molto delicato - racconta Giovanna -. Molti ci scrivono dalle carceri, altri ci affidano confidenze molto molto intime. In qualche caso ci siamo anche preoccupate perché abbiamo riscontrato depressione e molta solitudine.
E noi, che psicologhe non siamo, abbiamo imparato a consolare e incoraggiare, senza mai strafare ma tenendo sempre accesa la speranza. Come forse avrebbe fatto Giulietta. Ammetto che non tutti i giorni è semplice. Anche noi volontarie abbiamo i nostri umori e i nostri periodi alti e bassi nella vita. Ma una risposta la diamo sempre».
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