(ANSA) - Sono raddoppiate in 4 anni, tra il 2019 e il 2023, le denunce e di conseguenza le indagini per violenza sessuale a Milano. E' questo uno dei dati più rilevanti emersi nel corso di una conferenza stampa in Tribunale a Milano, a cui hanno preso parte il presidente facente funzione Fabio Roia, il presidente delle quinta sezione penale Elisabetta Canevini e la procuratrice aggiunta Letizia Mannella, a capo del pool 'fasce deboli'.
Se i fascicoli iscritti a noti, ossia con indagati, per violenza sessuale nel 2019 erano 339, quest'anno, e solo tra gennaio e fine agosto, sono saliti a 517 (quelli a ignoti erano 171 quattro anni fa e nel 2023 sono 420). Per un totale, in pratica, solo nei primi 8 mesi dell'anno di quasi mille denunce arrivate in Procura. Nel frattempo, le indagini per maltrattamenti sono passate da 1510 (fascicoli con indagati) nel 2019 a 2053 da gennaio al 31 agosto. Tutti dati con un "crescendo importante", come ha chiarito Mannella. I fascicoli per violenza sessuale di gruppo, poi, sono passati in totale da 20 a 53. In diminuzione solo i procedimenti per stalking.
L'aumento delle denunce e delle indagini per questi reati di violenza di genere, ha spiegato Mannella, va comunque letto anche in un senso "positivo", perché c'è sempre "maggiore consapevolezza nelle vittime e fiducia nelle forze polizia e nei magistrati". Resta il fatto, però, che "in certe comunità di stranieri, come filippini, egiziani o persone del Bangladesh, si denuncia molto meno, anche perché alcune donne non parlano neanche italiano e quindi non riescono proprio a denunciare". In queste situazioni, ha concluso, "l'autorità giudiziaria o gli assistenti sociali devono riuscire a captare segnali per intervenire".
L'ipotesi di violenza sessuale, come chiarito da Roia, è quella che ha la percentuale più alta di condanne a Milano tra i reati per motivi di genere: oltre il 70 per cento negli abbreviati, oltre il 60 in dibattimento. In generale, tra processi per violenze, maltrattamenti e stalking poco meno della metà si chiude con assoluzioni e "non doversi procedere". Il "23 per cento delle sentenze per non doversi procedere - ha detto Roia - significa che quasi certamente, quando la donna viene sentita a molto distanza dalla denuncia iniziale, il giudice chiude poi la vicenda con questa pronuncia, perché più passa il tempo più la donna tende a ritirare la denuncia o a minimizzare quanto detto prima".
Elisabetta Canevini, presidente di una delle tre sezioni che si occupano di questi reati, ha raccontato che "viviamo tutti i giorni un preoccupante abbassamento dell'età media di autori e vittime: ci si deve occupare di una serie di fragilità in più quando le vittime sono più giovani e spesso ci sono problemi di fragilità fortissima che rendono impossibile avere una deposizione, perché c'è il rischio anche di gesti autolesionistici". Quello della violenza sulle donne, poi, è un problema "trasversale che vede coinvolti, tra autori e vittime, sia professionisti affermati che persone con forte disagio sociale".
Tra l'altro, ha aggiunto Canevini, le "riforme che si sono susseguite negli anni hanno un po' appesantito i processi, come per i maltrattamenti passati dal giudice monocratico al collegiale, mentre viviamo riduzioni di organico e così i tempi dei processi si allungano". Per Mannella "per quanto Procura, Tribunale e forze di polizia si spendano, non si riuscirà mai ad intervenire dappertutto, ma tutta la comunità deve essere coinvolta, il vicino di casa come il panettier, di modo che si attivino le denunce". Per Roia, infine, in futuro a Milano "bisognerà provare a specializzare su queste materie la sezione gip-gup, puntare sulla specializzazione".
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