Luigi Mascheroni per il Giornale
L'ultimo lungo viaggio intellettuale e letterario di Aldous Huxley iniziò una mattina di maggio del 1953 a Los Angeles, quando il dottor Humphry Osmond, lo psichiatra che inventò il termine «psichedelia», gli portò dal Canada una dose di mescalina.
Lo scrittore aveva 59 anni. E dopo aver provato gli effetti dell'alcaloide contenuto nel peyote, la pianta sacra del deserto messicano («senza dubbio l'esperienza più straordinaria e significativa al di qua della visione beatifica»), avrebbe trascorso gli ultimi dieci della sua vita in un crescente interesse per le aree della parapsicologia, dell'ipnotismo, della farmacologia e della ricerca nel campo delle droghe: oltre alla mescalina («Usandola la coscienza non viene limitata, ma enormemente ampliata, e la psiche si apre in tutta la sua estensione, fino alle più alte vette del superconscio»), provò l'LSD, l'ololiuqui, la psilocibina...
Nel 1932 Huxley aveva pubblicato il romanzo Il mondo nuovo, in cui immaginava una società del futuro dove la popolazione è controllata dallo Stato unico attraverso la somministrazione di una droga euforizzante e antidepressiva, il soma. Vi ricordate? «Tutti i vantaggi del Cristianesimo e dell'alcol, e nessuno dei loro difetti». Bene. Ora per Huxley è arrivato il momento di capire se quella visione era destinata a rimanere nel campo del fantastico, oppure, cambiata di segno (non più una droga che incatena e stordisce, ma che libera e illumina), poteva diventare una verità scientifica. E così comincia il pellegrinaggio attraverso le terre incognite della mente, con la mescalina come «mezzo» per traghettare dal Vecchio Mondo della realtà quotidiana ai Nuovi Mondi del subconscio.
Huxley studia e sperimenta, tiene resoconti dettagliati degli stati di allucinazione in cui arriva a vedere una «nuova essenza delle cose» (anticipando in qualche modo le future acquisizioni delle neuroscienze sulle potenzialità della mente), tiene contatti epistolari con medici e scienziati, cerca relazioni tra l'uso di sostanze stupefacenti e la cura delle malattie mentali, partecipa a congressi e scrive saggi diventati dei capisaldi, come - ispirato da due versi di William Blake - Le porte della percezione (1954) o Paradiso e inferno (1956)...
Un lavoro di ricerca e di testimonianze immenso, confluito in un'incredibile antologia dal titolo Moksha (termine sanscrito che significa «liberazione»), ora pubblicata in Italia da Mondadori (pagg. 334, euro 20, con un testo introduttivo illuminante di Edoardo Camurri), che raccoglie una serie di «Scritti sulla psichedelia e sull'esperienza della Visione» risalenti al periodo tra il 1953 e la morte di Huxley (il 22 novembre 1963: lo stesso giorno in cui J.F. Kennedy viene assassinato, lo scrittore, ormai devastato dalla malattia, assume due dosi di LSD per alleviare l'ultimo passaggio). Ed ecco passi celebri dei suoi romanzi distopici, brani dei saggi, e poi articoli, interviste (bellissima quella della Paris Review in cui si parla del rapporto fra droghe e processo creativo), relazioni per convegni, e moltissime lettere... È la sua eredità letteraria per chi lo vorrà seguire nei Paradisi dell'«alterità».
Per Huxley le visioni mistiche e trascendentali indotte da mescalina&affini non erano solo «una vacanza da quel purgatorio che noi stessi abbiamo creato» (peraltro un'abitudine millenaria dell'uomo: non è la religione a essere l'oppio dei popoli, semmai è l'oppio la religione dei popoli), ma un'esperienza necessaria per riportare indietro «dall'altro mondo» nuove percezioni che possono aiutarci a vivere meglio «in questo».