1 - SVOLTA SULLE ADOZIONI VIA LIBERA DEL GIUDICE AL FIGLIO CON DUE PADRI
Rory Cappelli per “la Repubblica”
Dopo sentenze favorevoli per cinque coppie di mamme, ieri è arrivato anche il primo pronunciamento positivo di stepchild adoption per due papà, emesso sempre dal Tribunale per i minori di Roma. Non solo. La sentenza non è stata impugnata dal procuratore del Tribunale entro i termini ed è perciò diventata definitiva.
Il verdetto, uno degli ultimi firmati prima di andare in pensione dalla giudice Melita Cavallo, ex presidente del Tribunale per i minori di Roma, riconosce l’adozione in casi particolari al compagno del papà naturale di un bambino di 6 anni.
Una notizia esplosiva ancora più della batteria di fuoco di sentenze che, dal 2014, stanno cambiando l’Italia delle famiglie anche a livello giuridico,perché va a colpire il nodo, poi stralciato dalla legge sulle unioni civili, della gestazione per altri, la maternità surrogata.
Una decisione argomentata e approfondita, quella del tribunale romano. I due uomini sono dunque legalmente entrambi papà del bambino di 6 anni concepito in Canada — dove la coppia si è sposata — e dove vive la madre surrogata.
Si tratta del primo caso italiano di adozione decisa con una sentenza definitiva, non più impugnabile, per una coppia omosessuale: riconosciuta proprio a due uomini, un fatto, come spiega la giudice Cavallo, assolutamente inedito. Anche perché «nell’immaginario collettivo due mamme esistono, le donne sanno come crescere un figlio: mamme, zie, nonne da sempre hanno cresciuto i bambini da sole o insieme, anche se, certo, nel caso di una coppia omosessuale parliamo di una relazione diversa » continua la ex presidente.
«Al contrario, nell’immaginario collettivo non si trovano due figure paterne. È una questione culturale, molto radicata. Ma oggi esistono biotecniche che rendono possibile anche la doppia paternità: ritengo che, qualora sia tutto regolamentato e garantito in maniera chiara, questa doppia paternità vada accolta, come, motivandolo, ho fatto io».
La prima sentenza favorevole alla stepchild adoption firmata da Melita Cavallo risale al luglio del 2014.
in piazza per le unioni civili (6)
Una donna chiedeva l’adozione della figlia della partner secondo l’articolo 44 della legge 184 sulle adozioni, articolo che riguarda le adozioni in casi particolari nell’interesse supe- riore del minore. Questo primo pronunciamento fu subito impugnato dal procuratore, e qualche mese dopo finì in Corte d’appello, che poi riconfermò la sentenza di primo grado. All’inizio del marzo 2016 il sostituto procuratore generale ha tuttavia fatto ricorso in Cassazione.
Anche la seconda richiesta di una coppia di donne arrivata al tribunale per i minori di Roma è ferma all’appello — il secondo grado di giudizio — la cui udienza si terrà a inizio aprile. Le altre sentenze — che hanno visto riconosciuta per due mamme l’adozione “incrociata” delle rispettive figlie — non sono ancora state impugnate e forse, dopo questo esito, non lo saranno mai.
Le reazioni del mondo politico non si sono fatte attendere: «La nostra magistratura continua a scavalcare il parlamento» ha detto Paola Binetti di area Popolare- Udc. «Bisogna dire no alla stepchild adoption» ha rimarcato il senatore di Forza Italia Andrea Mandelli. Roberto Calderoli, leghista e vice presidente del Senato, ha parlato di «rendere in questo modo lecito il frutto di un reato, l’utero in affitto. Ma non possono esserci nessuna legge e nessun giudice che possano andare contro la natura». Mentre per il senatore pd Sergio Lo Giudice, che con il compagno è ricorso alla maternità surrogata negli Usa, «queste sentenze mostrano che il mondo va avanti, e con lui la necessaria tutela dei diritti fondamentali delle persone, anche senza nuove leggi, e mostrano il fallimento del Parlamento di fronte a un’urgenza sociale».
2 - UTERO IN AFFITTO, COME VOLEVASI DIMOSTRARE
Da “il Foglio”
Quando la scuola era ancora la scuola, si andava alla lavagna e dopo averla riempita di formule e cifre ci si girava verso la professoressa con le fatidiche parole: "Come volevasi dimostrare...". Ora che, dopo tante polemiche e tante presunte precisazioni e limitazioni concettuali e procedurali la legge sulle unioni civili è stata approvata - ma "senza" la stepchild adoption -, interrogati alla lavagna della cronaca non resta che ripetere l' antica formula: "Come volevasi dimostrare".
Che potrebbe suonare anche come un più banale: ve l' avevamo detto. Il tribunale dei minori di Roma lo scorso 31 dicembre - i giudici sono sempre avanti rispetto al Parlamento, signora mia - ha emesso una sentenza "storica", riconoscendo l' adozione (i famosi "casi particolari", previsti dall' articolo 44 della legge 184) di un bambino a una coppia di uomini. I quali, va da sé, il bambino lo hanno ottenuto grazie a una maternità surrogata (utero in affitto non lo si può dire, no, ché tutti sono contro l' utero in affitto) in Canada, sei anni fa.
E' la prima volta per una coppia di "papà", e anche la prima volta in cui la sentenza non viene appellata dalla procura minorile, dunque è definitiva. La coppia di professionisti romani, che aveva fatto richiesta di adozione nel giugno 2015, non è la prima a vedersi riconosciuto il diritto, ci sono già state due coppie di "mamme" ad aver affrontato l' iter. La novità giurisprudenziale è che in questo caso l' iter è già concluso e la sentenza immediatamente esecutiva.
La stepchild adoption che normalizza un figlio nato attraverso una pratica in Italia ancora vietata e che la recente legge Cirinnà ha escluso - e tutti hanno a parole escluso - è oggi una realtà a tutti gli effetti. Non è nemmeno il caso di specificare che il tribunale dei minori di Roma ha così deciso nel superiore interesse del bambino, cioè quello di rimanere con i due "papà" che lo hanno generato e finora cresciuto.
Il "come volevasi dimostrare" di cui sopra, non è ovviamente una messa in discussione del "superiore interesse" del bambino, come formalizzato dalla legge sulle adozioni, e nemmeno del buon cuore e dei sentimenti (stabili) dei due uomini. Vuole essere semplicemente un modo per ribadire quanto da questo giornale - e non solo da noi - più volte sostenuto.
E cioè che la normalizzazione ope legis della stepchild adoption per le coppie omosessuali - in natura non in grado di procreare - avrebbe aperto la strada alla maternità surrogata, per quanto non ammessa dalle leggi italiane e attorno alla quale è tuttora in corso un dibattito politico e scientifico. E soprattutto che in assenza di un confronto culturale serio e di una decisione politica chiara (un referendum, sì) a decidere alla fine sarebbero stati i giudici. Molto democratico.
UTERO IN AFFITTO UTERO IN AFFITTO