MEGLIO GUADAGNARE DI MENO, MA VIVERE DI PIÙ – IL 33% DEI LAVORATORI ITALIANI STA PENSANDO DI DIMETTERSI ENTRO UN ANNO, PERCHÉ NON SOPPORTA PIÙ LE CONDIZIONI IN CUI È COSTRETTO A OPERARE. E NON È UNA QUESTIONE ECONOMICA: LA RICERCA DELL’AMBIENTE IDEALE ORMAI DIPENDE DALLA QUALITÀ DELLA VITA. È L’UNICO EFFETTO POSITIVO DEL COVID: LE PERSONE HANNO CAPITO L’IMPORTANZA DEL PROPRIO TEMPO. E IL CARICO DI ORE ECCESSIVO RICHIESTO DAI DATORI DI LAVORO, UNITO ALLA MANCANZA DI PROSPETTIVE SUL FUTURO, NON VALE LA CANDELA…

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Estratto dell’articolo di Diana Cavalcoli per www.corriere.it

 

grandi dimissioni in italia 7 grandi dimissioni in italia 7

Le Grandi Dimissioni non sono ancora finite in Italia. Secondo il Global Re:work Report 2023 di Kelly, società internazionale di cacciatori di teste, nel nostro Paese il 33% dei lavoratori pensa di lasciare il proprio posto di lavoro entro un anno perché scontento della situazione o delle condizioni in cui si trova a lavorare. […]

 

Tra i motivi dell’addio? La ricerca dell’ambiente di lavoro ideale in termini di qualità della vita oltre che le tradizionali ragioni economiche. Un quarto dei dipendenti a livello europeo cita tra le ragioni per cambiare lavoro: l’equilibrio lavoro - vita privata, la mancanza di prospettive di carriera e di un piano per lo sviluppo delle competenze.

 

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A pesare in negativo per l’Italia è poi il carico di lavoro con un 27% di lavoratori che spiega come il lavoro in eccesso, i team con risorse insufficienti e la costante sensazione di lavorare in emergenza abbiano un impatto negativo sul proprio benessere mentale. Al punto dal valutare l’addio all’azienda.

 

Chi resta

L’indagine analizza anche i lavoratori che scelgono di restare. Tra chi resta un 34% lo fa per un senso di senso di sicurezza psicologica ma un 45% ha messo in atto il Quiet quitting, le cosiddette “dimissioni silenziose”, ossia fare solo il minimo indispensabile richiesto dal proprio ruolo. Per un 54% degli intervistati il fattore che evita di andarsene è il senso di appartenenza alla propria azienda attuale. Per i cosiddetti Dedicate performer italiani, cioè i dipendenti fidelizzati, avere aziende che hanno approcci inclusivi convince a restare nel 33% dei casi.

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