Alessia Marani per "Il Messaggero"
Ceduta dal fidanzato alla banda di aguzzini per diecimila euro, che la hanno letteralmente messa in vendita tutte le sante sere, senza nemmeno un giorno di tregua anche quando le sue condizioni fisiche non lo permettevano.
Picchiata, vessata, terrorizzata, tenuta segregata in un appartamento nei pressi di piazza Sempione, a disposizione di un'altra donna, romena come lei, ma più grande, T. D. 44 anni, e della sua rete di sfruttatori che hanno approfittato persino del lieve deficit cognitivo della ragazza per soggiogarla. «Lei è proprietà nostra», avevano ribadito a muso duro a un uomo che, invaghito della ventenne, aveva provato a liberarla.
Quattro le persone arrestate dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Viterbo, con l'ausilio dei colleghi della Capitale, sotto il coordinamento della Dda, accusate, a vario titolo, dei delitti di riduzione in schiavitù, tentata alienazione di schiavi, tentata estorsione aggravata, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, cessione di sostanze stupefacenti.
Oltre a T. D., rintracciata a Catania, sono finiti in carcere gli albanesi K. G, 40 anni, K. E. 27 anni e M. B., ventenne, scovati nelle loro basi di Montesacro, Casal Bertone e Settecamini. Giusto l'8 marzo scorso, giornata della Festa della donna, Papa Francesco, di ritorno dal suo viaggio in Iraq, ricordando la «lista dei prezzi delle donne fatta dall'Isis», aveva lanciato il monito: «Le donne vengono vendute e schiavizzate anche nel centro di Roma», riferendosi all'odioso sistema della tratta di essere umani contro cui ogni giorno si battono anche le associazioni cattoliche.
Un muro su cui difficilmente si riesce a fare breccia, a livello giudiziario, per le mancate denunce e l'omertà dovute al timore di ritorsioni e vendette. In questo caso le donne venivano vendute sui marciapiedi dell'Eur, su viale Jonio e lungo la Prenestina.
Ad Alina (nome di fantasia), ventenne, spettava soprattutto la zona di Prati Fiscali. Una storia la sua che è pari a un incubo. Da cui è riuscita a risvegliarsi anche grazie alla mamma che, residente a Tuscania, cittadina d'arte a pochi chilometri da Viterbo, nel luglio del 2019 ha presentato denuncia di scomparsa ai militari dell'Arma.
«Non ho più notizie di mia figlia da molto tempo», ha raccontato la signora. Aggiungendo successivamente di avere appreso che Alina era stata condotta dal fidanzato prima in Inghilterra, poi in Romania e da qui portata in Italia, dove veniva costretta a vendersi nella zona nord-est di Roma. Lo scenario che da allora i carabinieri ricostruiranno è agghiacciante.
LA DROGA
E quanto raccontato poi dalla stessa Alina che, nell'ottobre del 2019, riuscita a sfuggire al controllo degli aguzzini grazie all'aiuto di un connazionale e a ritornare a Tuscania dove le è stata garantita la tutela personale, lo conferma. Dalle indagini, è emerso che il ragazzo (di cui si sono perse le tracce all'estero) la aveva letteralmente venduta a T. D. per diecimila euro.
Nel mirino dei carabinieri sono finiti anche gli altri stranieri che avevano il controllo su almeno altre sei donne che venivano gettate in strada o, durante il lockdown, portate in appartamenti o a domicilio dai clienti. Il giro serviva anche a spacciare cocaina. Ogni giorno il doppio business fruttava più di duemila euro.
Alina, in particolare, doveva restare in strada se non raggiungeva, ogni giorno, senza mai un riposo, la cifra di 250 euro. Altrimenti erano botte. Quando un ragazzo ha avuto il coraggio di affrontare la banda per liberarla, pretendevano in cambio 8 mila euro: «Lei è roba nostra». E se Alina si opponeva, prima di gettarla per la strada la stordivano di droga.