Enrico Franceschini per “la Repubblica”
Mi6 cerca spie 18enni alex younger
C'era una volta "Young Bond", il giovane Bond, una serie di thriller centrati sull'agente 007 al tempo in cui era un adolescente e andava ancora a scuola, a Eton, la stessa da cui escono futuri re e futuri premier. Quei romanzi, come talvolta accade, hanno ora ispirato la realtà: l'Mi6, il celebre servizio di spionaggio britannico, cerca giovani agenti per rinnovare i suoi ranghi.
«Mi rivolgo a ragazzi che non si so-no mai immaginati nei panni di una spia», afferma Alex Younger, il capo dell'Mi6 (la sigla sta per Military Intelligence section 6, perché quando fu creato, all'inizio del '900, si occupava prevalentemente di spionaggio militare). «Non m'interessa da quale ambiente provenite. Se volete cam-biare il mondo, e pensate di avere le doti per farlo, da noi potrebbe esserci una carriera che vi aspet-ta».
E poiché lo ha annunciato in un discorso agli studenti della St. Andrew University, la più presti-giosa università scozzese, è chiaro quale età dovrebbero avere i "giovani Bond" che lui vorrebbe assumere: fra i 18 e i 22 anni. «L'era della quarta rivoluzione industriale», ha detto esplicitamente Younger riferendosi alla ri-voluzione del web e dell'intelli-genza artificiale, «richiede una quarta generazione di spie, capa-ci di fondere le tradizionali quali-tà di un agente segreto con lo spi-rito innovativo, la mobilità menta-le e la curiosità dei più giovani».
I nemici del Regno Unito, e per estensione dell'Occidente, ha con-tinuato, non rappresentano più soltanto una minaccia militare convenzionale, ma utilizzano sempre di più nuovi strumenti ci-bernetici: spionaggio digitale, campagne di propaganda sui social media condotte a colpi di profili fasulli, sofisticate operazioni per strumentalizzare a proprio vantaggio i "big data", il tesoro di dati che si possono ricavare dall'u-so che gli utenti fanno di internet.
Campi in cui è più facile trovare un esperto ventenne che trenten-ne o quarantenne ed oltre, proprio perché si tratta di un mondo che praticamente non esisteva fino a dieci anni fa: e sono i giovani a sapersi muovere meglio di tutti in questo ambito. Ciò che Younger non può dire apertamente, ma che fonti dei servizi segreti confermano, è che le principali potenze mondiali, a cominciare da Russia e Cina, hanno già arruolato squadre di hacker e cervelloni digitali nei propri servizi segreti: e si tratta quasi sempre di giovani. L'Mi6 corre dunque ai ripari, rispondendo con la stessa arma: cercansi giovani spie.
Non è necessario saper sparare, tantomeno seminare avversari su un'Aston Martin, come fa il Bond della fantasia cinematografica: più importante è essere maghi del computer, di software e dei so-cial. Fa parte dell'esigenza di "di-versificare" i servizi segreti più fa-mosi del pianeta, un tempo costi- tuiti da laureati di Oxford e Cam-bridge o da ex-commandos delle forze armate: in maggioranza ma-schi, adulti e muscolosi. Insieme all'offerta di lavoro per "giovani Bond", oggi l'Mi6 cerca sempre più donne, minoranze etniche e specialisti di discipline high-tech.
Anche perché la prima regola di uno 007, diversamente dal James Bond del cinema, è somigliare al-la folla che ha intorno, non dare nell'occhio, diventare invisibile. Come faceva il capo dello spio-naggio britannico fino a un paio di decenni or sono, quando non era permesso neanche di pubbli-care il suo nome sui giornali: veni-va identificato solamente con la lettera C. Iniziale del cognome di sir George Mansfield Cumming, il primo direttore dell'Mi6, e poi adottata da tutti i suoi successori.