MORIRE DI SISMA - A FERMO UN 75ENNE SI SPARA IN TESTA CON IL FUCILE DOPO AVER VISTO LA SUA CASA DISTRUTTA - ERA DIABETICO, NON BEVEVA E NON FUMAVA, NON ERA SPOSATO E NON AVEVA FIGLIA - ERA IN PENSIONE DA 10 ANNI: PERDENDO LA CASA E LE SUE ABITUDINI, HA SENTITO DI AVER PERSO TUTTO

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Fabio Tonacci per la Repubblica

 

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La favola del “terremoto senza morti” si conclude su un cumulo di mattoncini sbreccati, davanti al civico 13 di via della Mossa, a Montappone. Sulle colline di Fermo. Ieri mattina, intorno alle 9, Nello ha salutato gli amici del bar Mauro dicendo che sarebbe andato nel bosco a sparare ai colombacci perché, nonostante fosse sfollato da tre giorni, era pur sempre un cacciatore.

 

Invece è tornato alla casa dove viveva da trent’anni e che, per colpa del sisma, ha dovuto lasciare. Di fronte all’aia, c’è un orticello di cavoli e finocchi. Ha preso il fucile, lo ha appoggiato a terra dalla parte del calcio, si è puntato la canna al collo e ha tirato il grilletto aiutandosi con uno stecco. Al 75enne Nello, domenica scorsa, la casa non è crollata sulla testa. Gli è crollata sull’anima.

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Il nome di quest’uomo non lo troverete nelle statistiche della scossa del 30 ottobre, la più potente dai tempi dell’Irpinia. Non sarà conteggiato come vittima “ufficiale” del disastro. Rimarrà una piccola storia a margine, un “effetto” collaterale che i classificatori dei terremoti non vedranno. Ma pur sempre una vittima. La vita solitaria e minima di Nello demagghiu, come lo chiamavano a Montappone per la bassa statura, si appoggiava su abitudini solidissime: la colazione con il caffé macchiato al bar Mauro alle 6.30, il pranzo da solo in cucina alle 12, la cena alle 18.30, di nuovo al bar per un caffé alle 19, poi a letto.

 

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Non era sposato, non aveva figli. La mattina andava a caccia, o nell’orto. Era diabetico, non beveva e non fumava. Era in pensione da 10 anni, dopo aver fatto l’impiegato in un’azienda di oggetti metallici. L’edificio colonico di mattoni che si trova in una traversa sterrata di via della Mossa era tutto ciò di cui Nello aveva bisogno: l’albero di arance davanti al portone, la gabbia del cane sul retro, l’orto, la canna dell’acqua attaccata al rubinetto. Il terremoto ha cambiato tutto.

 

Nello demagghiu in quella casa ci viveva da trent’anni ormai, e nemmeno era veramente sua. La proprietaria è una signora di Fermo che gli ha permesso di abitare lì gratuitamente. Ricorda Mauro Monti, il titolare del bar: «Non era depresso, ma è sempre stato il classico tipo che, nel gruppo, rimaneva in disparte. Timido e vergognoso con chi non conosceva, ma psicologicamente sano». Del resto gli avevano dato il porto d’armi. «Quando l’hanno sfollato nell’hotel, però, non ha retto».

 

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Quell’hotel, il San Giorgio, sta a cento metri dalla casa, ma a Nello dovevano sembrare cento chilometri. Si è presentato con una valigia domenica scorsa, nel pomeriggio. Discreto e silenzioso, come sempre. Ad accoglierlo c’era Enrico Lattanzi, ex socio dell’albergo. «La sera abbiamo guardato le corse alla televisione, e lui già mormorava: “questa non è vita...”. Ospitiamo anche un’altra famiglia di sfollati, ma Nello è rimasto sempre per conto suo».

 

Gli hanno dato la stanza numero 109, una singola di due metri per tre più il bagno, con letto, armadio e televisione. Un altro mondo, estraneo. «Ma quanto ci dovrò rimanere, Enriché? Non ce la faccio così, dove sono le mie cose, dov’è il mio letto?». Se chiedi a Lorenzo, suo compagno di caccia, ti dice questo: «Nello era uno spirito libero e solitario che si nutriva del contatto con la natura».

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A Montappone il sisma ha fatto pochissimi danni, sono solo 16 gli sfollati. La vecchia casa di Nello è l’unica pericolante, per cui è stata dichiarata del tutto inagibile. E a lui gli hanno detto di allontanarsi. È stato davvero questo che lo ha spinto a uccidersi? «Il terremoto mina la tenuta di ciascuno di noi, crea paura e ansie», spiega Lucia di Furia, psichiatra e dirigente della sanità della Regione Marche.

 

«Anche modificare il cambio dei riti quotidiani che ci aiutano a far fronte alle criticità genera la sindrome post traumatica da stress. Gli anziani, ovviamente, sono i più esposti. Parlare con loro, ascoltarli, fa la differenza. Le nostre squadre di psicologi dopo le scosse hanno già compilato 600 schede di valutazione».

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Nello, ieri mattina, uscendo dal bar ha detto agli altri cacciatori: «Domani non ci sarò all’appostamento ». Nessuno ha pensato cosa volesse veramente dire. Nessuno ha capito che il terremoto aveva scavato un cratere dentro il cuore di Nello.

 

 

 

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